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verso gli esami di stato/10

Il grande rimosso: l’assenza della contemporaneità

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Agli esami di Stato, la contemporaneità non viene esaminata. Non viene neppure invitata. La risposta che rimbalza da presidi e docenti è sempre la stessa: «Non c’è tempo». Eppure il tempo si trova per i tanti progetti e per le tante educazioni che vengono ogni anno inserite nel programma, ma non si trova per educare alla comprensione del presente. Urge una riforma. 

Cultura 07_07_2025

Siamo rimasti agli anni Ottanta. E non per nostalgia, né per pigrizia didattica, ma per un’abitudine scolastica che si ostina a ignorare il presente. Lo studente italiano, quello che oggi varca l’aula per affrontare l’orale della maturità, è spesso abbandonato al confine della Guerra Fredda. Di solito, in Storia si arresta agli anni ’60; in Filosofia (quando va bene) esplora fino ai filosofi della prima metà del Novecento (Husserl, Bergson, Dewey), nella maggior parte dei casi affronta Nietzsche (1844-1900) e Freud (1856-1939); in Letteratura si consola con Montale (1896-1981), Saba (1883-1957) e Calvino (1923-1985), mentre in Storia dell’Arte Picasso (1881-1973) e Warhol (1928-1987) restano gli ultimi fari nel buio della contemporaneità.

UNA FRATTURA TEMPORALE SILENZIOSA
Una semplice indagine a campione basterebbe per dimostrarlo: la maggior parte degli studenti non saprebbe collocare la dissoluzione dell'URSS, né spiegare le cause delle Guerre del Golfo. Il Vietnam, la Cambogia, la Primavera Araba, l’ISIS – eventi che hanno scolpito il mondo in cui viviamo – restano fuori dai banchi di scuola. Certamente, le indicazioni per lo studio della Storia relative al quinto anno riguardano il Novecento, ma poi alla fine della quarta gli insegnanti arrivano ad affrontare Napoleone, il Congresso di Vienna e magari i primi moti risorgimentali. Quel Novecento che i ragazzi di oggi iniziano a sentir nominare solo in terza media (a tredici, quattordici anni), dal momento che il programma di Storia dalla primaria alla Secondaria di primo grado viene affrontato una volta sola (alle elementari si studiano solo i popoli antichi, vi pare possibile? È chiaro che poi molti bambini si annoiano sui banchi di scuola!) viene poi affrontato solo nella seconda parte della quinta, in fretta, con finestre sulle guerre mondiali, sul fascismo e sul nazismo e poco più. Credo che la programmazione quinquennale dovrebbe garantire a tutti gli studenti la possibilità di conoscere meglio il presente. Allo stesso modo la libertà di insegnamento non può essere un’attenuante e una scusa che autorizzi un taglio così grave della Storia.

Allo stesso modo rimangono ignorati i movimenti artistici contemporanei, la Land art, il New dadaism, la body art, la post-human art, il Neoespressionismo, Iperrealismo e le tendenze artistiche del XXI secolo. Sono sconosciuti la maggior parte dei filosofi della seconda metà del XX secolo (Maurice Merleau Ponty, Karl Popper, Feyerabend,  Hanna Arendt, Heidegger, ecc.) e del primo  quarto del XXI secolo (Habermas, Bauman, ecc.).

E in letteratura? I recenti esami ne hanno dato una dimostrazione. Solo il 2 per cento degli studenti ha affrontato la traccia sul Gattopardo e il 7 per cento quella sulla poesia di Pasolini. E Pasolini è stato ucciso cinquant’anni fa e compare tra i classici del Novecento. Il Gattopardo è stato pubblicato nel 1959. Le due tracce di letteratura sono state tra le meno selezionate. Chi tra gli studenti conosce poi i poeti, i romanzieri e i saggisti che raccontano il nostro tempo? Lo stesso vale per gli insegnanti: conoscono davvero la storia, la filosofia, la letteratura, l’arte degli ultimi settant’anni? Non basta insegnare il passato se non si conosce ciò che accade ora.

E ancora quanti tra gli studenti hanno acquisito le chiavi per interpretare e comprendere la nostra epoca con il suo paradigma culturale dominante – il relativismo – che ha investito non solo la dimensione gnoseologica, ma anche quella estetica ed etica?

LA CONTEMPORANEITA' NON E' STATA BOCCIATA, NON E' NEPPURE STATA INVITATA
Agli esami di Stato, la contemporaneità non viene esaminata. Non viene neppure invitata. A fatica compaiono citazioni alla Seconda guerra mondiale, a Calvino, a Levi, a Popper. Nessun riferimento alla caduta del Muro di Berlino, al post-ideologismo, ai nuovi paradigmi scientifici. È come se l’orologio si fosse rotto agli anni Ottanta quando lo storico Galli della Loggia pubblicava il suo saggio Il mondo contemporaneo (1945-1980).

“NON C'E' TEMPO”: IL PARADOSSO DELLA SCUOLA MODERNA
La risposta che rimbalza da presidi e docenti è sempre la stessa: «Non c’è tempo». Eppure il tempo si trova per i tanti progetti e per le tante educazioni che vengono ogni anno inserite nel programma, ma non si trova per educare alla comprensione del presente. È giusto studiare gli Ittiti e i Babilonesi, certo. Ma è possibile dedicare interi mesi alla Mesopotamia e nemmeno un’ora al crollo delle Torri Gemelle o alle guerre tra Israele e Palestina? Che mondo crede di conoscere un ragazzo se il suo curriculum lo ignora?

PER UNA RIFORMA SCOLASTICA: UNA VISIONE SCINCORNICA DELLE DISCIPLINE
Non serve un'aggiunta di ore, serve una rivoluzione della scuola. Le materie dovrebbero camminare insieme attraverso gli anni. Filosofia, Letteratura, Storia, Arte dovrebbero intrecciarsi nel tempo, dialogare. È giusto studiare Socrate, ma perché non conoscere anche Hanna Arendt (e la sua critica ai totalitarismi) e Bauman (con la sua società liquida)? Imprescindibile è lo studio dell’Eneide, dell’Iliade, dell’Odissea: chi bazzica nella Scuola secondaria di primo grado e di secondo grado sa bene che gli studenti dedicano il primo e magari parte del secondo anno alle medie e alle superiori per lo studio dell’epica (senz’altro importante) ripetendo a distanza di pochi anni gli stessi argomenti per non arrivare mai a studiare il Novecento (quando oggi è terminato il primo quarto del XXI secolo).

Bisogna rivoluzionare il biennio delle superiori, fare in modo che i percorsi delle discipline siano sincronici: Italiano, Storia, Filosofia, Storia dell’arte devono camminare insieme nel percorso degli anni in modo tale che lo studente sia accompagnato a ricomporre il puzzle della cultura invece di possedere visioni specialistiche che prescindono da uno sguardo complessivo e universale. Un esempio: il ragazzo studia il Medioevo dal punto di vista storico in terza, mentre lo affronta dal punto di vista filosofico nella prima parte della quarta quando in Storia sta affrontando il Cinquecento e il Seicento; cosa potrà davvero capire? Forse è il caso di iniziare ad affrontare la Filosofia in parallelo allo studio dei Greci (al primo anno).

Non è possibile concentrare la maggior parte dei percorsi di queste materie umanistiche al triennio sprecando molto tempo al biennio quando i ragazzi non sono considerati ancora adatti ad affrontare certe discipline e certi studi. È auspicabile che il Ministero rifletta su una reale riforma della Scuola secondaria di primo grado e di secondo grado: ordini di scuola in cui si vive il paradosso che manca sempre tempo eppure se ne spreca molto. 

Il sapere non è un archivio da custodire ma una lente per interpretare il presente. E quando agli esami manca il contemporaneo, manca la possibilità di chiedere a uno studente: «Tu, cosa pensi e cosa hai compreso del tuo tempo?». Se la scuola non lo prepara a capirlo, chi lo farà? Eppure lo studente è immerso nel presente di cui assorbirà per osmosi, spesso in maniera acritica, tutte le asperità.