Ghiacciaio sotto coperta, idea svizzera contro la fusione
Ogni anno, dalla primavera all'autunno, enormi teloni bianchi imbottiti vengono collocati a coprire 22mila quadri del ghiacciaio svizzero del Rhone, da cui nasce il fiume Rodano. Una misura per contenere lo scioglimento del ghiacciaio, fonte di attrattiva per i turisti. Ma la cosa non piace agli ambientalisti...
Un anno fa il pianeta era in preda a un crescente stato di paura per il clima. Greta Thunberg si preparava a parlare alla 74esima Assemblea Generale delle Nazioni Unite e ad accusare i grandi del pianeta di averle rubato l’infanzia. Gli studenti non vedevano l’ora di partecipare il 27 settembre al primo Friday for Future del nuovo anno scolastico, una giornata di sciopero scolastico per il clima. La Global Commission on Adaptation, di cui fanno parte tra gli altri l’ex Segretario generale dell’Onu Ban Ki Moon, Bill Gates e il direttore generale della Banca Mondiale Kristalina Georgieva, stava per presentare al Palazzo di Vetro il suo piano globale dal costo di 1,8 trilioni di dollari, intitolato l’Anno dell’azione (il 2020, che dicevano fosse l’ultimo termine utile per salvare il pianeta).
Poi è arrivato il COVID-19 e il 2020 è diventato l’anno della pandemia. La paura del contagio ha sostituito quella per il cambiamento climatico. Di responsabile rinuncia, di felice decrescita non si è più tanto parlato, dopo che si è incominciato a sperimentare quanto sia effettivamente spiacevole disporre di meno risorse e doversi adattare. Le azioni concrete per salvare il pianeta – adesso o sarà troppo tardi – hanno segnato una battuta d’arresto e sono decisamente passate in secondo piano. Solo da poco le agenzie di stampa hanno riportato l’attenzione, sebbene ancora occasionale, sugli effetti del global warming: una paura basta.
L’agenzia di stampa Ansa di recente ha scoperto e ha dato notizia dei tentativi per salvare il ghiacciaio svizzero del Rhone, da cui nasce il fiume Rodano. “Speciali teloni bianchi ricoprono per metri e metri il più vecchio ghiacciaio delle Alpi”, dice l’Ansa. In realtà ricoprono più di 22.000 metri quadri e i teli sono di un tessuto resistente ai raggi UV imbottito di un materiale felpato che isola il ghiaccio e riflette i raggi del sole. È dal 2009 che gli abitanti nei pressi del ghiacciaio ne coprono in parte la superficie. I teli vengono piazzati in primavera e tolti in autunno per impedire che neve e ghiaccio fondano a causa del caldo estivo.
Nell’ultimo decennio sembra che il Rhone abbia perso in media dieci metri di spessore all’anno. L’acqua di fusione forma un lago che si è costantemente ingrandito. Alcuni scienziati ritengono che grazie ai teli bianchi la velocità con cui il ghiaccio fonde può diminuire del 50-70 per cento. Altri non ne sono così sicuri. Il glaciologo David Volken, ad esempio, ritiene che ciononostante in una giornata calda il ghiacciaio perda da 10 a 12 centimetri. Del tutto contrarie sono le associazioni ambientaliste, pur ammettendo che i teli riducono il processo di fusione perché contribuiscono a far sì che la temperatura non aumenti. “Si tratta di un metodo sperimentale per prevenire la fusione dei ghiacci già utilizzato in altre occasioni, sempre in Svizzera – ha spiegato all'ANSA Vanda Bonardo, responsabile Alpi per Legambiente e presidente del Comitato internazionale per la protezione delle Alpi (Cipra) – qualche tentativo simile è stato fatto anche in Italia, ma non in modo strutturato”.
Il motivo per cui Legambiente disapprova l’iniziativa svizzera riflette la radicale differenza nel modo di concepire e gestire il rapporto con l’ambiente naturale tra chi si ingegna di trarre vantaggio da condizioni climatiche favorevoli e di ridurre i danni di quelle avverse, come l’umanità ha sempre fatto e con sempre migliori risultati nel corso della storia, e chi invece – atteggiamento del tutto recente – vuole concentrare le risorse in interventi per modificare il clima, convinto che l’umanità sia in grado di farlo e che finora lo abbia fatto con effetti negativi: in altre parole, chi crede nel cambiamento climatico e nel riscaldamento globale di origine antropica.
Non è questa, dice l’esperta di Legambiente, “la vera soluzione al problema. I ghiacciai alpini arriveranno purtroppo a sparire quasi completamente entro la fine di questo secolo. Una previsione drammatica per scongiurare la quale esiste solo una soluzione radicale, in grado di invertire il trend e salvare questo patrimonio naturalistico: bisogna ridurre drasticamente le immissioni di C02 nell'atmosfera per limitare l'aumento delle temperature. I teloni per ricoprire i ghiacciai sono solo un palliativo o, in un certo senso, un accanimento terapeutico, ma non sono la soluzione. Anzi, rappresentano un rimedio solo temporaneo che trasmette però all'opinione pubblica una illusione errata, che i ghiacciai così si possano salvare. Bisogna ragionare su un futuro differente e capire cosa vogliamo per la sopravvivenza delle nostre montagne, che sono un ecosistema estremamente fragile, partendo anche da un diverso modello di turismo sostenibile”.
Per chi abita nei dintorni del Rhone, il turismo, sostenibile o meno, è appunto la preoccupazione. Portare a destinazione e stendere i teli richiede molto tempo e fatica e l’operazione ogni anno costa migliaia di euro interamente a carico degli abitanti della zona. Ma lo fanno perché l’economia locale deve molto ai turisti che a partire dal 1870 ogni anno arrivano da tutto il mondo per visitare la grotta del ghiacciaio, che si raggiunge percorrendo una galleria lunga cento metri, e ammirare le sue scintillanti pareti blu e il soffitto gocciolante.