Crisi energetica in Europa, un danno auto-inflitto
L'energia elettrica non è mai stata così cara in Germania. E nel Regno Unito è dove costa di più. La Svezia subisce i rincari tedeschi. Ed è colpa delle politiche "verdi" dei governi europei.
La crisi del settore automobilistico è sicuramente in cima alle preoccupazioni degli europei, ma c’è un’altra crisi, di cui si parla meno, ma che è alla base della sofferenza economica di questi mesi: il caro energia. Nel Regno Unito, in Germania e in Svezia, è scoppiato il caso la settimana scorsa. I tre paesi si sono trovati alle prese con rincari insostenibili. E si cerca di capire la causa. Benché la congiuntura internazionale non sia delle più facili, con le guerre in corso in aree indispensabili per l’approvvigionamento energetico (Ucraina e Medio Oriente), la vera causa potrebbe essere interna: la scelta deliberata della transizione verde, con le sue inevitabili e costose conseguenze.
Il caso più eclatante è nel Regno Unito, che è fuori dall’Ue dal 2020 e dunque non dovrebbe rispondere ai grandi piani per la decarbonizzazione decisi a Bruxelles. Eppure anche i governi di Londra, nell’arco di poco più di un decennio hanno reso il Regno Unito la nazione dove l’energia è più cara in assoluto, fra i paesi industrializzati. Lo rivela un rapporto ufficiale del governo, pubblicato dal ministro dell’Energia, Ed Miliband. La Gran Bretagna smette di essere competitiva con i paesi dell’eurozona. I dati di giugno 2024 sono: 34 centesimi di euro al kWh contro 13 centesimi al kWh nella media dei 14 paesi europei dell’Ue. Nel 2011 tutta questa differenza non c’era: la media europea era di 8 centesimi al kWh contro 9 centesimi di euro nel Regno Unito.
Secondo David Turver, uno degli esperti di questione energetiche e climatiche più critici nei confronti del governo, la causa del rincaro è da ricercarsi proprio nelle politiche di decarbonizzazione. «Non è il prezzo del gas a portare i nostri prezzi dell'elettricità a livelli così poco competitivi, perché stiamo anche vincendo la medaglia d'oro per il rapporto tra prezzi dell'elettricità e del gas – scrive David Turver – (…) devono essere gli 11 miliardi di sterline di sussidi alle rinnovabili, i 4,6 miliardi di sterline di tasse sul carbonio sotto forma di Emissions Trading Scheme, i 2,5 miliardi di sterline di costi di bilanciamento della rete e il miliardo di sterline di costi del mercato della capacità a portare i prezzi dell'elettricità alle stelle. Sono in programma altri 112 miliardi di sterline di costi della rete di trasmissione per collegare alla rete le fonti rinnovabili remote e intermittenti, che continueranno a far lievitare i prezzi».
I responsabili di questa situazione sono stati sia governi conservatori che laburisti. Ma nell’ultimo governo, il ministro Ed Miliband ha premuto sull’acceleratore della transizione verde, considerata come prioritaria “nell’interesse nazionale”. Se già ora un grande impianto di Stellantis a Luton ha chiuso i battenti, soprattutto per i costi da sostenere in una fabbrica molto energivora. E anche perché il nuovo governo vorrebbe superare l’Ue in fatto di produzione di auto elettriche: fine della produzione dei motori a scoppio entro il 2030.
Il caso più importante (anche per noi) è però in Germania, dove, la scorsa settimana, il prezzo dell’energia elettrica ha toccato i 936 euro MW/h, un record storico. Per la “locomotiva d’Europa” il problema è più facilmente spiegabile: ha rinunciato a tutte le sue centrali nucleari (le ultime sono state spente l’anno scorso) e ha puntato tutto sulle rinnovabili che, sempre dall’anno scorso, costituiscono più della metà dell’offerta. Quando però la natura non asseconda i piani industriali (manca il sole e non c’è abbastanza vento) le centrali elettriche più convenzionali, comprese quelle a carbone che non sono ancora state chiuse, devono sopperire alla carenza di produzione di energia. Oppure deve essere acquistata all’estero, dai paesi, come la Francia che non hanno rinunciato al nucleare. La scarsità provoca l’impennata dei prezzi, con gran danno soprattutto delle industrie pesanti che hanno bisogno di più energia. Nel frattempo, il governo tarda ad autorizzare la costruzione di nuove centrali a gas, per motivi burocratici soprattutto. E il problema si prolungherà nel tempo. Certo, in Germania si tornerà alle urne il prossimo febbraio e il nuovo governo dovrà cambiare rotta, se non vuole perdere il posto di prima economia europea.
Ma l’impennata dei prezzi in Germania non riguarda solo i tedeschi. Anche gli svedesi, nelle regioni meridionali soprattutto, hanno subito un rincaro improvviso, dovuto esclusivamente all’andamento del mercato tedesco dell’energia. La differenza fra regioni è diventata molto evidente. Per fare un paragone su un aspetto comune della vita quotidiana: 10 minuti di doccia a Malmo, nella Svezia meridionale costano 2,65 euro, a Sundsvall (Svezia centrale) solo 1 centesimo. Dunque, nelle città del sud che sono influenza maggiormente dalla Germania si paga 200 volte tanto l’energia elettrica. Ebba Busch, ministro dell’Energia svedese, si dice “furiosa” con la decisione di Berlino di privarsi delle centrali nucleari. Lo ha dichiarato in un’intervista alla televisione Svt: «Hanno fatto delle scelte per il loro paese, ma queste hanno conseguenze (per noi, ndr) molto gravi». La Svezia potrebbe rinegoziare la sua posizione nel mercato unico dell’energia.
Caro bollette, effetto di una strategia energetica suicida
Ieri sera, dalle 20 alle 21, circa 8mila comuni italiani hanno spento le luci sulle loro sedi amministrative e su alcuni dei monumenti principali. Lo hanno fatto per protestare contro il caro bollette. Il governo prova a metterci una pezza, con sgravi e sussidi. Ma è la strategia energetica che lascia a desiderare.