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IL LIBRO

Fidarsi di Dio (anche nel dolore), il lascito di padre Emidio

È stato uno dei pilastri del discernimento vocazionale tra Assisi e Roma. Instancabile confessore, di grande acume intellettuale, ma umile e bonario, è stato testimone delle Dio-incidenze nella propria e altrui vita. La figura di padre Emidio Alessandrini ricordata nel libro Con grande potenza, a cura di Valerio Grimaldi.

Cultura 16_07_2022

«Il Vangelo ha la capacità di trasformare il nostro kaos in logos; il metodo di Gesù è parlare alle folle e fare discepoli». Questo era solito ripetere padre Emidio Alessandrini, la cui vita viene ripercorsa nel recente volume Con grande potenza (Edizioni Porziuncola 2022, pp. 152) a cura di Valerio Grimaldi, attraverso una raccolta di suoi scritti e una serie di testimonianze di chi lo ha conosciuto.

Il titolo dell’opera evoca il carisma di un uomo che ha preso Dio sul serio annunciandolo, come egli stesso amava ripetere, “con grande potenza”. Tra Assisi e Roma infatti frate Emidio accoglie e accompagna benevolmente, quale padre spirituale e confessore instancabile, schiere di giovani e meno giovani a scoprire le radici della propria vocazione sacerdotale o sponsale alla luce della Parola «che si fa strada e domanda di essere accolta e vissuta», nella consapevolezza che «quando uno diventa cristiano sul serio cambia l’aria: pensa come Cristo, parla come Cristo, agisce come Cristo». Egli, come osserva acutamente padre Francesco Piloni nella prefazione al volume, «non dava soluzioni, consegnava semi».

Nato a Mentana, classe 1956, Emidio è un giovane studente di medicina quando all’Eremo delle Carceri abbraccia la vocazione francescana, rispondendo “sì” alla chiamata del Signore che gli chiedeva di venire ad Assisi perché lì avrebbe ricevuto indicazioni sulla sua vita. Sacerdote dal 1985, consegue il dottorato in teologia morale. Attento alle radici speculative dei “fenomeni mistici”, non disdegna nel contempo i lavori manuali, dalla raccolta di olive al giardinaggio e alla falegnameria. Si dedica però sostanzialmente al discernimento vocazionale di tante anime, in particolare di molte giovani coppie che accorrono a lui anche soltanto per un consiglio spirituale.

«La tua Parola, Signore, zittì chiacchiere mie», ricorda padre Alessandrini ai suoi figli spirituali citando Clemente Rebora e ribadendo la centralità del Vangelo nella vita del cristiano. In occasione dei suoi trent’anni di sacerdozio, invita i fedeli a non riflettere sul mistero del male, perché «il male non ha spiegazioni; lo puoi portare con Cristo, ma non lo puoi spiegare» e a considerare che «non si può essere più buoni di Dio. È Lui a dirci come stanno le cose, poi si affrontano le varie esperienze». Nella stessa omelia il frate ricorda che quando capita una cosa storta è spesso «Dio a volerci far fare un salto di qualità», ossia «il Signore pota chi fa il bene perché porti più frutto».

Un’esperienza, quella del dolore, che padre Emidio ha saputo trasfigurare nell’incontro con Cristo, secondo quanto egli stesso racconta: «Una volta ho sognato il Crocifisso della Sindone vivo e gli domandai cosa fosse tutto quel dolore che soffriva. “È il dolore di un bambino innocente. Lo vuoi portare tu?” mi chiese; e io: “Va bene”, e improvvisamente ho sentito una spada che mi trafiggeva l’anima, duecento battiti cardiaci per un’ora: ero certo che sarei morto. Ho capito allora cosa fosse l’anima: qualcosa che c’è, che esiste per sempre e prova dolori e gioie intense. Il dolore, fisico e spirituale, bisogna metterlo in conto perché non si può essere cristiani senza la sofferenza. Cambi quando il dolore nella tua vita ti trasforma. Il cristianesimo rende meravigliosi ed è allora che la gente vi cerca e vuole stare con voi senza neanche sapere il perché». E in effetti «sostituire alle nostre povere idee, spesso confuse e contraddittorie, il pensiero, l’agire e il soffrire di Gesù Cristo, trasforma la realtà».

Di qui egli esorta a vivere la Parola nella concretezza della vita ordinaria, chiedendo con insistenza al Padre il dono dello Spirito Santo, che invece «allontaniamo ogni volta che diciamo una malignità, una cattiveria o ci arrabbiamo». Il “porgi l’altra guancia” risulta allora come un invito del Signore a «evitare il broncio quotidiano»; a non prendersela con gli altri per ogni cosa imparando piuttosto a «donare, mettersi in gioco, consumarsi» per il prossimo sulle orme dei santi.

Persona poliedrica e creativa, di grande libertà di spirito e trasparenza interiore, con uno sguardo puro, bello e sereno e il dono di guardare dentro, padre Emidio si mostra sempre disponibile al telefono o di persona per suggerire come sbrogliare anche le situazioni più complesse. È anche un eccezionale comunicatore soprattutto dell’azione concreta di Dio nelle esperienze della vita (suo il conio del termine Dioincidenza), come quando durante un viaggio in India fu salvato da una febbre altissima di colera da una ragazza ex-tossicodipendente o dai passeggeri di un autobus mentre un giovane stava per accoltellarlo per rubargli il bel sitar che aveva comprato.

Tra le testimonianze riportate, la sorella Giovanna ricorda che suo fratello si mostrava sempre allegro e molto sensibile, utilizzava anche le barzellette come strumento di catechesi. Maestro nell’arte d’accompagnare - ricorda don Fabio Pieroni - desiderava che «ciascuno arrivasse a fare i propri passi» e perciò lo seguiva «con amore, attenzione, tenerezza, gratuità». Uomo di grande spessore intellettuale, di una sapienza senza saccenza, si è interessato non solo di filosofia e teologia, ma anche di psicologia, cinema e letteratura (da Guerre Stellari al Signore degli Anelli e con una biblioteca personale di 3000 volumi!), teatro e musica, fotografia. Un frate gioioso che salutava tutti così: «Che la Forza sia con te!». La sua carità operosa è testimoniata anche dal fatto che, quando acquistava libri, chiedeva che gli dessero il resto in monete da 50 centesimi per poterle dare ai poveri che incontrava.

«Al massimo suora in un convento di frati!», ha esclamato con ironia una volta a una giovane in discernimento, additandole una chiamata non alla vita di consacrata bensì a quella matrimoniale. Ribadiva sostanzialmente a coloro che incontrava, e continua a farlo oggi dal Cielo, che «seguirLo ti conviene, conviene sempre!» e «quanto è bella la vita se ti fidi di Dio! Alla sera sei stanco ma Lui è intervenuto con te!».