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IL DIBATTITO

Ddl suicidio assistito, c'è una menzogna dietro il sì dei cattolici

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Negli ultimi interventi su Avvenire e Foglio si dà per scontato che una legge sul suicidio assistito sia comunque inevitabile. Ma questo è palesemente falso: è ridicolo pensare che una maggioranza non sia in grado di fermare una norma, se ha ragioni e volontà di farlo. Piuttosto, è da anni che Pav e Cei tradiscono il Magistero su eutanasia e suicidio assistito. 
- VIDEO: Giacomo Rocchi: nessun obbligo di legiferare sul fine vita
- DOSSIER: Fermate quella legge

Politica 30_07_2025

Una legge sul suicidio assistito è veramente ineluttabile? Visti gli ultimi interventi pubblici dei cattolici pro-legge, è indispensabile rispondere a questa domanda. Perché sia nella lettera ad Avvenire dei sei tra ex parlamentari, avvocati e medici (di cui abbiamo già parlato qui) sia nel successivo intervento sul Foglio del 28 luglio del medico e teologo don Alberto Frigerio, per sostenere la liceità e la necessità di sostenere il disegno di legge (ddl) messo a punto dalla maggioranza di centro-destra (testo base), si parte dall’assunto che una legge sia appunto inevitabile. E che l’alternativa al ddl in oggetto sia il ddl Bazoli già presentato dalle sinistre nella precedente legislatura (passato soltanto alla Camera) e ora riproposto: ddl ovviamente molto più permissivo rispetto alla famosa sentenza della Corte Costituzionale 242/2019 che detta le condizioni per accedere al suicidio assistito senza incorrere in una sanzione penale.

Secondo costoro, dunque, è irrealistico pensare di evitare una legge,  «La scelta – dice la lettera ad Avvenire firmata da Paola Binetti, Andrea Brenna, Achiropita Curti, Giuliana Ruggieri, Eva Sala, Luisa Santolini – non è tra una non-legge e l’attuale testo base; alla fine l’alternativa sarà tra legge Bazoli e l’attuale testo base». E siccome la sinistra vuole molto più che la traduzione in legge della sentenza della Corte Costituzionale, ecco che la difesa della vita passerebbe dall’approvazione di una legge “moderata”. «Una cosa è certa - dicono i sei – non rimarremo a lungo senza una normativa, considerando l’ostinazione con cui la sinistra persegue da anni questo obiettivo, considerato identitario»

Nell’intervento di don Frigerio c’è almeno la consapevolezza che il Parlamento non sia obbligato a legiferare su questo tema, malgrado la sentenza della Consulta, ma essendo già «stato calendarizzato il disegno di legge Bazoli» al Senato, ecco che non c’è alternativa tra una legge molto aperturista quale quella sostenuta dalle sinistre e il testo base sostenuto dal centro-destra e dai vertici ecclesiastici.

Il punto è che questa presunta strada obbligata è semplicemente falsa. Non funziona così il lavoro in Parlamento: per il fatto che un disegno di legge sia portato alla discussione non significa che sul tema diventi inevitabile legiferare. Neanche con una sinistra ostinata: vale forse la pena ricordare che, ad esempio, sull’omofobia – tema ancora più identitario per la sinistra rispetto all’eutanasia – la sinistra non è riuscita a legiferare malgrado ci abbiano provato prima con il disegno di legge Scalfarotto (2013) e poi con quello dell’on. Zan (2018).

Se il ddl Bazoli non è passato nella precedente legislatura quando i numeri erano maggiormente favorevoli alla sinistra, perché – in assenza di una proposta alternativa - dovrebbe essere ineluttabile una sua approvazione in questa legislatura quando il centrodestra gode di una salda maggioranza (116 senatori su 206 e 228 deputati su 400)? Don Frigerio dice una parte di verità quando riconosce che il ddl Bazoli «troverebbe consenso tra i banchi del Parlamento, a motivo delle diverse anime rinvenibili nella maggioranza di governo, talune prossime alle istanze ivi contenute». Vale a dire che potrebbe essere approvato con i voti di una parte della maggioranza: sì, ma solo se l’altra parte della maggioranza non desse battaglia, e dando per scontato che la sinistra voterebbe compatta. Tutte variabili comunque non quantificabili e quindi non adeguate per una previsione certa.

In ogni caso c’è un elenco lunghissimo di minoranze, convinte delle proprie ragioni, che sono riuscite a bloccare provvedimenti in Parlamento, figurarsi se questo non è possibile essendo maggioranza. Quando si vuole, ad esempio, si esige la disciplina di partito.

Ma il punto è proprio qua, nella convinzione delle proprie ragioni e nella volontà: proporre un testo base come quello presentato al Senato è già un segnale di resa, mascherato da male minore, è la volontà di non dare battaglia. E a questo contribuisce non poco l’atteggiamento della Chiesa italiana: l’impressione netta è che buona parte del mondo cattolico e i vertici della Conferenza Episcopale Italiana per non parlare della Pontificia Accademia per la Vita, tutto sommato non siano così convinti del no al suicidio assistito, malgrado le dichiarazioni di principio. Peraltro, proprio per quel che riguarda la Chiesa, oltre alle strategie parlamentari per fermare una legge, i cattolici possiedono anche un’arma più efficace: la preghiera e il digiuno per chiedere a Dio che eviti al nostro Paese una sciagura simile. Ma evidentemente per molti vescovi queste sono cose sorpassate, di altri tempi.

E d’altra parte ai vertici della Chiesa il cedimento alla logica dell’eutanasia e del suicidio assistito è iniziato ben prima della discussione dell’attuale testo base: addirittura era stato già nel 2023 l’allora presidente della Pav, monsignor Vincenzo Paglia, ad auspicare una norma che recepisse la sentenza 242/2019 della Corte Costituzionale (leggi qui) e la stessa Pav nell’agosto 2024 pubblicava il “Piccolo lessico del fine-vita”, contraddicendo il Magistero su eutanasia e suicidio assistito (leggi qui). Anche il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Cei, non aveva lesinato ambiguità sul tema, già nel 2022 (leggi qui). E si potrebbe andare ancora avanti. Non sorprende dunque che proprio questi ecclesiastici siano considerati le eminenze grigie che hanno “benedetto” il testo base prodotto dal centro-destra.

La verità dunque è che il problema non sta nell’ineluttabilità di una normativa sul suicidio assistito, ma nel fatto che si sia sedimentata una mentalità eutanasica in gran parte della società e perfino ai vertici della Chiesa.

A proposito poi della liceità di proporre una legge restrittiva, per quanto ingiusta, per fermare una legge ancora peggiore, sarebbe interessante sapere se gli stessi firmatari di questi interventi, seguendo questa logica, sarebbero d’accordo nel promuovere una legge che imponga la morte a 80 anni per evitare che il limite venga posto a 75 anni, sempre ovviamente nel nome del best interest. Può sembrare una provocazione, ma a parte il fatto che ci troviamo nella stessa fattispecie della legge sul suicidio assistito, la cosa è meno campata in aria di quel che sembra.
Già oggi, più o meno apertamente, in diversi Paesi e soprattutto dove già è praticata l’eutanasia, si tende a evitare cure troppo costose per le persone molto anziane. Chiamasi abbandono terapeutico. E con l’invecchiamento della popolazione e il conseguente aumento delle spese sanitarie, questo tema diventerà sempre più caldo. Già se ne parla ma se ne discuterà sempre più apertamente sui media; ed è quindi facilmente prevedibile che a un certo punto qualcuno penserà di normare l’accesso a determinate cure mediche dopo una certa età. A 75 anni? Forse anche prima. Cosa faranno dunque i nostri vescovi dialoganti? Proporranno una legge per lasciar morire le persone ma solo se ultraottantenni, chiamandola difesa della vita? Davvero questo è ciò che la Chiesa ha da dire alla società e agli uomini d’oggi?



CHIESA

Qualche domanda ai vescovi sul suicidio assistito

29_07_2025 Luisella Scrosati

Tutto questo prodigarsi di Cei e Pav a favore di una legge che legittimerà la pratica suicidaria, fa nascere il dubbio che i nostri pastori non abbiano chiaro come funziona la vita dell'uomo, quale sia il fine dell'unzione sacra che hanno ricevuto e cosa siano i comandamenti di Dio. 

verso la legge

L'inno della Cei per il suicidio assistito

Sabato altri due interventi sul quotidiano dei vescovi italiani, Avvenire, a sostegno del ddl sul suicidio assistito: Marazziti (Comunità S. Egidio) che difende anche la legge sulle Dat, e sei firmatari tra cui le ex parlamentari Binetti e Santolini, sempre con i soliti argomenti (sbagliati). Così si legittima il male.

MORTE ASSISTITA

Suicidio sì, ma non in cliniche private. L'assurda richiesta della PAV

28_07_2025 Stefano Fontana

Il presidente della Pontificia Accademia per la Vita. mons. Pegoraro, stupisce ancora chiedendo che il suicidio assistito sia garantito dal Servizio sanitario nazionale. L'associazione "Sui tetti" e il Centro Livatino lo criticano, ma alla fine spingono anche loro per la legge.