Forse hanno trovato il paziente zero del Covid 19: uno scienziato di Wuhan
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Alla fine, sapete chi era il “paziente zero” del Covid? Un ricercatore cinese dell’Istituto di Virologia di Wuhan. Fa parte di una rosa di tre nomi, tre studiosi che si sono infettati con il nuovo virus nel novembre del 2019, mentre lo stavano studiando e manipolando. Questo è quanto è trapelato dalle indagini della comunità dell'intelligence Usa. Si trattava ormai di un "segreto di Pulcinella" anche se la Cina continua a negare tutto. Scandalo nello scandalo: alcune delle ricerche sotto accusa erano finanziate dagli Usa. La storia della pandemia deve essere riscritta.
- CI HANNO PRESO PER IL COVID, di Riccardo Cascioli
Alla fine, sapete chi era il “paziente zero” del Covid? Un ricercatore cinese dell’Istituto di Virologia di Wuhan. Fa parte di una rosa di tre nomi, tre studiosi che si sono infettati con il nuovo virus nel novembre del 2019, mentre lo stavano studiando e manipolando.
Il paziente zero potrebbe essere Ben Hu, allievo della “donna-pipistrello” Shi Zhengli e supervisore di un programma di esperimento di “guadagno di funzione” sui virus della Sars. Gran parte della ricerca di Hu si è concentrata sulla modifica dei coronavirus in modo che potessero legarsi alle cellule umane. Gli altri due infetti sono molto probabilmente i suoi colleghi Yu Ping, autore di uno studio sul virus della Sars nei pipistrelli, e Yan Zhu. I tre ricercatori sono vivi e non rilasciano commenti ai giornalisti. Il governo di Pechino nega addirittura che l’origine del Covid-19 sia in Cina e ha sempre rifiutato la tesi dell’incidente di laboratorio.
A rivelare questo che ormai è un segreto di Pulcinella, è quanto è finora trapelato dagli ultimi rapporti di intelligence statunitensi. L’Fbi aveva già espresso un parare possibilista sulla natura artificiale del virus, così come il Dipartimento dell’Energia, entrambi impegnati nell’indagine. Le conclusioni della comunità di intelligence non sono ancora state declassificate, ad oggi quel che sappiamo è dovuto a dati trapelati alla stampa. A svelare i nomi dei tre possibili primi infetti è Public, il blog di Matt Taibbi, Alex Schellenberger e Alex Gutentag, giornalisti di inchiesta che nei mesi scorsi avevano seguito il caso Twitter Files e che in questi giorni hanno intervistato agenti e funzionari impegnati nell’indagine sul Covid.
Poco prima di queste rivelazioni, anche il quotidiano britannico Times aveva esposto, grazie alla sua inchiesta, la stessa verità, anche se ometteva i nomi dei primi possibili infetti. E il giornale economico statunitense Wall Street Journal (fra i primi a seguire questa pista), con una sua terza inchiesta indipendente, ha potuto verificare che il paziente zero può essere uno dei tre ricercatori.
Lo scandalo nello scandalo è che almeno uno dei tre ricercatori coinvolti, Ben Hu, stava lavorando ad esperimenti di “guadagno di funzione” alcuni dei quali erano finanziati dagli Stati Uniti. Il che spiega il silenzio tombale che finora le autorità americane hanno tenuto sulla vicenda. Nel 2014, il presidente Obama aveva interrotto ogni finanziamento, perché riteneva che gli esperimenti di guadagno di funzione, che rendono il virus più infettivo, fossero troppo pericolosi. Ma i fondi sono comunque partiti dal National Institute of Health e dal Niaid (allora sotto la direzione di Anthony Fauci), oltre che dalla fondazione Eco Health Alliance, a favore delle ricerche sulla Sars in Cina. Perché questi enti hanno usato un criterio di interpretazione restrittivo sulla definizione di “guadagno di funzione” e a loro dire, gli esperimenti che stavano finanziando a Wuhan, non rientravano in questa tipologia.
Il Government Accountability Office ha rilevato in un rapporto della scorsa settimana che alcune delle ricerche dell'Istituto di Wuhan sono state finanziate dall'Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale (Usaid) e dal National Institutes of Health. Tra il 2014 e il 2019, circa 1,4 milioni di dollari sono stati erogati per il lavoro dell'istituto da entrambe le agenzie. Un rappresentante dell'Usaid ha dichiarato che il finanziamento della ricerca presso il laboratorio di Wuhan è terminato nel 2019. Il progetto ha fornito circa 815mila dollari all'Istituto di virologia di Wuhan e 39mila dollari all'Università di Wuhan.
Da quanto tempo la comunità dell’intelligence ne era al corrente? Il Wall Street Journal, “…ha riferito nel 2021 che le informazioni statunitensi sui ricercatori malati stavano alimentando la spinta per un'indagine più approfondita sulla possibilità che il virus sia sfuggito da un laboratorio di Wuhan. All’epoca non erano noti né i nomi degli scienziati, né le loro posizioni specifiche presso l'istituto, né il fatto che il lavoro svolto da uno di loro fosse finanziato dal governo statunitense”.
Quanto rivelato sin qui è frutto di indagini. Per quanto accurate e verificate da multiple fonti attendibili, non abbiamo ancora in mano la realtà di quanto è successo nell’autunno del 2019, l’inizio di un evento che ha cambiato le nostre vite e ucciso 7 milioni di persone in tutto il mondo. Se confermata, la tesi dell’incidente di laboratorio costringerebbe tutti a riscrivere la storia della pandemia. E a cambiare atteggiamento. Infatti, non stiamo affatto entrando in un’era in cui le pandemie saranno sempre più frequenti, a causa dei cambiamenti climatici.
Quel che dobbiamo evitare è semmai che si ripetano incidenti simili. Quel che dobbiamo evitare è l’azzardo morale di esperimenti pericolosi, soprattutto delocalizzandoli in Cina, dove la sicurezza si è rivelata inferiore rispetto ai nostri standard. Quel che dobbiamo evitare è un nuovo insabbiamento: dopo il possibile incidente, la Cina ha nascosto la pandemia per tre mesi se è vero che il paziente zero si è infettato a novembre. Quel che dobbiamo evitare è di seguire pedissequamente le istruzioni della Cina su come combattere una pandemia, dopo che ne ha (con dolo o colpa) provocato la diffusione. Queste sono le lezioni che possiamo imparare dal triennio terribile.