"Gestis verbisque": pubblicata la Nota sui sacramenti
Dal rischio di invalidità di riti alterati a piacimento all'arte del celebrare: sono i temi dell'odierno documento del Dicastero per la Dottrina della Fede.
È stata resa nota oggi la Nota Gestis verbisque del Dicastero per la Dottrina della Fede. Il testo, «approvato unanimemente il 25 gennaio 2024 dai Membri del Dicastero riuniti in Assemblea Plenaria», reca la firma del cardinale prefetto Víctor Manuel Fernández e del segretario della sezione dottrinale mons. Armando Matteo, oltre all'approvazione di papa Francesco.
La validità dei sacramenti e il connesso rischio di invalidità qualora ne vengano stravolte le parole è un tema che aveva già richiamato l'attenzione della Plenaria del medesimo Dicastero nel gennaio 2022, come si ricorda nella Presentazione. «Le gravi modifiche apportate alla materia o alla forma dei Sacramenti, rendendone nulla la celebrazione, avevano poi condotto alla necessità di rintracciare le persone coinvolte per ripetere il rito del Battesimo o della Cresima», e persino a ripetere l'ordinazione di sacerdoti che si erano scoperti non battezzati (e di conseguenza avevano «scoperto dolorosamente l’invalidità della loro ordinazione e dei sacramenti sino a quel momento celebrati»).
La Nota fa infatti riferimento, «a titolo esemplificativo (....) a celebrazioni battesimali in cui la formula sacramentale è stata modificata in un suo elemento essenziale, rendendo nullo il sacramento e compromettendo in questo modo il futuro cammino sacramentale di quei fedeli per i quali, con grave disagio, si è dovuto procedere a ripetere la celebrazione non solo del Battesimo, ma anche dei sacramenti ricevuti successivamente». Fatto avvenuto anche in tempi recenti, come emerso per esempio, nel 2022 negli Stati Uniti nel caso (tra i tanti) di don Matthew Hood, il quale, rivedendo il fimato del proprio battesimo aveva fatto la medesima scoperta. E si dovette pertanto ri-ordinarlo, dopo averlo ri-battezzato.
Il testo ripercorre materia e forma dei sacramenti, oltre all'intenzione del celebrante, quali elementi essenziali perché vengano validamente amministrati, la cui alterazione (mossa da malintesi adattamenti pastorali o da «volontà manipolatrice») «non costituisce un semplice abuso liturgico, come trasgressione di una norma positiva, ma un vulnus inferto a un tempo alla comunione ecclesiale e alla riconoscibilità dell’azione di Cristo». 5 dei 29 paragrafi sono infine dedicati a La presidenza liturgica e l'arte di celebrare, sottolineando che il ministro (vescovo o sacerdote) agisce «in persona Christi (Capitis) e nomine Ecclesiae». Inevitabili le consuete prese di distanze da rubricismo e rigorismo, benché i problemi segnalati nella Nota siano dovuti semmai alla «fantasia sregolata» (citata al n. 27).
Sullo stesso argomento era già intervenuto lo stesso Dicastero (allora Congregazione) con il Responsum del 2020 (firmato dal card. Ladaria e da mons. Morandi), con annessa Nota dottrinale circa la modifica della formula sacramentale del Battesimo, preceduta dallo schema "domanda/risposta". Del resto la materia e la posta in gioco erano talmente chiare che non si capisce perché si dovesse ancora intervenire sul tema (e perché il Dicastero per la Dottrina della Fede dovesse dilungarsi sull'arte del celebrare, tema che sembrerebbe più di competenza del Culto Divino). Forse l'unica novità si ravvisa nel n. 5: «Lo scopo del presente documento, inoltre, vale per la Chiesa Cattolica nella sua interezza. Tuttavia, le argomentazioni teologiche che lo ispirano ricorrono talvolta a categorie proprie della tradizione latina. Si affida, pertanto, al Sinodo o all’assemblea dei Gerarchi di ciascuna Chiesa orientale cattolica di adeguare debitamente le indicazioni di questo documento, ricorrendo al proprio linguaggio teologico, laddove esso differisca da quello in uso nel testo» (sottolineature nostre, ndr). E qui sorge un dubium: materia/forma/intenzione dei sacramenti non hanno valenza universale?