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equo compenso

I big tech non pagano, informazione professionale a rischio

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Google, Meta e le altre principali piattaforme non corrispondono i diritti sui contenuti che indicizzano. La negoziazione con i gruppi editoriali si arresta, a tutto vantaggio dei colossi della rete.

Attualità 16_02_2024

Da anni si discute animatamente, non solo in Italia, degli obblighi dei colossi del web nei confronti degli editori di giornali. Si ritiene, infatti, squilibrato il funzionamento della filiera di produzione e distribuzione dei contenuti, poiché Google, Meta e le altre principali piattaforme web e social indicizzano articoli giornalistici e prodotti editoriali senza versare i diritti d’autore a chi li produce.

Nel 2019 l’Unione europea ha emanato una direttiva sul copyright che introduce l’obbligo per i giganti della Rete di stipulare contratti con gli editori per riconoscere loro un equo compenso sulle opere creative, anche di natura giornalistica.
L’Italia ha correttamente recepito la direttiva nel 2021 e, come previsto, l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) ha emanato un Regolamento per fissare i parametri qualitativi e quantitativi in base ai quali determinare l’entità del compenso «per i prodotti giornalistici da corrispondere agli editori sulla base dei ricavi pubblicitari del prestatore derivanti dall’utilizzo online delle pubblicazioni di carattere giornalistico dell’editore, al netto dei ricavi dell’editore attribuibili al traffico di reindirizzamento generato sul proprio sito web dalle pubblicazioni di carattere giornalistico utilizzate online dal prestatore». Nel Regolamento sono anche previsti poteri sostitutivi che l’Autorità può esercitare in caso di mancato accordo tra le parti, cioè tra editori e colossi della Rete.

In verità questa negoziazione tra big tech come Google e Meta e i gruppi editoriali non è mai partita seriamente, a causa della diffidenza reciproca e anche della svogliatezza con la quale fin dall’inizio i colossi del web hanno affrontato quest’obbligo. Ora, però, si è addirittura fermato tutto perché Meta, che aveva impugnato il Regolamento Agcom sull’equo compenso, ne ha ottenuto la sospensione (dicembre 2023).
Secondo Meta, il Regolamento contrasterebbe con la normativa Ue e la Costituzione italiana dal punto di vista del rispetto dei principi della libertà d’impresa e dell’uguaglianza. Il Tar del Lazio ha sollevato alcuni dubbi sulla conformità del Regolamento Agcom al Trattato dell’Unione Europea, invocando l’intervento della Corte di Giustizia dell’Ue per dirimere la questione. L’Agcom, lungi dal rassegnarsi, ha deciso di rivolgersi al Consiglio di Stato contro la sentenza del Tar del Lazio. Nel suo ricorso evidenzia che l’intervento della Corte di Giustizia dell’Ue potrebbe protrarsi per oltre un anno e mezzo. È assai probabile che in questo periodo non succederà nulla e che i giganti della Rete si culleranno sull’attuale incertezza normativa e non accetteranno alcuna trattativa con gli editori. Si andrà dunque avanti per almeno altri 18 mesi in questa situazione di stallo, che penalizza editori e giornalisti e non assicura le giuste risorse alle aziende editoriali. In altre parole, la sospensione del Regolamento decisa dal Tar del Lazio impedisce le trattative tra editori e società web per stabilire un equo compenso.

Il Governo ha lasciato intendere di non volersi esporre. Sia ben chiaro, non spetta all’esecutivo ingerirsi in quelle che sono vere e proprie contese giudiziarie. Tuttavia è compito di chi guida il Paese individuare soluzioni per ovviare a situazioni del genere, che rischiano di affossare un settore già gravemente in crisi.

In primo luogo, esiste infatti un rischio per il pluralismo dell’informazione, indispensabile per alimentare la libera circolazione delle idee, che è un indicatore dello stato di salute della democrazia. Se gli editori non possono essere compensati equamente per il loro lavoro, potrebbe esserci un impatto sul patrimonio di informazioni disponibili per i cittadini. In secondo luogo, si manifesta una preoccupazione più ampia riguardante la capacità dell’autorità giudiziaria e delle autorità regolatorie di risolvere le controversie tra le grandi piattaforme digitali e gli attori dell'informazione. Infine, emerge l'importante questione dell'attuazione della direttiva Copyright dell'Unione europea e della sua integrazione nel contesto legislativo italiano. Cosa succederebbe se venisse confermata la sospensione del Regolamento Agcom?

A onor del vero, non tutta l’informazione professionale tradizionale ha dimostrato di essere corretta e all’altezza delle sfide. Tuttavia, la nuova normativa Ue sul copyright punta a valorizzare quella più affidabile, riconoscendo una remunerazione a chi la produce. Ai giganti della Rete l’attuale incertezza fa comodo. Ci si deve augurare che duri il meno possibile, per non aggravare un quadro già pericolosamente squilibrato a loro favore.



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