Giudici contro Salvini, come lo erano contro Berlusconi
Sul caso della nave Gregoretti, Salvini non verrà processato. Il tribunale di Catania ha sentenziato il non luogo a procedere. E' un precedente anche per il processo di Palermo, sul caso della nave Open Arms, che però si aprirà a settembre. E Palamara rivela un altro pezzo di storia della magistratura: Berlusconi era visto come il nemico.
Gli amici si vedono nel momento del bisogno, recita un detto popolare. Matteo Salvini ne ha avuto conferma anche nelle ultime ore. Dai suoi ex colleghi di governo nessun messaggio all’indomani della sentenza di non luogo a procedere nei suoi confronti, pronunciata dal Gup di Catania che indagava sul caso della nave Gregoretti. Giuseppe Conte, Luigi Di Maio e gli altri suoi compagni di viaggio nel primo governo presieduto dall’avvocato del popolo, hanno concordato con lui ogni scelta in tema di immigrazione, ma a difendersi davanti ai giudici il Capitano si è ritrovato da solo. E ieri a congratularsi con lui è stato perfino un acciaccato Silvio Berlusconi, che gli ha telefonato.
Dunque l’udienza preliminare per il caso del ritardato sbarco di 131 migranti dalla nave della Guardia costiera italiana, nel porto di Augusta, nel Siracusano, nel luglio 2019, ha avuto l’esito previsto: non luogo a procedere perché il fatto non sussiste. L’ex Ministro dell’Interno non ha dunque commesso reati, ma solo difeso i confini italiani facendo gli interessi della nazione.
Ma su Open Arms la battaglia sarà più dura perché per quella vicenda il processo ci sarà e inizierà a settembre. Viste, però, le similitudini tra i due casi, è possibile che la difesa del Capitano porti a Palermo, a supporto delle proprie ragioni, le carte di Catania. «Il Giudice ha studiato, lavorato e si è preso le sue responsabilità – è il commento di Matteo Salvini - Mi spiace solo per i denari che sono costati ai cittadini italiani queste giornate. L'Italia è l'unico Paese dell'Ue dove la sinistra politica ha mandato a processo un ministro non per reati corruttivi, ma per scelte di governo. Abbiamo la sinistra più retrograda del Continente europeo che usa la magistratura per vincere le elezioni dove non riesce a vincerle in cabina elettorale. Spero che la sentenza sia utile agli amici del Pd e del M5s, le battaglie si vincono o in Parlamento o nelle campagne elettorali».
Ma a infiammare la giornata di ieri anche le parole di Luca Palamara, ex Presidente dell’Associazione nazionale magistrati, protagonista di un libro-intervista con Alessandro Sallusti sul cosiddetto “sistema Palamara”, cioè l’insieme delle trame di potere politica-magistratura per condizionare la vita del Paese. «Nel 1948 – ha detto l’ex magistrato in un’intervista - i padri costituenti vollero una magistratura autonoma e indipendente. Io penso sia un caposaldo ma come viene gestita questa autonomia e indipendenza? Viene gestita dalle correnti, che sono il meccanismo di un potere interno alla magistratura. Proprio da qui parte il racconto. Chi non fa parte di questo meccanismo interno alla magistratura viene tagliato fuori».
Nelle minuziose ricostruzioni di Palamara emergono altri particolari agghiaccianti, che smontano il castello costruito per decenni dai giustizialisti. Sembrerebbe, infatti, che fossero proprio le toghe a tramare per orientare la formazione dei governi del Paese e che la sinistra si servisse dei magistrati per azzoppare i nemici politici e fare affari con i soliti noti. E la caduta dell’ultimo governo Berlusconi, nel novembre 2011, si iscrive proprio in quel disegno: «Dal 2008 al 2012 la magistratura veniva percepita in contrapposizione con la politica. Come Presidente dell’Associazione nazionale magistrati ho vissuto una esperienza che definisco una sorta di opposizione politica in quegli anni, la vera opposizione. Il nemico politico di quegli anni era ben definito e individuabile. Nel 2008 il governo di centrodestra, guidato da Berlusconi, nasce a seguito della caduta del governo Prodi, a causa di un’inchiesta giudiziaria. Sono anni nei quali le riforme del centrodestra e di Berlusconi vengono temute come punitive nei confronti della magistratura, sono anni nei quali la magistratura si illude di risolvere il problema processando Berlusconi, sono gli anni in cui l’Anm deve tenere la barra dritta e difendere l’indipendenza dei giudici».
Ma se la verità è questa, come possono i cittadini fidarsi di questa magistratura? Proprio per questo, secondo Palamara, c’è bisogno di una riforma, di cui “la politica deve assumersi la responsabilità”. Evidentemente, però, questa responsabilità la politica non intende assumersela, se è vero che i radicali hanno dovuto presentare alcuni quesiti referendari sulla responsabilità civile dei magistrati, la separazione delle carriere, l’abolizione della legge Severino. A sostenere questi referendum sia Matteo Salvini che Matteo Renzi. E c’è da scommettere che l’intero centrodestra li sosterrà. E non solo. Il clima questa volta appare più favorevole che in passato. La consistente perdita di credibilità delle toghe a seguito degli scandali più recenti potrebbe spingere molti elettori ad esprimersi per il si a quei quesiti e determinare un radicale cambiamento negli equilibri tra potere legislativo, potere giudiziario e potere esecutivo, al fine di spezzare la spirale dell’uso politico della giustizia.