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Eutanasia obbligatoria: come risponde un cristiano

La legge italiana che permette l'omcidio di Stato non prevede l'obiezione di coscienza. Come fare per continuare a testimoniare la propria fede al mondo che cerca di eliminarla o di condurre all'abiura? Ecco come hanno fatto un'infermiera, due mamme e alcune suore.

Editoriali 16_12_2017
Mary Jean Martin

Per fare quello che ha fatto Mary Jean Martin bisogna avere fede, una fede che va oltre il buon senso, oltre la nostra capacità di comprendere come possa accadere che “chi perde la vita per causa mia la troverà” e quindi la darà, la genererà. Perché quello subìto, ma accettato senza abiurare, da Mary Jean Martin è il nuovo martirio bianco occidentale.

Mary Jean è un infermiera canadese, che ha lavorato per 37 anni al cospetto dei malati, per portare loro speranza attraverso cure competenti e amorevoli. Oggi, però, Mary Jean non lavora più, avendo preferito il licenziamento al tradimento della propria professione, della propria coscienza e soprattutto della fede in Dio padre. 

L'infermiera aveva dichiarato lo scorso giugno che come dipendente della Rete Sanitaria Locale (Lhin), entità governativa, era stata informata del fatto che a tutti gli operatori sanitari sarebbe stato chiesto di firmare un documento in cui prestare fedeltà alle leggi canadesi, compresa quella sull’eutanasia e il suicidio assistito. Una norma che, esattamente come il testo approvato dal parlamento italiano sulle Dat, non prevede l’obiezione di coscienza (due mesi prima dell'episodio il governo dell’Ontario di Kathleen Wynne aveva deciso che i medici e gli infermieri dovevano, se richiesto dal malato, partecipare obbligatoriamente ad atti eutanasici.

Perciò, quando Mary Jean aveva risposto al superiore che era diventata infermiera per aiutare “i vulnerabili e i sofferenti” e non per ucciderli, la risposta era stata: “Tutti i dipendenti sono tenuti a promettere fedeltà…la mancata firma viene recepita automaticamente come una dimissione dal proprio lavoro”. Coraggiosamente la donna aveva deciso di spiegare al capo il perché del suo rifiuto, testimoniandogli la libertà che viene dalla fede così: "Dio non ha creato delle regole per essere duro con noi. Ma ci ha dato i comandamenti per il nostro bene, in modo da vivere come sua famiglia qui sulla terra “.  Mary Jean ha poi scritto al primo ministro e al parlamento che l'essere costretti a scegliere tra la propria coscienza e il lavoro è una "violazione dei miei diritti umani”, inaccettabile in una società che si professa tollerante e libera.

C’è da chiedersi quanti, in una situazione analoga, avrebbero ragionato, esattamente in nome della propria appartenenza a Dio, giustificandosi così: “È meglio accettare di compromettersi, rimanendo nel mondo, piuttosto che scomparire del tutto. Peccato che il cristianesimo scompaia, essendo negato, proprio quando si accetta di mettere l’imperatore davanti a Cristo. 

Pensando a questa vicenda vengono in mente le suore di Madre Tersa che non sono state disposte al dialogo né al compromesso con il governo indiano, deciso a dare in adozione bambini anche al di fuori del matrimonio. Per cui, nel 2015, chiusero 18 servizi di adozione attivi presso i loro orfanotrofi, perché “le nuove linee guida sono in conflitto con la nostra coscienza…siamo preoccupate per i bambini e per il loro futuro. Che succede se una persona single a cui diamo un nostro bambino risulta essere gay o lesbica? Che sicurezza e che tipo di educazione morale avranno questi bambini? Le nostre regole permettono solo alle coppie sposate di adottare…è una regola umana. I bambini hanno bisogno di entrambi i genitori, maschio e femmina". Le suore non hanno scelto il cosidetto "male minore" ma di difendere da un'eventualità come quella descritta anche solo uno delle centinaia di bambini che grazie a loro venivano adottati, ragionando esattamente come ragionava Gesù. Confidando "che Dio si prenderà cura di tutti i bambini che hanno bisogno di amore da parte dei genitori” 

Come Mary Jean le suore di Madre Tersa, hanno deciso di obbedire a Dio solo, confidando in Lui, così come i primi martiri. Come Perpetua e Felicita, a cui fu chiesto solo di spargere un po’ di cenere sulla statua dell’imperatore, nemmeno di uccidere. Una delle due aveva un figlio piccolo e l’altra era incinta, eppure non hanno pensato di essere indispensabili. Hanno preferito morire e lasciare in eredità ai loro figli la fede in Dio creatore e la verità sulla vita eterna e sulla giustizia si compirà in Cielo.

Fu questa fede a generare negli anni a venire ai primi secoli un popolo di cristiani impavidi, capaci di infiammare il mondo, liberandolo dalla schiavitù del potere mondano e conducendolo a Gesù Cristo. Questo li rese indispensabili, non il loro fare, non il loro calcolo, non il buon senso. Ma, appunto, la sola fiducia nelle parole di Gesù, per cui, come spiegò Tertulliano, “noi diventiamo più numerosi tutte le volte che siamo falciati da voi: il sangue (dei martiri) è seme dei cristiani”.