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EPISTOLARIO

Due amici in Paradiso: san Vincenzo de' Paoli e santa Luisa de Marillac

Totalmente dediti ai poveri quanto più immersi in Dio. Dalle lettere tra san Vincenzo de’ Paoli e santa Luisa de Marillac traspare un’amicizia divina e al contempo pienamente umana, radicata in Gesù Eucaristia. Così stretta che i due morirono a soli sei mesi di distanza, per continuare il loro dialogo in Cielo.

Ecclesia 27_09_2022

È davvero difficile vederli ritratti separatamente; e, le tele che immortalano le loro figure, sono lì a testimoniarlo: sono san Vincenzo de Paoli – del quale oggi ricorre la memoria liturgica – e santa Luisa de Marillac, due giganti della carità. Di fronte a queste opere pittoriche non si può che rimanere in silenzio, desiderosi di carpire qualche parola fra i due, seppur i quadri – lo sappiamo bene – non possono parlare, se non con le forme e i colori dipinti sulla tela. San Vincenzo e santa Luisa: sono lì, davanti a noi, fra i poveri, a testimoniare l’Amore di Dio per l’umanità, specialmente per quella sofferente; le loro mani sono intente a sfamare “chi ha sete e fame”,  chi vive nella povertà. Sono mani che lavorano senza sosta.

Eppure, in questo operoso silenzio, è possibile “catturare” qualche parola: è l’eco delle loro lettere, divina “colonna sonora” della loro vita. Il carteggio intercorso fra i due, diviene così la cartina tornasole della loro amicizia iniziata da quel provvidenziale primo incontro avvenuto nel 1624: a quel  tempo, Luisa, era una semplice nobildonna parigina, moglie per volontà dei genitori (avrebbe voluto farsi suora fin da tenera età), che si trovava ad accompagnare il marito nei suoi ultimi giorni terreni; aveva trentatré anni. San Vincenzo, invece, di dieci anni più grande di lei, era già famoso in tutta la Francia: consigliere di re e regine, di ministri e grandi personaggi della cultura e della politica. Da quel 1624, san Vincenzo de Paoli, condurrà per mano la giovane amica; e lei, a poco a poco, si trasformerà in nuova creatura, passando dalle broccate e ricche pareti dei nobili palazzi parigini alle miserande strade  della periferia di Parigi.

«Sì che acconsento, mia cara damigella, acconsento sicuramente. Perché non dovrei volerlo io pure, se Nostro Signore vi ha dato questo santo sentimento? Non posso esprimere quanto ardentemente il mio cuore desideri vedere il vostro per sapere ciò che in esso è avvenuto. Mi immagino che le parole del Vangelo vi abbiano molto commossa, tanto esse stringono il cuore di chi perfettamente ama. Che albero siete apparsa agli occhi di Dio, dato che avete prodotto un tal frutto! Possiate essere sempre un bell’albero di vita che produce frutti d’amore!». Con queste parole, san Vincenzo rispondeva a Luisa de Marillac: la donna aveva chiesto lumi sulla sua vocazione, sul nuovo stato di vita che desiderava seguire.

Un’amicizia, quella tra i due, che seppur divina, non è priva di umanità: momenti di tensione, alternati poi a periodi di distensione, in quel rispetto dell’unicità dell’altro che fa grande, duratura – e soprattutto, vera – un’amicizia. Le parole che il santo francese riserva a Luisa sono sempre piene di un amore che attinge e sfocia, al contempo, nell’Amore di Dio: due anime che vivono la stessa dedizione alla carità; due sguardi che s’incontrano nel contemplare Cristo e la Sua immagine riflessa sui volti dei sofferenti, vicini. E, in questo cammino nuovo che vive e intraprende, Luisa, troverà in père Vincent, un amico, un padre, una guida sicura: «Desidero che voi siate una delle più perfette immagini, fatte a somiglianza di Dio (…), avendo io, come credo, nel Suo amore uno stesso cuore con voi. (...) Dio solo sa ciò che io sono per voi e ciò che voi siete per me. Il mio cuore non è più mio, ma vostro in quello di Nostro Signore».

La direzione spirituale di san Vincenzo le fa superare le paure; la incoraggia ad affidare tutta l’esistenza nella mani di Dio, così da giungere allo stato spirituale di perfetta fiducia nel Suo Amore misericordioso: «State molto allegra con la disposizione di volere tutto quello che Dio vuole». E, in un’altra lettera, la esorta a vivere ogni esperienza alla luce del Progetto di Dio; e quando quest’ultimo ancora non è del tutto chiaro, la esorta a non lasciarsi prendere dallo sconforto, specialmente nei momenti di difficoltà: «Procurate di viver contenta pur tra i motivi che ave di malcontento e onorate sempre la vita in apparenza inattiva e nascosta del Figlio di Dio. Qui deve essere il vostro centro. Questo egli domanda da voi ora e in seguito, sempre. Se la sua divina Maestà, non vi fa conoscere, in modo che escluda l'inganno, che egli voglia qualche altra cosa da voi, non ci pensate, e non occupate mai la vostra mente in quest’altra cosa. Confidate in me, penso abbastanza per tutti e due». In quell’ultimo passaggio – «penso abbastanza per tutti e due» – così affettuoso, pieno di premure, è racchiuso non solo l’amore di un padre verso la propria figlia, ma anche l’animo d’un amico. Viene in mente, pensando ai due santi, alla bellissima espressione del libro del Siracide: «Un amico fedele è medicina che dà vita: lo troveranno quelli che temono il Signore». E loro, il Signore, lo temono e lo servono, «in santità e giustizia»: comunione di anime pure, elette, che nella preghiera e nell’azione caritatevole, si ritrovano e dilatano i propri cuori per entrare – con ancora più slancio – nel Mistero dell’Amore di Dio.  

Non mancano poi – come è abitudine fare tra amici – i consigli sulle buone letture:  sono, ovviamente, libri edificanti quelli che suggerisce san Vincenzo; letture importanti per  crescere, ancor di più, nel cammino spirituale intrapreso da mademoiselle  Louise: «Leggete il libro Dell’amor di Dio (il Trattato dell’Amore di Dio di Francesco di Sales, n.d.r), specialmente la parte che tratta della volontà di Dio e dell’indifferenza”.

Centro della loro amicizia è il Signore che si fa Pane di Vita nell'Eucaristia: una lettera del 1631 racchiuderà proprio questo amore per Cristo presente nella Santa Comunione. Luisa, a un cero punto del suo cammino, si ritiene indegna di ricevere il Corpo di Cristo; e san Vincenzo, allora, le scrive: «Quanto alla pena interiore che vi ha fatto recedere dalla santa comunione, vi dico che avete fatto male. Non vedete che è una tentazione? E sta bene, in questo caso darla vinta al nemico della santa comunione? Credete voi di divenir più degna d’avvicinarvi a Dio, con l’allontanarvi da Lui invece che con l’avvicinarvi? Oh! Certo, è un’illusione»

Luisa conoscerà, sempre di più, l’opera e la “metodologia della carità” del santo francese; apprenderà da lui la delicata scienza dell’amore verso coloro che “hanno fame e sete”, divenendo – definizione dello stesso san Vincenzo – la “Madre dei poveri”. I due amici fonderanno, nel 1633, le “Figlie della Carità”, l’istituto religioso a cui dedicheranno ventisette anni della loro vita, fino al 1660, anno della loro morte. Santa Luisa de Marillac muore il 15 marzo del 1660. Sul letto di morte, lo manda a chiamare. Avrebbe voluto con lei l’amico che per ben trentacinque anni l’ha accompagnata nella sua nuova vita di carità. San Vincenzo de Paoli le scrive: «Madamigella, voi partite prima di me; se Dio perdona i miei peccati, spero di raggiungervi presto in cielo». San Vincenzo, la raggiungerà sei mesi più tardi, il 27 settembre: i due amici continueranno, così, il loro dialogo in Paradiso, davanti allo sguardo del loro Amico, Dio.