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Ercole Consalvi, il pio cardinale che avvertì Napoleone...

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Tra i più celebri segretari di Stato nella storia della Chiesa (sotto Pio VII), fu un ecclesiastico di intensa vita interiore. Aveva una grande cultura musicale. Tra le sue frasi più famose, un "avvertimento" dato a Napoleone.

Ecclesia 24_01_2024

Si racconta che una volta a Napoleone Bonaparte († 1821), che minacciava di distruggere il papato e la Chiesa, un uomo rispose: «Maestà, fareste una fatica inutile. Sareste vinto. Non siamo riusciti noi, noi preti, noi cristiani, con le nostre debolezze, con le nostre infedeltà, a distruggere la Chiesa! E vorreste riuscirci voi?».

Quell’«uomo di genio», come fu definito da uno studioso anglicano (J. N. D. Kelly, The Oxford Dictionary of Popes, Oxford 1986, p. 303), era il cardinale Ercole Consalvi, segretario di Stato di Pio VII dal 1800 al 1806 e dal 1814 al 1823, morto duecento anni fa, il 24 gennaio 1824 e rimasto il più celebre, forse, dei segretari di Stato di Sua Santità, primi collaboratori del Papa nel governo della Chiesa universale. Oltre all’episodio in principio, Consalvi è ricordato, tra l’altro, per il concordato che concluse nel 1801 a Parigi con il primo console Napoleone Bonaparte e per le grandi restituzioni territoriali allo Stato Pontificio che ottenne nel 1815 al Congresso di Vienna.

Nato a Roma l’8 giugno del 1757, studente al Seminario di Frascati (1771-1776) e all’Accademia dei Nobili Ecclesiastici (1776-1782), fu un ecclesiastico pio e fedele al Papa, accanto a Pio VI (1783-1799) e specialmente vicino a Pio VII (1800-1823), «entrambi strappati con violenza alla loro sede episcopale e trascinati in esilio» (Benedetto XVI, Discorso, 4 ottobre 2008). Come il cardinal Giacomo Antonelli († 1876), segretario di Stato del beato Pio IX, Consalvi non sarà mai ordinato sacerdote, rimanendo semplicemente diacono. Fu una persona delicata d’animo e determinata nel carattere, con un’innata inclinazione verso le belle arti e un forte amore per la poesia e la musica.

In particolare, studiò il violino, strumento che per tutta la vita gli procurò diletto e distrazione dagli affari di Stato. Inoltre divenne grande amico, estimatore e protettore di Domenico Cimarosa († 1801), uno dei maggiori compositori del Settecento nonché tra gli ultimi grandi rappresentanti della scuola musicale napoletana. Proprio grazie a quest’amicizia, vera e profonda, non sono andati perduti molti manoscritti musicali di Cimarosa, molti dei quali furono donati dal maestro al porporato e da questi custoditi con cura.

Consalvi fu addolorato per «la morte del mio amicissimo Domenico Cimarosa, primo, a mio giudizio, fra i compositori di musica, così per l'estro, che per il sapere, come Rafaello fu il primo fra i pittori. Egli morì alli 11 di gennaro in Venezia nel comporre colà la sua celebre seconda Artemisia, che nemmeno poté terminare» (M. Nasalli Rocca di Corneliano ed., Memorie del cardinale Ercole Consalvi, Roma 1950, p. 61). Il porporato fece celebrare una solenne Messa di suffragio nella chiesa romana dei Santi Biagio e Carlo ai Catinari il 25 gennaio 1801. La Missa pro defunctis in sol minore, che Cimarosa aveva composto ed eseguito nel 1787, appena giunto a Pietroburgo, fu eseguita «da tutti i musicisti che trovavansi a Roma e che vi concorsero gratuitamente» (F. Florimo, Cenno storico sulla scuola musicale di Napoli, Napoli 1869, p. 459). Consalvi poi ordinò ad Antonio Canova († 1822) un busto di Cimarosa (oggi ai Musei Capitolini), finito nel 1808 e collocato accanto alla tomba di Raffaello nella Basilica di S. Maria ad Martyres (Pantheon), di cui il segretario di Stato era cardinale diacono.

La sua cultura musicale gli permise di intervenire attivamente nei programmi della Venerabile Cappella Giulia, il coro della Basilica Vaticana. Lo confermano, tra gli altri, due episodi, riferiti dal canonico prefetto Angelo Costaguti, che ci racconta della predilezione di Consalvi per Niccolò Zingarelli († 1837), che tra il 1805 e il 1812 era stato maestro di quella cappella. Il primo riguarda la musica decisa per il 29 giugno 1816: «Il giorno della Vigilia di San Pietro il cardinal [Ercole] Consalvi segretario di Stato mi mandò a chiamare, e mi pregò di fare nel gran Vespero il Salmo Laudate di Zingarelli, invece di quello di [Pietro Alessandro] Guglielmi [† 1804]; io gli dissi che sarebbe stato servito, e siccome nella mia carica di prefetto non dipendo da alcuno, perciò senza far parola con alcuno, senza né interpellare alcuno, detti ordine all’Archivista, che si facesse il Salmo di Zingarelli Laudate, come fu realmente eseguito» (in G. Rostirolla, La Cappella Giulia 1513-2013, Bärenreiter 2017, p. 832). Il secondo resoconto è relativo alla festa dei Santi Pietro e Paolo del 1817: «La mattina del 25 giugno 1817 mi mandò a chiamare il cardinal [Ercole] Consalvi per sapere da me che musica facevo in San Pietro. Gli feci vedere la lista ed egli mi disse che facessi il Laudate di Zingarelli, tanto più quando seppe che Zingarelli aveva mandato un a solo, ed un Sestetto nuovi. Tutto riescì bene» (ibidem, p. 848).

Uno stimato statista? Un cultore della musica? Certamente! Tuttavia, vogliamo ricordare il cardinal Consalvi come un servitore fedele delle Sede Apostolica, un chierico di autentica fede e intensa vita interiore.