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USA

Dopo la sentenza Trump, Repubblicani più determinati che mai

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Trump condannato dal tribunale di Manhattan non è affatto un candidato perdente. Anzi: la base repubblicana si è compattata e molti ex donatori tornano a elargire milioni alla sua campagna.

Esteri 06_06_2024
Manifestazione pro Trump in Florida (La Presse)

Il verdetto della giuria di Manhattan che ha condannato Donald Trump, ha spalancato le porte su uno scenario senza precedenti: non solo un ex presidente condannato (primo caso nella storia americana), ma anche un candidato che continua la sua corsa per le presidenziali con una condanna che ne macchia la reputazione. Va ricordato che si tratta di una condanna di primo grado, che il verdetto può essere ribaltato in appello, ma in una società mediatica, come la nostra, una condanna di primo grado viene letta dall’opinione pubblica come definitiva. Il punto è stabilire se questa colpevolezza sia vista come un pregio o come una macchia dall’elettorato. E su questo, i sondaggisti stanno dando i numeri.

Da un rilevamento Abc/Ipsos, condotto a caldo (il giorno dopo la sentenza del 30 maggio), risulta che il 49% degli americani sia convinto che Trump debba ritirarsi dalla corsa. Di questi, il 79% sono democratici e il 52% sono indipendenti, il cui voto è corteggiato da entrambi. Appena il 16% degli elettori che si identificano come repubblicani pensa che l’ex presidente debba gettare la spugna.

La reazione nell’elettorato potenzialmente repubblicano viene scandagliata meglio dal sondaggio Reuters/Ipsos, sempre condotto a caldo: il 56% degli elettori repubblicani non intende cambiare idea dopo il verdetto, mentre il 35% si dichiara ancor più determinato a votare per Trump. Solo il 10% risulta meno incline a votare per il candidato del Grand Old Party.

In generale, la media dei sondaggi elettorali, calcolata dalla Abc, rileva uno slittamento a favore di Biden, dopo il verdetto, talmente piccolo da rientrare nell’errore statistico. Se prima del verdetto Trump risultava in vantaggio di 1 punto percentuale, ora è alla pari con Biden.

Ma un altro modo per vedere come cambia il consenso per un candidato è seguire i soldi. Dichiarare la propria intenzione di voto non costa nulla, ma investire su una campagna elettorale, anche per un piccolo donatore, segnala una volontà più solida di esprimere un voto. Ebbene: il verdetto di Manhattan ha causato una valanga di elargizioni, sia da parte dei piccoli che dei grandi donatori.

Alla fine di aprile, la campagna di Biden era nettamente in vantaggio su quella di Trump, con 192 milioni di dollari raccolti, contro i 93 dell’avversario repubblicano. Ma nel mese di maggio lo staff dell’ex presidente candidato ha annunciato la raccolta di 171 milioni di dollari. E nella sola giornata di venerdì 31 maggio, il giorno dopo il verdetto, sono stati donati quasi 53 milioni. In un solo giorno. La campagna di Trump ha rivelato che un terzo di questi soldi arrivano da nuovi donatori. Si tratta, secondo lo staff della campagna repubblicana, di una raccolta pari a più del doppio delle migliori giornate di fund raising.

Notevole anche il numero di grandi donatori repubblicani che hanno cambiato idea o hanno consolidato la propria. Fra questi ultimi si annovera la miliardaria israelo-americana Miriam Adelson che, subito dopo l’esito del processo, ha annunciato una donazione multi-milionaria al Pac (comitato elettorale) Preserve America. E anche l’investitore della Silicon Valley David Sacks, che all’indomani del verdetto ha twittato: «Ora c’è solo una cosa che importa in queste elezioni: se gli americani resistano al tentativo di trasformare gli Usa in una Repubblica delle Banane». Fra quelli che hanno cambiato idea, a favore dell’ex presidente, si annovera Bill Ackman, finanziere, amministratore delegato di Pershing Square Capital Management. Tre anni fa, dopo le scene dell’assalto di Capitol Hill, dichiarava che Trump avrebbe dovuto “scusarsi con gli americani”, oggi, dopo il processo e la condanna, dichiara di sostenerlo e di finanziarne la campagna. E anche Steve Schwarzman, amministratore delegato del Blackstone Group, dichiara ora di voler sostenere Trump, benché finora avesse preso le distanze da lui. Così come Nelson Peltz, che si era detto “pentito di aver votato Trump” dopo aver visto l’assalto al Campidoglio, ora ha dichiarato il suo sostegno, anche invitando l’ex presidente nella sua tenuta in Florida.



NEW YORK

Trump condannato, una sentenza senza precedenti

31_05_2024 Stefano Magni

Trump è colpevole. La giuria ha espresso un parere unanime nel processo di Manhattan, che riguarda i soldi dati alla pornostar Stormy Daniels dall’ex presidente, per comprare il suo silenzio. Così “The Donald” è il primo ex presidente condannato per un reato. E la sentenza avrà un impatto sulle elezioni presidenziali. Resta forte il dubbio del processo politico.