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BIOTESTAMENTO

Fine vita, i non-argomenti dei cattolici "adulti"

I "cattolici adulti" del Partito Democratico hanno votato compatti a favore della legge sul Biotestamento. Con quali motivazioni? Le solite: la presa di distanza dai "cattolicissimi", l'invocazione della coscienza personale, l'ipse dixit (la citazione colta) e l'argomento del male minore. Che a questo punto "minore" non è più.

LO STATO CONTRO GLI OSPEDALI CATTOLICI  di Marco Guerra

Vita e bioetica 22_12_2017
Senato, il momento dell'approvazione della legge

Molti deputati cattolici – tra cui tutti quelli che militano nel Partito democratico – hanno votato a favore della legge sull’eutanasia, eufemisticamente detta legge sulle DAT (Dichiarazione Anticipate di Trattamento). Per esempio Mario Marazziti, membro della Comunità di Sant’Egidio fin dalla sua fondazione, o il senatore Francesco Russo di Trieste che di recente ha pubblicamente rivendicato la legittimità morale, politica e cattolica della sua scelta.

Si tratta, come si sa, dei “cattolici adulti”, anche se in questo caso la situazione è stata diversa dal passato. In precedenza si erano avuti pronunciamenti del magistero ecclesiastico e i “cattolici adulti” erano coloro che ne tenevano sì conto ma “in piedi”, ossia rivendicando la laica autonomia della loro scelta fatta in piena libertà di coscienza. Così era successo per il referendum sulla legge 40, ai tempi dell’era Ruini. Nel caso della attuale legge sull’eutanasia, invece, non c’è stato nessun pronunciamento del magistero, rispetto al quale i deputati cattolici potessero rivendicare la loro maggiore età. Per rivendicare la propria maggiore età bisogna avere dei padri che pretendano ancora di guidarci nelle scelte che contano. Segno che ormai tutta la Chiesa è diventata “adulta”?

A parte questo cambiamento, per il resto anche in questa occasione si sono sentite le solite motivazioni. I cattolici adulti, essendo appunto tali, pensano di essere completamente maturi e di non dover modificare le proprie posizioni, comprese le loro motivazioni. Da qui la loro noiosa ripetizione. Una prima motivazione da essi portata è la critica insofferente verso coloro che “pensano di sapere sempre dove sta il bene e il male” e che, da “cattolicissimi”, come essi dicono, giudicano il comportamento politico altrui pretendendo dagli eletti cattolici una certa coerenza. E’ curioso che un politico pretenda che il suo comportamento non venga valutato dai cittadini elettori, compresi quelli cattolici che, così facendo, non ritengono di essere “cattolicissimi” ma semplicemente cercano di rispettare: a) i principi della legge morale naturale che tutti gli uomini possono conoscere con la sola ragione; b) il magistero della Chiesa cui appartengono fedelmente. Sarebbe strano piuttosto il contrario, ossia che questi semplici cattolici (semplici cattolici e non “cattolicissimi”) non esprimessero questa, altrettanto semplice, esigenza. Costoro sanno dove sta il bene e il male non per arroganza o supponenza, ma per umiltà, dato che piuttosto l’arroganza è di chi pensa di decidere  da sè in coscienza cosa sia il bene e il male. Lo sanno perché glielo dice la loro ragione (togliere idratazione e alimentazione significa lasciare morire di fame e di sete una persona, non ci piove) e lo conferma la rivelazione di Dio e l’insegnamento della Chiesa (“non uccidere” una persona innocente). Gli arroganti accusano i propri detrattori di arroganza.

Una seconda motivazione che anche in questa occasione essi hanno portato è che la loro scelta è stata fatta “in coscienza”. E allora? Tanti disastri sono lastricati di buone intenzioni. Una decisione presa in coscienza non è buona solo per questo motivo. La coscienza deve essere retta e ben formata. La coscienza non esprime mai se stessa, ma sempre esprime il bene che essa riconosce nella realtà delle cose. Se un deputato cattolico afferma di decidere in coscienza, vuol dire che intende fare quello che vuole. Ma allora non dovrebbe rivendicare nessuna identità o appartenenza, non solo quella cattolica ma nessun’altra al di fuori di se stesso. Purtroppo oggi l’assenza di vincolo di mandato viene intesa in questo modo, ma è un modo sbagliato di intenderla.

Una terza modalità consiste nel fare delle “autorevoli” citazioni. In tempi in cui il magistero fosse intervenuto con indicazioni chiare, queste citazioni verrebbero subito smascherate come strumentali, ma in questi tempi esse possono ingannare più efficacemente. Naturalmente si tratta di citazioni di parte, selezionate con cura. La parte del leone in questo caso della legge sulle DAT l’ha fatta la dichiarazione dei Giuristi Cattolici e il prof. Francesco D’Agostino ha avuto l’onore di essere stato spesso utilizzato come voce cattolica autorevole a favore della legge. Però costoro si sarebbero guardati dal citare il professor D’Agostino dieci anni fa, e non hanno considerato le eccellenti analisi del testo di legge del Centro Studi Livatino. L’invito dei Giuristi Cattolici a votare la legge ha fatto da sponda ai cattolici adulti, ma grazie a Dio il mondo dei giuristi cattolici è più ampio, e lo sarà sempre di più, di quello dell’Unione Giuristi Cattolici.

Infine un’ultima motivazione – anche questa sempre la solita – richiama alla necessità di astenersi da condanne in blocco di una legge, e ad entrare piuttosto nei processi concreti della sua elaborazione, data la complessità della società attuale, per poter incidere ed evitare che siano approvate leggi peggiori. E’ il solito criterio del male minore, che non ha mai funzionato dato che il male maggiore che oggi si vuole evitare appoggiando il male minore, domani sarà un male minore rispetto ad uno ancora maggiore, e così via. Sicché il male maggiore che si evita oggi sarà il male minore che si accetterà domani. Del resto se la società è diventata complessa sarà anche difficile distinguere tra male minore e male maggiore. Come hanno appunto fatto i cattolici che hanno votato questa deplorevole legge.