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LA MANIFESTAZIONE

Figli e coppie gay, a Torino il partito dell’utero in affitto

Ieri, a Torino, kermesse di sinistra con i rappresentanti di 122 Comuni italiani a chiedere le trascrizioni degli atti di nascita stranieri con indicati come genitori due persone dello stesso sesso. Un fatto che porterebbe a legalizzare in un colpo solo le adozioni per le coppie Lgbt e l’utero in affitto.

Attualità 13_05_2023

Ieri, mentre a Roma si tenevano gli Stati Generali della Natalità, a Torino i sindaci delle grandi città (rosse) italiane inviavano uno stravagante messaggio al Parlamento, affinché si legalizzino in sostanza la maternità surrogata e le adozioni per coppie Lgbt. Un appello variopinto, lanciato dal Teatro Carignano, per sostenere le cosiddette famiglie omogenitoriali.

A rispondere all’appello del sindaco di Torino Stefano Lo Russo sono stati 300 partecipanti in rappresentanza di 122 Comuni: fra gli altri, i primi cittadini di Roma, Milano, Napoli, Bologna Firenze e Bari. L’editoriale del direttore della Stampa, Massimo Giannini, apparso nell’edizione di ieri, è da incorniciare come esempio, diciamo così, di militanza antifascista: si parte da Voltaire e dalla sua accusa all’intolleranza che provoca massacri, si taccia il Paese di deriva oscurantista che “ci pone di fronte all’ennesimo attacco ai principi costituzionali di uguaglianza e di tutela della dignità della persona”, si conclude con la “battaglia di civiltà” da sostenere con tutte “le nostre forze”. Tutti questi sindaci sono impegnati a favore delle coppie arcobaleno e dei diritti al riconoscimento dell’acquisto del figlio, anche a seguito del tentativo pro-Lgbt dell’Unione Europea descritto sulla Bussola e del successivo divieto del Governo Meloni volto a stoppare le trascrizioni degli atti di nascita stranieri in cui si riconoscono come genitori due persone dello stesso sesso.

Solo a titolo d’esempio è bene ricordare come a Milano sia noto che il principale problema politico-amministrativo sia quello delle coppie Lgbt, non certo la sicurezza o la prevenzione delle violenze contro le donne o la ristrutturazione delle case dell’amministrazione comunale per gli studenti fuorisede. Mentre a Roma è evidente a chiunque, sin dal primo passo nella Città Eterna, che il male urgente di cui si dolgono i cittadini e i visitatori sia quello delle suddette trascrizioni e non certo il gironzolare di ratti, cinghiali e sciami di vespe che svolazzano su montagne di rifiuti, né si trova chi si lamenti della puntualità degli autobus. A Napoli, da settimane abbellita dai colori e dalla fantasia dei tifosi, a chiunque chiederete certo vi dirà che sono le bandiere arcobaleno e non quelle azzurre la priorità cittadina.

Ebbene, alla kermesse di ieri, seguita passo passo dalla Stampa, la cantante Paola Turci ha voluto stigmatizzare l’incoerenza del centrodestra, prima in difesa dei bambini contro gli orchi di Bibbiano e ora all’attacco di questi bambini di coppie Lgbt. Che c’azzecchi il paragone non è molto chiaro. La signora Turci, poi, ha rivendicato l’amore per Francesca Pascale e chiesto che la loro unione possa essere definita anche solo giuridicamente come “matrimonio”, una richiesta tutt’altro che solo lessicale, come sanno i lettori della Bussola.

Nessuno si è azzardato a contestare invece l’invito alla disobbedienza civile, fatto ai sindaci dall’ex presidente della Corte Costituzionale, Gustavo Zagrebelsky. Lo stesso giurista, nel 2014, dopo le polemiche reazioni dei soliti sindaci di sinistra delle grandi città (Pisapia a Milano, Fassino a Torino, eccetera) alla provvida circolare rivolta ai prefetti dal ministro dell’Interno Angelino Alfano, che invitava i sindaci a revocare i provvedimenti con i quali avevano autorizzato la “trascrizione” dei matrimoni gay celebrati all’estero, aveva detto alla Stampa che: “I sindaci sono ovviamente obbligati ad osservare le leggi, fino a quando non siano abrogate, dichiarate incostituzionali o modificate; ma in più, per quel che riguarda gli atti dello stato civile - come sono le registrazioni dei matrimoni - i sindaci sono ufficiali dello stato civile, articolazioni del Governo nazionale e, in particolare, del Ministero dell’Interno”. Esattamente il contrario dell’invito di ieri alla rivolta pacifica e alla disobbedienza civile. Ma, si sa, il noto giurista e fratello maggiore di Gustavo, Vladimiro Zagrebelsky, con altre centinaia di giuristi e magistrati, già nel 2016 aveva promosso un appello al Parlamento per legalizzare la stepchild adoption.

In ogni caso, sia Gualtieri sia Sala sia gli altri sindaci di sinistra dicono che faranno solo ciò che è possibile fare, senza nessuna disobbedienza civile, ma certamente facendo pressioni sul Parlamento perché si faccia una legge. Tra i più stravaganti interventi alla manifestazione, quello della comica Luciana Littizzetto, che ha intrattenuto i presenti paragonando la famiglia tradizionale e quella Lgbt; l’intervento dell’ex calciatore della Juventus, Claudio Marchisio, che ha denunciato l’“inammissibilità” delle diseguaglianze tra famiglie omogenitoriali e tradizionali; e quello di Vladimiro Guadagno, in arte Vladimir Luxuria, ex parlamentare di Rifondazione Comunista e frequentatore di spettacoli e salotti pubblici e privati, che si è azzardato ad affermare come fosse proprio quella di Torino la vera manifestazione a favore della natalità e non quella di Roma.

Insomma, la richiesta dei sindaci italiani di sinistra al Parlamento italiano è chiara e forte, nasce dall’esperienza quotidiana che fanno: “La vita famigliare delle persone LGBTQ+ risulta, nell’assetto normativo attuale, non ancora compiutamente riconosciuta”, sostengono, mentre sarebbe fondamentale “garantire pienamente i diritti dei figli delle coppie omogenitoriali”, quando in realtà si vogliono assecondare solo i desideri degli adulti. Su 7.901 comuni italiani a Torino ne erano rappresentati 122. Ma se anche fossero stati rappresentati tutti, dovrebbe rimanere chiaro che reintrodurre la schiavitù, con l’utero in affitto, e limitare il diritto dei bambini ad avere una mamma e un papà, deve restare assolutamente vietato e punito.