Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
San Giovanni Evangelista a cura di Ermes Dovico
MONASTERO IN CUCINA/7

Formaggi, quante invenzioni dai monaci

Nel Medioevo il formaggio era il cibo degli umili per eccellenza. Benedettini, cistercensi, trappisti, francescani e domenicani sono all’origine di tanti formaggi leggendari, soprattutto in Francia (dal Munster al Maroilles), ma anche in altre parti d’Europa. Pure il fiore all’occhiello dell’Italia, il Parmigiano, ha origine monastica. Ecco una carrellata dei prodotti più famosi
- LA RICETTA: BROCCOLI GRATINATI AL PARMIGIANO

Cultura 18_10_2020 English Español

I monaci sono, fin dai tempi più remoti, all’origine della creazione di tanti prodotti locali: vino (indispensabile per la Messa), birra, dolci, pasta e - last but not least - formaggio.

Frugale ed energico allo stesso tempo, il formaggio era nel Medioevo un alimento comune e il cibo degli umili per eccellenza. Vera conserva alimentare, il formaggio corrispondeva anche all’ideale di vita semplice auspicato da san Benedetto: i monaci mangiavano carne molto di rado, perciò latticini e formaggi rappresentavano le proteine della loro dieta.

I monaci non solo costituivano una élite intellettuale (perché sapevano leggere e scrivere), ma erano anche una forza lavoro libera e di alta gamma: hanno non solo “inventato” e sviluppato tanti tipi di alimenti e modi per conservarli, ma hanno lasciato delle ricette scritte. È lecito pensare che altri “inventori” abbiano creato delle ricette di formaggi, ma i monaci erano quasi gli unici a saper scrivere le loro ricette (d’altronde, registrare la conoscenza era anche una delle loro missioni).

Benedettini, cistercensi, trappisti e più tardi francescani e domenicani sono all’origine di tanti formaggi leggendari, soprattutto in Francia, dove, delle 1.200 varietà esistenti, il 70% hanno origine nelle abbazie e nei monasteri. Nominarli tutti sarebbe impossibile, ma ricordiamo: Munster (in Alsazia), che deriva dal latino monasterium, Cîteaux, Maroilles, Tamié, Laguiole, Cantal, Saint Maur, Epoisses, Pont-L’Evêque, Coulommiers, Bleu de Gex, Abondance, Port Salut, Echourgnac, Mont des Cats, Iraty, Pierre-Qui-Vire, Gérômé, Saint Nectaire e tanti altri.

Per secoli i religiosi francesi hanno contribuito allo sviluppo di questo prodotto-faro della gastronomia, non solo francese ma europea. Grandi viaggiatori, perché facevano pellegrinaggi o erano spostati in altri monasteri, i monaci trasmettevano tecniche e segreti di fabbricazione dei formaggi. Molti formaggi DOP europei di oggi hanno radici molto lontane nella tradizione monastica.

Il Munster fu creato dai monaci del Monasterium Confluentes nel VII secolo nella valle del Fecht, sul versante alsaziano, era un Munster Kaes, antenato dell’attuale omonimo formaggio.

Il Laguiole ebbe origine nell’abbazia di Aubrac nel 1120 per rifornire i pellegrini che qui sostavano lungo la strada per Santiago de Compostela. Il Maroilles (vedi foto), un altro ottimo formaggio francese di latte di mucca, era invece solo stagionato dai monaci, che lo compravano fresco dai contadini del luogo. Nel 960, su richiesta di Enguerrand, vescovo di Cambrai, i monaci lo stagionarono più a lungo, passando da cinque a sette settimane, ottenendo uno straordinario formaggio. A differenza degli altri formaggi, che si sposano bene con il vino, questo è ottimo con la birra: una “birra di abbazia”, di alta fermentazione, come l’Angelus o la Choulette.

L’elenco dei formaggi francesi prodotti dai monasteri è veramente lungo, ma ci fermiamo qui.

Anche l’Inghilterra ha una ricca tradizione monastica nella produzione dei formaggi. Nel 1152 in Inghilterra si contano 54 monasteri cistercensi, molti dei quali producono formaggi di latte ovino e bovino. In un documento contabile di Enrico II re d’Inghilterra (1133-1189), si fa menzione di “un carro di formaggio Cheddar” proveniente dalla Byland Abbey (dissolta nel 1538 da Enrico VIII; vedi foto), nello Yorkshire.

In Svizzera troviamo il Tête de Moine (“testa di monaco”), formaggio con multiple utilizzazioni, prodotto all’Abbazia di Bellelay fin dal 1192: serviva per pagare le tasse dei contadini ai proprietari, per risolvere controversie, per essere offerto in dono ai principi-vescovi di Basilea oppure come moneta di scambio. Il formaggio Bellelay è stato ribattezzato Tête de Moine alla fine del XVIII secolo: secondo le storie raccontate nel Canton Giura, si deve il nome a un’usanza anticamente praticata presso l’Abbazia di Bellelay, dove il priore riceveva ogni anno un pezzo di formaggio per “testa di monaco”. Questo formaggio non si taglia a fette, ma con un attrezzo speciale, che si introduce nel cuore del formaggio, si “grattano” dei fiocchi leggeri.

Il Trappista (serbo-croato: Trapist sir/ Трапист сир) è un formaggio di latte vaccino semiduro tradizionale bosniaco prodotto dai monaci trappisti dell’Abbazia di Mariastern, Banja Luka, in Bosnia ed Erzegovina. Le sue origini risalgono al Settecento, quando dei monaci provenienti dall’abbazia francese Notre Dame de Port-du-Salut arrivarono a Banja Luka, portando con loro la ricetta della fabbricazione di un ottimo formaggio, che cominciò ad essere prodotto qui. I monaci prestarono il loro nome, Trapist, all’intera zona, lasciando un’importante eredità con la produzione di questo famoso formaggio e di una birra.

Sempre i monaci trappisti sono all’origine di quello che è considerato il formaggio più puzzolente al mondo: il Limburger. Benché sia considerato un formaggio tedesco, il Limburger è originario della regione compresa storicamente nel Ducato di Limburg, suddivisa oggi fra la Germania, il Belgio e i Paesi Bassi.

L’Italia, infine: il Paese dai 600 formaggi può vantare l’origine monastica del suo fiore all’occhiello, il Parmigiano. Benché ci siano poche testimonianze scritte riguardante la storia dei formaggi italiani in genere - segno che si trattava di un alimento diffuso soprattutto tra i più poveri - il Parmigiano è quello più documentato: è il formaggio per il quale si può risalire più indietro nel tempo e con la maggiore continuità. Sin dal XII secolo, i benedettini di Parma e Reggio Emilia erano noti per la produzione di formaggi a pasta dura (caseus parmensis). Nel 1200 la Val Padana è il principale mercato caseario d’Europa e già nel Trecento i formaggi di Piacenza e di Lodi vengono esportati ovunque.

Il formaggio inizia a fare la sua comparsa anche sulle tavole nobiliari. Giovanni Boccaccio, nel Decamerone, descrive nella terza novella dell’ottava giornata la contrada di Bengodi dove “eravi una montagna tutta di formaggio parmigiano grattugiato sopra la quale stavan genti che niuna altra cosa faceva che far maccheroni e ravioli e cuocergli in brodi di capponi, e poi gli gittavan quindi giù”.

I primi documenti storici che citano esplicitamente il Parmigiano risalgono al 1344, anno al quale appartiene un registro delle spese per la mensa dei Priori di Firenze che tra le altre voci menziona il “formaggio di forma parmigiano”. Nel XIV secolo, le abbazie dei monaci benedettini e cistercensi continuano a giocare un ruolo fondamentale nel perfezionamento della tecnica e la codificazione del Parmigiano. La sua commercializzazione si espande in Romagna, Piemonte e Toscana, dai cui porti il formaggio raggiunge i centri del Mediterraneo.

Nel 1477 Pantaleone da Confienza, medico presso la corte sabauda di Torino, scrive la Summa lacticiniorum, primo trattato sulla produzione casearia, nel quale l’autore analizza le diverse tecniche produttive e descrive nei minimi particolari tutti i formaggi allora presenti sul mercato italiano. Questa opera ha anche il merito di dedicare grande attenzione alle più importanti specialità straniere, in particolare francesi e inglesi.

Ma i monasteri producono formaggi non solo in Europa. Diamo un’occhiata a ciò che accade oltreoceano.

Ogni giorno, nel monastero di Our Lady of the Angels ai piedi delle Blue Ridge Mountains della Virginia, le 13 suore residenti si riuniscono per la preghiera. La loro è una semplice vita cristiana di adorazione e meditazione. Le suore seguono anche la tradizione benedettina di unire la preghiera al lavoro. Negli ultimi 20 anni hanno creato la loro versione di Gouda, il formaggio saporito originario dei Paesi Bassi. La produzione, tutta artigianale, è così importante che le suore riescono ad approvvigionare i supermercati americani di diversi stati con le loro ruote di Gouda da un chilo.

Rimaniamo in America del Nord per menzionare due produzioni canadesi, entrambe del Québec. Il formaggio Oka, creato dai monaci trappisti del monastero di Oka, è un eccellente prodotto, conosciuto e molto apprezzato dagli appassionati, che ora viene fabbricato da una cooperativa laica, la Agropur, perché i padri hanno venduto il brand e la ricetta nel 1981. Non possiamo lasciare il Canada senza citare l’Abbazia di San Benedetto, fondata nel 1912, dove i monaci sono arrivati a produrre dieci tipi di formaggio (vedi foto principale, in alto), il primo e il più famoso è il Mont St. Benoît.

Citiamo infine un formaggio messicano, l’Oaxaca (simile alla mozzarella, ma che si presenta sotto forma di gomitolo fatto da lunghe fasce di formaggio), che, anche se oggi viene prodotto da aziende laiche, ha remote origini nel XVII secolo, quando i monaci dell’antico convento di Tepoztlán (oggi diventato museo) lo hanno imparato dalle popolazioni indie locali, che lo producevano già da qualche secolo.

Così i monaci di tutto il mondo hanno lasciato la loro impronta culturale non solo sulle arti, la scienza, la letteratura, la calligrafia, la tipografia, ma anche sull’alimentazione. Non dobbiamo mai dimenticarlo.

Questo “giro dei formaggi monastici” non è esauriente, per mancanza di spazio. Ma ci dà già uno spunto di riflessione sull’enorme importanza dei monasteri nella creazione della cultura alimentare umana. Dopo il “panem et circenses” degli antichi romani, abbiamo il “panem et caseum” dei monaci, alimenti che ben si sposano con il vino, sempre da essi prodotto. Buoni oggi, ieri e sempre.