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Politiche migratorie

Gran Bretagna. No ai lavoratori stranieri non specializzati e a chi non parla inglese

Il governo britannico intende rimediare a decenni di politiche migratorie “distorte” e mettere fine al lavoro a basso costo diffuso in diversi settori economici

Migrazioni 26_05_2020

 

Lo scorso febbraio, prima del lockdown COVID-19, qualcuno lo ricorderà, che la Gran Bretagna ha colto l’opportunità unica, “per la prima volta dopo decenni”, di  chiudere le frontiere ad alcune categorie si persone. Lo ha fatto per eliminare le “distorsioni” causate della libertà di movimento all’interno dell’Unione Europea. Il governo ha chiuso le porte ai lavoratori non specializzati e a chi non parla inglese come parte di una totale revisione delle leggi sull’immigrazione con cui metterà fine all’era del lavoro straniero a basso costo in industrie, grandi magazzini, alberghi e ristoranti. La normativa era stata spiegata in una nota informativa. Oltre al divieto di ingresso per i lavoratori non specializzati e per chi non parla inglese, prevede che chi desidera emigrare in Gran Bretagna per motivi economici deve avere una offerta di lavoro con una retribuzione di almeno 25.600 sterline, ridotte a 20.480 in casi speciali in cui si verifichi scarsità di personale con determinate competenze, ad esempio in assistenza infermieristica. Saranno banditi anche i lavorati autonomi come gli idraulici polacchi o i costruttori edili romeni che arrivano senza un lavoro. Inoltre alle frontiere non saranno più accettate carte di identità da paesi quali la Francia e l’Italia. Il provvedimento è un tentativo di bloccare i lavoratori non comunitari che aggirano il sistema con carte d’identità false o rubate. Il limite del numero di lavoratori specializzati sarà abbattuto e sarà consentito l’arrivo di un numero minore di lavoratori specializzati privi di lavoro. Resterà invariato invece il numero di artisti, animatori, sportivi e musicisti che potranno entrare nel paese per spettacoli, gare sportive e audizioni. Il governo intende lanciare una campagna globale per preparare i datori di lavoro al cambiamento il prossimo gennaio quando i cittadini comunitari saranno trattati come tutti gli altri stranieri.