Geert Wilders trionfa in Olanda. Anche grazie all'attacco di Hamas
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Come da copione, la vittoria di Geert Wilders in Olanda, il 22 novembre, ha colto di sorpresa sondaggisti e analisti. Vince contro il Green Deal europeo e soprattutto contro la paura del terrorismo islamico.
Come da copione, la vittoria di Geert Wilders in Olanda, il 22 novembre, ha colto di sorpresa sondaggisti e analisti. La maggior parte dei corrispondenti era nella sede del VVD (il partito liberale di Mark Rutte, ora guidato da Dilan Yesilgöz) pronta a intervistare i vincitori, solo per assistere alla sua rovinosa sconfitta. È l’ennesimo “cigno nero” della politica europea. Eppure Geert Wilders ha stravinto, battendo di 8 punti percentuali il secondo partito, quello dei Laburisti di Timmermans e di quasi 9 punti il VVD, ora terzo partito nel paese.
La storia di Geert Wilders è strettamente legata al fallimento del multiculturalismo olandese e alla crescita del terrorismo islamico. Non potrebbe essere compresa altrimenti. Nel 2004, anno dell’assassinio del regista Theo van Gogh da parte di un fondamentalista islamico e alla fatwa emessa contestualmente contro la scrittrice Ayaan Hirsi Ali, Geert Wilders lascia il VVD, in polemica sulle sue politiche sull’immigrazione e sulla Turchia in Europa. Nel 2006, Wilders si presenta per la prima volta da solo, con il partito PVV, Partito per la libertà, con un programma economico ancora liberale, ma una forte connotazione anti-islamista ed euro-scettica. Saranno i suoi due cavalli di battaglia, gli stessi che lo hanno portato per la prima volta ad arrivare primo partito nelle elezioni generali del 22 novembre.
In un sistema in cui competono 26 partiti, formare una coalizione di partiti eterogenei è inevitabile. Il PVV ha la maggioranza relativa, ma con i suoi 37 deputati non può formare un governo da solo. La maggioranza alla Camera è di 76, dunque servono truppe. Chi le metterà?
I mesi che hanno preceduto il voto permettono di capire come mai Geert Wilders, l’eterno escluso dalle coalizioni di governo, sia ora diventato il “king maker”. L’ultimo governo Rutte è caduto l’anno scorso a causa della crisi sull’immigrazione: il primo ministro avrebbe voluto dare una stretta sulle politiche di ricongiungimento familiare degli immigrati, ma i partiti di sinistra suoi alleati non gli hanno rinnovato la fiducia.
Altri problemi sono scoppiati nell’ultimo anno: la stretta di Rutte sull’agricoltura, colpevole di emettere troppi gas serra, che ha causato una vasta protesta contadina e l’affermazione di un nuovo partito dei contadini, il BBB, nelle elezioni locali di marzo. E poi il rincaro dei prezzi delle case, dovuto sempre soprattutto alla politica ecologista per il taglio delle emissioni: i Verdi hanno infatti vinto cause con cui hanno fermato ogni ulteriore progetto abitativo, finché non fossero tagliate le emissioni dell’agricoltura.
La scelta della nuova leader Dilan Yesilgöz del partito di governo VVD ha contribuito alla sconfitta. Sulla carta era esemplare: curda, nata ad Ankara, giunta in Olanda come rifugiata, ma proprio per questo dura sull’immigrazione illegale. Però non ha convinto l’opinione pubblica. E la sua strategia, quella di aprire al dialogo con tutti i nuovi movimenti emergenti (contadini del BBB e Geert Wilders inclusi) ha favorito il loro sdoganamento, invece che portare più voti di destra al VVD. Il partito, da 13 anni al governo, ha subito una sconfitta netta: 15,2% dei voti, 10 parlamentari in meno rispetto al voto del 2021.
Il PVV ha dovuto anche vincere un’altra sfida con un nuovo outsider sceso in campo, il Nuovo Contratto Sociale di Pieter Herman Omtzigt, democristiano conservatore con un’agenda per certi versi sovrapponibile a quella di Wilders: euroscettico, anti-immigrazione e contrario alle politiche radicali contro il cambiamento climatico. Alla fine, però, è prevalsa la regola secondo cui alla copia si preferisce l’originale e Wilders ha retto la concorrenza. Omtzigt ha preso un discreto 12,8% dei voti, arrivando quarto e mandando una pattuglia di 20 deputati del nuovo partito in parlamento.
La seconda forza politica, con il 15,5% dei voti e una pattuglia di 25 deputati, è la coalizione di sinistra guidata da Frans Timmermans, il commissario del Green Deal europeo, ora tornato protagonista della politica del suo paese. La sua strategia, tutta incentrata sulla paura delle destre, ha avuto successo a modo suo. È riuscito a trasformare le elezioni in uno scontro fra lui e Wilders. Però Wilders ha vinto e anche con un ampio margine. Timmermans è strettamente associato alle politiche che rischiano di strangolare la potenza agricola olandese, una delle prime del mondo.
L’attacco di Hamas del 7 ottobre ha dato il colpo di grazia agli avversari di Wilders. La mobilitazione delle masse islamiche europee a favore della Palestina, con slogan e bandiere da radicalismo e la ricomparsa del terrorismo jihadista alle porte di casa (Belgio e Francia), ha indotto molti indecisi e molti altri moderati a optare per il più anti-islamico dei partiti a disposizione. I sondaggi olandesi mostrano un'impennata dei consensi al PVV proprio negli ultimi due mesi.
Geert Wilders, alla fine, ha vinto anche per la capacità di presentarsi (trasformandosi all’ultimo minuto) come leader moderato e pronto al dialogo con gli altri partiti. “Moderato” forse è una parola grossa. Ma nella sua ultima campagna non ha rinnovato le promesse più estreme, come quelle di chiudere le moschee, bandire il Corano e vietare l’immigrazione dei musulmani. Ha dichiarato di voler diventare il premier “di tutti gli olandesi”, musulmani inclusi. E ha dichiarato che i tempi non sono maturi per un referendum sull’uscita dall’Ue, una costante del suo programma. Anche perché probabilmente lo perderebbe: il consenso per una secessione olandese dall’Unione è stimato attorno all’8%, in calo rispetto al 2016 (anno della Brexit) quando era al 13%.
Su queste basi, il leader del Partito della libertà mira a farsi sdoganare, in patria e in Europa, e a formare un governo di coalizione. Ha espressamente indicato i liberali del VVD, i democristiani conservatori del NSC e i contadini del BBB come suoi partner ideali per formare una maggioranza solida. Ora inizierà il mercato. Ma sarebbe poco lungimirante (e ormai molto poco probabile) formare una coalizione omnibus solo per isolare “l’estremista”.
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