Documenti segreti. Trump sotto accusa dal governo Biden
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Donald Trump ancora incriminato, dal tribunale federale di Miami. È la prima volta nella storia americana che il governo federale muove accuse contro un ex presidente. Soprattutto considerando che a capo del governo federale c’è Joe Biden, candidato. E l'imputato sarà suo rivale diretto.
Donald Trump ancora incriminato, dal tribunale federale di Miami. Se la precedente incriminazione a New York era già un caso storico, la prima volta di un ex presidente sotto processo, quella di Miami segna un altro primato: è infatti il governo federale che lo sta accusando di aver trattenuto, nella sua residenza a Mar-a-Lago (Florida) documenti segreti dopo la fine del suo mandato.
È la prima volta nella storia americana che il governo federale muove accuse contro un ex presidente. Soprattutto considerando che a capo del governo federale c’è Joe Biden, presidente in carica, nonché candidato per la rielezione nel 2024, così come Trump è candidato. Detto così può sembrare contorto, ma è semplicissimo: il presidente in carica sta portando in tribunale il suo più diretto rivale.
Se pensiamo che il caso sia singolare, il quadro non è ancora completo. Perché, in questi stessi giorni, il Dipartimento di Giustizia sta conducendo la sua indagine sui documenti segreti che anche Biden si è portato a casa, nel Delaware, dopo la fine del suo mandato di vicepresidente (sotto Obama). E quindi vedremo se la giustizia americana seguirà un doppio standard. Se l’indagine porterà all’incriminazione anche di Biden, o solo Trump sarà processato per questo tipo di reato. I media di sinistra, quando era scoppiato il caso Biden, già sottolineavano le differenze, ma si trattava di distinzioni formali, ma sostanzialmente i due hanno fatto la stessa cosa.
Benché i capi d’accusa a Trump non siano ancora stati pubblicati, fonti giornalistiche riferiscono che siano sette e riguardino la violazione della legge sullo spionaggio, che impedisce l'uso improprio di informazioni riservate, nonché l'ostruzione e le false dichiarazioni. Trump avrebbe deliberatamente nascosto documenti sensibili relativi all'intelligence e ai piani di difesa degli Stati Uniti, anche dopo che l'anno scorso i pubblici ministeri avevano chiesto la restituzione di tutti questi documenti. Un avvocato di Trump, James Trusty, ha confermato questi capi d'accusa in un’intervista alla Cnn.
La risposta di Trump non si è fatta attendere, sul suo social network Truth. “Nessuno mi aveva detto che fossi incriminato e non potrei esserlo, perché non ho fatto niente di sbagliato, ma sto notando da anni di essere il bersaglio di un Dipartimento di Giustizia e di un’Fbi che ormai sono usati come armi”.
Giovedì la campagna di Trump ha immediatamente avviato una raccolta di fondi dopo l'incriminazione. In un'e-mail ai sostenitori, Trump ha dichiarato: “Vi prego di dare un contributo per stare pacificamente con me oggi e dimostrare che non cederete MAI il nostro Paese alla sinistra radicale, con un impatto del 1.500%”.
Le reazioni della politica, da parte dei Repubblicani, sono quasi unanimi: il partito ha messo da parte le rivalità interne e si stringe attorno all’ex presidente. Così Kevin McCarthy, presidente della Camera: “Oggi è davvero un giorno buio per gli Stati Uniti d'America. È inconcepibile che un Presidente metta sotto accusa il principale candidato che gli si oppone. Joe Biden ha conservato documenti riservati per decenni. Io, e tutti gli americani che credono nello Stato di diritto, siamo al fianco del Presidente Trump contro questa grave ingiustizia. I Repubblicani della Camera chiederanno conto di questo sfacciato uso strumentale del potere”. “Questo è un affronto a tutti i cittadini: non possiamo trasformarci in una repubblica delle banane dove il partito al potere usa la forza della polizia per arrestare i suoi avversari politici”, ha dichiarato l’imprenditore Vivek Ramaswamy, candidato repubblicano alle presidenziali del 2024.
L'ex vicepresidente Mike Pence, che ha appena annunciato l’inizio della sua campagna, nonostante tutti i suoi profondi dissidi con l’ex presidente (soprattutto per l’assalto al Campidoglio) ha difeso Trump apertamente: “Sono rimasto molto turbato la scorsa estate quando, per la prima volta nella storia, è stato eseguito un mandato di perquisizione a casa di un ex presidente degli Stati Uniti”.
Non tutti la pensano allo stesso modo. Un altro candidato che correrà contro Trump nelle prossime primarie, l’ex governatore del New Jersey, Chris Christie, ha commentato, sull’incriminazione: “È un peso che Donald Trump dovrà portare, se sarà il candidato, alle elezioni generali di novembre, e perché vogliamo correre questo rischio?”. Anche Asa Hutchinson, candidato e governatore dell’Arkansas, ha un atteggiamento simile: “Donald Trump è l'obiettivo di un'indagine criminale in corso. Per questo dovrebbe fare un passo indietro, pensare al bene del Paese prima che alla sua candidatura”.
Ma gli elettori come la prenderanno? Finora la media dei sondaggi nazionali di Real Clear Politics, danno ancora Trump in testa rispetto a qualsiasi altro candidato repubblicano e vincente in una possibile sfida con Biden. È ancora troppo presto per capire quale sia l’impatto di questa ultima incriminazione. Ma nel precedente caso, a New York, l’effetto era stato quello di galvanizzare l’elettorato di destra a favore di Trump. E quello era solo un’incriminazione che riguardava il pagamento a una ex pornostar. Adesso è direttamente il governo federale, cioè Biden, contro Trump. Cosa si può immaginare di ancor più divisivo?