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IL FENOMENO

Google, l’aiuto all'aborto e la tecnocrazia

In risposta alla Corte Suprema, la società di Mountain View cancellerà in automatico la geolocalizzazione per aiutare le donne che commettono il reato di aborto a cancellare le proprie tracce. Un fatto che mostra che oggi il vero potere non è quello democratico, bensì quello tecnocratico, che incide anche più di leggi e sentenze e non si cura se va contro esse.

Editoriali 11_07_2022

Google aiuta a delinquere. La società di Mountain View ha annunciato che cancellerà la cronologia delle localizzazioni quando un utente si recherà in una clinica per abortire, in un centro antiviolenza per le donne o altri luoghi sensibili.

Quelli di Google non fanno mistero del motivo per cui si cancellerà in automatico la geolocalizzazione: in tal modo, negli Stati dove è reato abortire, gli inquirenti non potranno utilizzare questo strumento per incriminare la donna. Insomma Google aiuterà le donne che commettono il reato di aborto a cancellare le proprie tracce, sottrarrà così, in modo illegale, prove a loro carico.

Ovviamente questa iniziativa vuole essere una risposta alla sentenza Dobbs della Corte Suprema che ha cancellato la sentenza Roe vs Wade, la quale aveva legalizzato l’aborto in tutti gli States. La condotta di Google si può iscrivere tranquillamente nel reato di favoreggiamento: reato che commette chi aiuta il colpevole a sottrarsi alla giustizia. Naturalmente sarà difficile incastrare il colosso americano, che di certo si appellerà al diritto alla privacy, diritto ovviamente inesistente laddove si commette un reato.

Nel rispetto del principio di uguaglianza e di non discriminazione Google dovrebbe altresì cancellare la cronologia della localizzazione anche per tutti gli altri reati: dall’omicidio (del già nato), al furto, dallo stupro alla truffa.

La recente sentenza della Corte Suprema ha provocato una serie di controffensive in diversi campi - dalla politica al diritto, dall’economia alla cultura - e ha messo in evidenza che il vero potere non è quello democratico, bensì quello tecnocratico. La democrazia, così come viene abitualmente intesa, è uno specchietto per le allodole che viene tirato fuori solo quando fa comodo. Infatti, nel rispetto dei principi democratici, occorrerebbe parimenti rispettare sia le decisioni dei giudici della Corte Suprema sia le leggi pro vita dei singoli parlamenti degli USA. La democrazia, quando non marcia nella direzione dei rivoluzionari di professione, non interessa a nessuno e può essere tranquillamente calpestata.

Dicevamo, invece, che l’ago della bilancia viene spostato dalla tecnocrazia, ossia piccoli gruppi ma altamente specializzati, tanto specializzati che non temono concorrenza nel loro ambito e che riescono ad incidere nella società più di leggi e sentenze. Un’oligarchia tecnocratica. Un esempio di soggetto tecnocratico è proprio Google. Non solo è soggetto plutocratico, ossia talmente ricco che è inattaccabile, ma dato che quasi tutto in rete passa da lui ha la possibilità di condizionare mode, costumi, idee, comportamenti, eccetera. Google, come altre realtà del web, non è uno strumento al servizio dell’utente. Siamo noi al suo servizio ed è lui a dettare le regole.

Dunque, Google in realtà non si piega alle nostre esigenze - semmai le crea - e non si piega nemmeno davanti alla legge qualora questa sia antitetica alla sua agenda in cui è disegnata una nuova antropologia, che tra l’altro prevede l’eliminazione dei nascituri. Se dunque Google vuole promuovere l’aborto, ad esempio tramite l’occultamento delle tracce di un reato, può farlo anche contra legem. Nella realtà dei fatti, quindi, le decisioni di Google hanno carattere maggiormente normativo rispetto alle sentenze e alle leggi di un ordinamento giuridico.