Dazi e Ucraina, la doppia sfida di Trump all'Ue
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Prima l'annuncio dei dazi sull'Ue, poi l'implosione dei negoziati con l'Ucraina. Due segnali forti che Trump sta rompendo con l'Ue e non ha paura delle conseguenze. L'obiettivo è dividere l'Ue. Unione o non Unione sarà la domanda che dovremo porci.
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Due colpi in due giorni inflitti dagli Usa all’Unione Europea: l’annuncio dei dazi al 25% su tutte le merci provenienti dall’Ue e l’implosione, fra urla e reciproche accuse, del negoziato fra Trump e Zelensky segnano una cesura dei rapporti cordiali fra il nuovo e il vecchio mondo. Difficile capire, a questo punto, cosa voglia ottenere Trump.
Le due potenze economiche sono tuttora legate dal più alto volume di interscambi commerciali del mondo: il 30% sul totale. Assieme rappresentano il 40% del Pil mondiale. Interrompendo i rapporti fra le due sponde dell’Atlantico, può cambiare l’economia globale per come l’abbiamo finora conosciuta. La posta in gioco è molto alta. Si illude chi pensa che i dazi ci siano sempre stati. Basti guardare ai dazi medi applicati ai prodotti non agricoli americani che giungono nell’Ue: sono solo del 4,5%, analoghi alle tariffe imposte ai prodotti cinesi, sempre del 4,5%. I dazi che, invece, gli Stati Uniti mediamente applicano sulle merci europee sono ancora minori, del 3,9%.
Le tariffe più alte imposte dall’Ue ai beni americani riguardano settori specifici, come il tabacco (per alcune qualità i dazi arrivano al 74%), i vini (32%), i latticini (quasi 30%), i prodotti dolciari (21%), la carne e gli animali vivi (15,6%) e l’abbigliamento (11,5%). Si tratta, come evidente, di eccellenze europee su cui i produttori negli Stati membri hanno fatto lobbying per ottenere protezione.
Le tariffe che Trump vorrebbe imporre all’Ue sono qualcosa di completamente diverso, anche rispetto a quelle che aveva adottato nella sua precedente amministrazione. Quelle colpivano alcune categorie di merci, queste le intere importazioni dall’Ue. Sono evidentemente misure anti-Ue. Trump lo ha anche specificato, affermando pubblicamente che «l’Ue è nata per truffare gli Usa». Come per il Canada e il Messico, si parte con l’imporre le tariffe doganali, ma non si specifica cosa si vuole in cambio. Solo dopo l’annuncio dei dazi contro i due vicini americani, infatti, Trump ha iniziato a porre le condizioni, fra cui un maggiore controllo dei confini. Non è ancora chiaro cosa chiederà all’Europa.
Trattandosi di un’arma politica, si spera anche che duri poco. Il tempo di un negoziato e di un accordo su nuove condizioni. Altrimenti si entrerebbe in una nuova epoca di inflazione e recessione. I dazi sono tasse, colpiscono i consumatori come tutte le tasse. Il cittadino americano che vuole comprare un prodotto italiano, un domani dovrà essere disposto a pagare un 25% in più. In generale, prodotti europei meno concorrenziali possono indurre anche i produttori americani a non abbassare i prezzi, o ad alzarli, avendo meno incentivi per farlo. Se l’Ue dovesse rispondere con tariffe altrettanto alte sui prodotti e soprattutto sui servizi (dove la bilancia commerciale è negativa, per noi), anche i cittadini e consumatori europei subirebbero un crollo sensibile del loro potere d’acquisto. Il commissario europeo all'Economia, Valdis Dombrovskis, calcola che una guerra commerciale Usa-Ue potrebbe causare un crollo del 7% del Pil mondiale.
Ipotizzando, invece, che i dazi di Trump siano un’arma solo politica, dunque destinati a durare nel breve lasso di tempo di un negoziato, quel è il suo obiettivo? Cosa chiede all’Europa? Nel breve periodo: di comprare americano, a partire dai prodotti e dei servizi delle Big Tech, che noi stiamo “trattando male”, secondo la denuncia del vicepresidente JD Vance a Monaco, poi anche gas e armi. Lo ha ribadito anche Trump nel corso del suo incontro con il premier britannico Keir Starmer: «L’Ue è dura con noi sul commercio: ci mettono dazi sotto forma dell'imposta di valore aggiunto. Fa causa alle nostre aziende. Hanno fatto causa ad Apple per 16 e 17 miliardi, che è completamente ridicolo. Hanno fatto causa a Google. Non ci piace come ci tratta. Per questo imporremo dazi reciproci: tasseremo quanto loro tassano noi».
Nel lungo periodo, però, il disegno è quello di dividere l’Ue e di trattare le condizioni con i singoli Stati nazionali. A Keir Starmer ricordava che i dazi sui prodotti europei non avrebbero riguardato il Regno Unito. Dopo la Brexit, infatti, è fuori dall’Ue. Chi esce avrà un vantaggio: poter continuare a commerciare liberamente con gli Usa. La Commissione studia le contromisure, fra cui tariffe comuni sulle importazioni di alluminio e acciaio dagli Usa.
In mezzo a tutta questa tensione, dalla Casa Bianca è arrivata ieri pomeriggio l’altra “bomba”: l’implosione, in diretta e sotto gli occhi del mondo, del primo incontro fra Trump (assieme a Vance e al segretario di Stato Rubio) e il presidente ucraino Zelensky, redarguito da Vance e poi dallo stesso Trump come uno scolaretto indisciplinato. Niente firma sulle terre rare e a pagare è già l’Ucraina: stop agli aiuti americani per la ricostruzione della rete elettrica bombardata dai russi e viene valutato anche uno stop totale alle forniture militari.
Ciò avviene alla vigilia del vertice europeo sulla difesa dell’Ucraina e aggiunge un altro dilemma alle classi dirigenti europee, esattamente come per i dazi. Restare uniti e sostenere da soli il costo del sostegno all’Ucraina, o procedere in ordine sparso, con Ungheria e Slovacchia che vogliono già chiamarsi fuori? Crepe si apriranno anche all’interno degli stessi governi dell'Ue: basti vedere la differenza di tono e di parole fra le dichiarazioni di Salvini (che sostiene Trump) e Tajani (che invita alla prudenza), i due sottosegretari del governo italiano.
Comunque vada, da domani la politica dovrà cambiare drasticamente. La domanda che ci dovremmo porre, in uno scenario in cui l'alleanza euro-atlantica non è più scontata, sarà: far parte dell'Unione ci conviene? Ed è sulla base di questo interrogativo che si dovranno formare i nuovi schieramenti. Aderire ancor più fermamente all'Unione implicherà una maggior rinuncia alla sovranità nazionale e probabilmente a diverse libertà politiche e civili che, come sempre, sono le prime vittime dei tempi di guerra (guerra fredda e commerciale, per ora): lo dimostra l'arresto di Georgescu in Romania, o il muro anti-AfD in Germania. Andare da soli ha un costo di altro tipo: il rischio dell'isolamento economico, oltre alla necessità di spendere molto di più per la difesa e la sicurezza.