Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
San Marco a cura di Ermes Dovico
DOPO IL DISCORSO DI PUTIN

Crisi Ucraina, trattati stracciati e rischio contagio

Con il riconoscimento delle autoproclamate repubbliche di Lugansk e di Donetsk, in Ucraina, il presidente russo Putin non solo ha violato l'accordo di Minsk, ma soprattutto il Memorandum di Budapest del 1994, per cui l'Ucraina aveva distrutto o consegnato a Mosca tutto il suo arsenale nucleare (ereditato dall'URSS), in cambio della garanzia dell'indipendenza e della sovranità da parte delle 5 potenze nucleari. Un precedente pericoloso per la sicurezza mondiale, con un'Europa divisa e preoccupata da sanzioni che danneggerebbero essa stessa e una Cina che prende appunti per regolare la faccenda Taiwan.
- QUEI POLITICI UE SOCI IN AFFARI DI PUTIN, di Wlodzimierz Redzioch

Esteri 23_02_2022
Manifestazione pro-Russia a Donetsk

E adesso? La Russia, con il discorso di lunedì sera 21 febbraio alla nazione del suo presidente Vladimir Putin, ha gettato alle ortiche i trattati internazionali, peraltro ricostruendo la verità storica in modo personale, consono alla sua visione politica di auto-restauratore dell’impero zarista e sovietico. Non solo ha gettato nella spazzatura gli “Accordi di Minsk” del 2014 aprendo la procedura di annessione delle due autoproclamate repubbliche di Lugansk e di Donetsk, ma anche gli assetti stessi dell’Europa emersi nel 1991 con la fine, per implosione, dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche (URSS).

Fra questi assetti è finito nel limbo dell’inesistente il “Memorandum di Budapest” del 5 dicembre 1994, di una importanza ancora maggiore per la sicurezza mondiale. In base a questo memorandum, che vedeva il coinvolgimento dell’OSCE (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa), i tre Stati divenuti indipendenti per la fine dell’URSS che avevano un'eredità militare nucleare – cioè Ucraina, Bielorussia e Kazakhistan – erano obbligati a consegnare alla Russia, allora guidata da Boris Eltsin, tutte le armi atomiche, i missili e le relative strutture nonché a distruggerne le basi costruite nei loro territori.

L’Ucraina era la più dotata. Risulta che (dopo non poche esitazioni) rimosse o distrusse: 130 missili balistici intercontinentali con 6 testate cadauno, con le loro basi per il trasporto; 46 missili balistici intercontinentali con 10 testate ciascuno, con gittata di 11.000 km, e le loro basi; 25 Tu-95MS, bombardieri quadrimotore turboelica strategici; 19 Tu-160 bombardieri strategici supersonici; 1080 missili nucleari terra-aria a lungo raggio e diverse centinaia di armi nucleari di vario genere.

Come contropartita le cinque potenze atomiche riconosciute dalla comunità internazionale, ovvero dall’ONU - cioè Stati Uniti, Russia, Cina, Gran Bretagna e Francia - si rendevano garanti dell’indipendenza e della sovranità di questi tre paesi. Invano l’Ucraina chiese il rispetto del Memorandum quando la Russia, nel febbraio 2014, invase per poi annettere la Crimea ucraina; e quando qualche mese dopo provocò la secessione del Donbass ucraino, dove sarebbero poi state autoproclamante dai filorussi le Repubbliche di Donetsk e Lugansk .

Nelle concitate consultazioni diplomatiche del mondo occidentale con il Cremlino di  questo inizio 2022 - per l’accertata presenza, e minaccia, di almeno 140 mila soldati russi, migliaia di carri armati, cannoni e lanciamissili, alle frontiere  di Russia e Bielorussia con l’Ucraina - il presidente ucraino Volodimir Zelensky ha più volte invocato l’applicazione di questo Memorandum per l’apertura di consultazioni, e comunque per essere tranquillizzato. Ancora invano: tanto che, per rispondere alle sollecitazioni di rispettare l’accordo di Minsk, alla recentissima conferenza sulla sicurezza in Europa, svoltasi a Monaco di Baviera, era giunto a questa conclusione: «Se non avranno luogo o non ci saranno decisioni concrete in merito alle garanzie di sicurezza per il nostro Stato, l’Ucraina avrà tutto il diritto di credere che il Memorandum di Budapest non sia più in atto e tutte le decisioni del pacchetto del 1994 verranno messe in discussione».

Zelensky si era inoltre chiesto quale sarebbe stato il vantaggio per l'Ucraina delle nuove accresciute sanzioni occidentali alla Russia quando quelle imposte per l’annessione della Crimea e il proseguimento da ben otto anni della guerra nel Donbass si erano rivelate non solo insufficienti, ma anche incapaci di fermare le voglie russe.
Vladimir Putin, per nulla interessato alle assicurazioni di un rinvio, addirittura decennale, di un’adesione dell’Ucraina alla NATO, avrebbe interpretato come effettiva l’intenzione di Kiev di dotarsi dell’arma atomica: per difendere quella sovranità che lui, capo di una delle cinque Potenze aveva violato senza che le altre quattro battessero ciglio (e tre di esse sono occidentali).

Si è aperto quindi, con la degenerazione della crisi ucraino-russa e lo “storico” discorso di Putin,  uno scenario molto preoccupante per la sicurezza non solo europea ma mondiale, di fronte al quale appaiono inadeguate le condanne o le deplorazioni per il grave gesto compiuto della Russia. La linea di Putin è molto chiara: considera una minaccia per la Russia l’appartenenza  alla NATO delle nazioni europee che erano state dominate dall’URSS; non potrà mai accettare l’adesione alla NATO di Ucraina, Moldavia e Georgia;  ritiene superati gli Accordi di Minsk, e ancor di più il Memorandum di Budapest.

E su questo sfida apertamente tutto il mondo occidentale. È convinto che, essendo l’Europa divisa sulle nuove sanzioni (soprattutto perché ne sarebbe danneggiata essa stessa), per evitare “il peggio” accetterà di mantenere aperti i canali diplomatici anche continuando a mantenere con i suoi esponenti le umilianti distanze  (“imposte” negli incontri a due dai tavoli anti-Covid lunghi più di cinque metri!). È convinto anche di continuare a far soldi con le forniture di gas: grazie agli aumenti di prezzo non solo si è arricchito ma ha messo in gravi difficoltà l’economia dell’Unione Europea e dei suoi paesi membri. E contemporaneamente si rafforza l'amicizia con la Cina: ha atteso la fine delle Olimpiadi di Pechino per passare all'azione proponendosi - con l'annessione delle due regioni separatiste ucraine, come modello per l'eventuale annessione di Taiwan.

E adesso? Non ci resta che pregare Dio perché la storia riprenda un corso serio, perché “il Signore ci liberi da tutti i mali, conceda la pace ai nostri giorni,e con l’aiuto della sua misericordia ci liberi dal peccato e da ogni turbamento”, illumini e perdoni chi non sa quel che dice e quel che fa, cessi il conflitto tra cristiani e ci sia risparmiata un’Apocalisse.