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IL CASO PATERNò

Guarisci, ti vaccini e ti danneggi: emerge la verità

Il caso del militare di Marina Stefano Paternò, morto dopo il vaccino e su cui la Procura ha riconosciuto una correlazione tra decesso, contagio e inoculo, solleva il problema dei guariti da covid ai quali è stata fatta l'iniezione senza conoscerne gli anticorpi: «Oggi decine di studi affermano che il guarito ha un rischio di effetto avverso maggiore del 60%», denuncia alla Bussola il Coordinamento dei guariti. Sarebbe bastato un sierologico per scongiurare la maggior parte dei danneggiati da reazione avverse. Ma questo avrebbe mandato in crisi i diktat imposti dalla vaccinazione di massa di Speranza. 

Attualità 23_08_2022

Guarisci, ti vaccini e muori. O quanto meno rischi di incorrere in un effetto avverso. Forse non avrà sviluppi processuali eclatanti sul piano penale, ma la vicenda del capo scelto della Marina Stefano Paternò, potrebbe avere una conseguenza sul piano del risarcimento del danno e consentire di fare un po’ di verità sui vaccini, sui loro effetti avversi e sulla campagna vaccinale di massa. Il quarantatreenne militare siciliano morì l’8 marzo 2021 dopo la prima dose di vaccino AstraZeneca. Al processo per la sua morte, intentato dai famigliari, è emerso che Paternò morì proprio a seguito del vaccino che gli provocò una sindrome da distress respiratorio (Ards) tradottasi in un danno tissutale, soprattutto alveolare, che non gli ha dato scampo.

Ma Paternò, nel momento in cui veniva vaccinato, era positivo asintomatico al covid o molto più probabilmente lo era stato da poco. Era, dunque un guarito. Un guarito poi vaccinato.

Il suo decesso, in sostanza, sarebbe avvenuto per una risposta immunitaria esagerata che ha sommato il vaccino agli effetti del covid. Al di là della situazione penale della casa farmaceutica, che verrà quasi sicuramente stralciata, resta dunque in campo il tema del risarcimento del danno perché dal processo sta emergendo come ci sia un rapporto stretto di interferenza tra gli anticorpi naturali prodotti dall’organismo che contrae il covid e quelli invece generati dal vaccino.

Sono gli stessi periti della procura ad aver stabilito che nel caso di Paternò c’è stata una disregolazione immunitaria, una risposta infiammatoria altissima.

Paternò verosimilmente aveva avuto già il covid tanto che nel suo corpo sono stati trovati livelli alti di IGG, le proteine anticorpali di mantenimento, ma non le IGM, quelle che si formano nell’immediatezza del contagio e dell’infezione. Ne consegue che Paternò aveva avuto il covid in forma asintomatica e da un tempo relativamente breve. Ciononostante, è stato vaccinato senza un sierologico che attestasse l’effettiva presenza di anticorpi: una prassi considerata inutile, bollata a suo tempo come antiscientifica o, si diceva, frutto del “delirio dei no vax”, ma che invece oggi potrebbe rivelarsi come la chiave di volta per mettere in crisi la campagna vaccinale di massa, soprattutto se si pensa che lo stesso Decreto Lorenzin prescrive proprio di non effettuare la vaccinazione nei soggetti che hanno già presenza accertata di anticorpi.

Effettuare un sierologico in tutti i candidati alla vaccinazione, avrebbe rallentato sicuramente la campagna vaccinatoria, anzi, l’avrebbe messa in crisi perché sarebbe stata subordinata ad una scrematura di candidati alla vaccinazione, ma avrebbe anche segnato la presenza di molti meno effetti avversi da vaccino.

La scienza, infatti nel corso degli ultimi due anni sta dimostrando con documentazione inoppugnabile che a correre il maggior rischio di contrarre effetti avversi sono proprio i vaccinati già guariti dal covid.

«La vaccinazione nei guariti produce un beneficio insignificante, mentre li espone a una percentuale di effetti avversi superiore fino al 60% rispetto agli altri». Il Coordinamento Comitati Guariti da Covid da due anni sta raccogliendo un'ingente mole di documentazione scientifica proprio per affermare questo concetto basilare nell’immunologia moderna, ma che – guarda caso – per la pandemia da covid è stato completamente ignorato, se non ridicolizzato e mistificato: non si vaccina chi ha già gli anticorpi.

Ecco, dunque un elemento per la corretta valutazione rischi/benefici: il guarito, senza saperlo, che si è sottoposto alla vaccinazione covid, a fronte di un beneficio praticamente nullo (avendo già gli anticorpi) si è assunto però un rischio maggiorato del 60% rispetto ai non contagiati, derivante da un potenziale effetto avverso della vaccinazione.

A dirlo e confermarlo sono già decine di studi, molti dei quali prodotti nel 2021, nel primo anno di campagna vaccinale.

Giusto per citarne alcuni:

Da uno studio di d'Arminio Monforte del 2021  effettuato su operatori sanitari è emerso che l’effetto avverso dopo la prima dose si è verificato nel 5,1% degli operatori senza precedente contagio, ma per il 14,4% in quelli con l’infezione. Così anche Mathioudakis, 2021 che ha notato come «una precedente infezione da COVID-19 era associata a un aumento del rischio del 56% di gravi effetti collaterali che portavano all'assistenza ospedaliera».

E ancora: «Gli effetti collaterali sistemici sono più frequenti di 2,9 volte dopo la prima dose tra gli individui con una precedente infezione» (Menni et al., 2021) e «aumento di reazioni avverse dopo la prima dose, con una marcata differenza, almeno 4 volte più frequente in coloro che hanno avuto già la malattia, sulle linfoadenopatie di grado severo» (Raw et al. 2022).

Il catalogo potrebbe proseguire a lungo, eppure nulla ha scalfito la granitica convinzione del ministro Speranza di una vaccinazione indiscriminata e a tappeto di tutta la popolazione: da una ricerca pubblicata di Debes nel 2021 si evince che «la precedente esposizione a SARS-CoV-2, documentata da aumento di anticorpi, era associata a un aumento di 4,38 volte delle probabilità di sintomi clinicamente significativi dopo la dose 1 di vaccini a mRNA». «I soggetti con infezione documentata da SARS-COV-2 nell'anno precedente hanno mostrato una maggiore frequenza di reazioni sistemiche al vaccino rispetto a quelli senza storia di infezione documentata (38% contro il 10%)» (Zappa et al., 2021). E come se non bastasse «il quadro è complicato dall'evidenza di una risposta immunitaria potenziata a una singola dose di vaccino mRNA SARS-CoV-2 in persone sieropositive a causa di una precedente esposizione a SARS-CoV-2. I destinatari del vaccino con immunità preesistente avevano una frequenza e una gravità più elevate delle reazioni sistemiche rispetto a quelli senza immunità». Come emerso da uno studio pubblicato nell’agosto 2021 (Barda et al., 2021) si è rilevato un rischio quattro volte maggiore di miocardite post-vaccinazione in coloro che erano stati precedentemente infettati da Sars-Cov-2. O, infine Krammer, 2021: «I soggetti vaccinati con immunità preesistente presentavano effetti collaterali sistemici a frequenze più elevate rispetto a quelli senza immunità preesistente».

Si tratta di evidenze scientifiche conosciute già prima della campagna vaccinale di massa. Uno studio pubblicato su Nature reviews immunology, metteva in guardia dal «potenziale pericolo di risposte anticorpali non ottimali di fronte al COVID-19». Era l’aprile 2020, quindi durante la prima ondata e a vaccino non ancora nemmeno testato, eppure la scienza già si stava interrogando su un fenomeno che, invece, si è deciso di lasciar correre libero e indisturbato, procedendo con una vaccinazione a tappeto di tutta la popolazione, indiscriminata e imposta con cinica ferocia. Le conseguenze di questa scelta disastrosa si vedono oggi.