Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
NEW YORK

Trump condannato, una sentenza senza precedenti

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Trump è colpevole. La giuria ha espresso un parere unanime nel processo di Manhattan, che riguarda i soldi dati alla pornostar Stormy Daniels dall’ex presidente, per comprare il suo silenzio. Così “The Donald” è il primo ex presidente condannato per un reato. E la sentenza avrà un impatto sulle elezioni presidenziali. Resta forte il dubbio del processo politico.

Attualità 31_05_2024
Trump nel processo a Manhattan (La Presse)

Trump è colpevole. La giuria ha espresso un parere unanime nel processo di Manhattan, che riguarda i soldi dati alla pornostar Stormy Daniels dall’ex presidente, per comprare il suo silenzio. Così “The Donald” è il primo ex presidente condannato per un reato. Un caso storico, anche perché può avere un impatto molto pesante sulle prossime elezioni presidenziali. Anche se un condannato (e in primo grado) può ancora competere per la Casa Bianca.

Secondo la verità processuale, Trump ha avuto una brevissima relazione sessuale con Stormy Daniels, nel corso di un torneo di golf nel 2006. Dieci anni dopo, quando si è candidato, la Daniels avrebbe espresso esplicitamente la volontà di rivelare tutto e fare uno scandalo. In cambio del suo silenzio, l’allora avvocato-tuttofare Michael Cohen ha comprato il suo silenzio per 130mila dollari. Poi si è fatto rimborsare, ad elezione conclusa e vinta, con false causali e pezze giustificative. Il silenzio è durato poco, perché, con Trump presidente, la pornostar ha iniziato a parlare a tutti i media.

Le accuse di false registrazioni contabili, secondo la legge di New York, possono essere un illecito (non un reato), ma il procuratore generale di Manhattan, Alvin Bragg ha sostenuto che in questo caso si tratta di un reato perché Trump ha commesso le infrazioni in relazione ad altre condotte illegali, in particolare uno schema illegale per influenzare le elezioni del 2016. E qui stava la debolezza dell’impianto accusatorio, quasi un processo alle intenzioni, tanto che il predecessore di Bragg, Cyrus Vance, aveva deciso di non proseguire. Bragg ha insistito, nell’aprile del 2023 ha incriminato Trump e il 30 maggio dell’anno successivo, dopo sei settimane di processo, ha anche vinto.

La testimonianza chiave che ha provocato il verdetto della giuria è stata proprio quella dell’ex avvocato di Trump, Michael Cohen, che ha rivelato tutto lo schema e anche l’intento di non farsi rovinare le elezioni del 2016. Ma mentre non vi sono dubbi sull’illecito amministrativo, ne restano tuttora sul fatto che Trump abbia commesso un reato elettorale. Il suo avvocato difensore (attuale), Todd Blanche, ha infatti affermato: «Non c'è nulla di sbagliato nel cercare di influenzare un’elezione. Si chiama democrazia». L’ex presidente ricorrerà in appello e molto probabilmente lo vincerà. Ma occorrono mesi, forse anche anni.

E nel frattempo cosa accadrà? E quale sarà l’impatto sulle elezioni? Da un punto di vista legale, Trump, benché condannato, potrà continuare a correre per la Casa Bianca. Certo sarebbe di ostacolo se finisse in carcere. E spetta al giudice, Juan Merchan, formulare la sentenza. Molto difficilmente ne ordinerà l’internamento in una struttura carceraria, considerando che Trump: non ha precedenti penali, ha 77 anni, si tratta di un reato punito, nel peggiore dei casi, con 4 anni di carcere.

Difficile pensare, però, che la prima condanna a un ex presidente lasci del tutto indifferenti gli elettori, soprattutto gli indipendenti e gli indecisi. I sondaggi finora danno Trump in vantaggio su Biden, anche se il processo stava continuando da sei settimane. In altri sondaggi recenti, tuttavia, si rilevava che il candidato repubblicano avrebbe perso circa un quinto dei voti in caso di condanna. Ed ora la condanna è arrivata. I giochi, che parevano chiusi con una vittoria del candidato repubblicano, ora si riaprono di nuovo.

Questo è il processo più “leggero” affrontato dall’ex presidente. Gli altri si fondano su accuse molto più gravi: uno in Florida sui documenti conservati alla residenza di Mar a Lago dopo la fine del mandato (mentre avrebbero dovuto essere restituiti agli Archivi Nazionali) e due sul tentativo di impedire una pacifica transizione di potere nelle mani di Biden, uno a Washington sui fatti del 6 gennaio e uno ad Atlanta, sul tentativo di fare pressioni sulle autorità locali durante il riconteggio dei voti in Georgia. Accuse pesanti, ma sempre politiche che danno l’idea di un grande tentativo di interferire nelle elezioni, eliminando per via giudiziaria un candidato vincente.