Crisi della cultura più inciviltà: uguale a Sessantotto
Mancanza di cultura e di spirito civico, se volete di legalità; sono queste le principali cause della crisi che stiamo attraversando. Che risente anche di una sfavorevole congiuntura economica internazionale, ma che è un passaggio fatale del declino italiano, culminato negli anni Ottanta, ma iniziato nel Sessantotto.
Mancanza di cultura e di spirito civico, se volete di legalità; sono queste le principali cause della crisi che stiamo attraversando. Che risente anche di una sfavorevole congiuntura economica internazionale, ma che è un passaggio fatale (e speriamo non definitivo) del declino italiano, evidenziatosi con maggiore evidenza a partire dagli anni ottanta del secolo scorso, ma iniziato nel ’68.
La mancanza di cultura ha due matrici, di importanza tra loro comparabile: l’abbandono di usanze e attività conseguente all’inurbamento che ha determinato la perdita o almeno il forte affievolimento della cultura materiale dei nostri popoli, formatasi durante secoli di lavoro e di vita sociale; e il forte deterioramento quantitativo e qualitativo della cultura “alta”, derivante dalla sciagurata, demenziale e delirante orgia iconoclasta che ha trovato il suo apice nel trentennio ’60-’80, che tante conseguenze negative ha lasciato nella scuola e nelle università, e che tuttora seguita a svolgere i suoi effetti nefasti.
Se è vero, come è vero, che è cultura quello che rimane quando tutte le nozioni sono dimenticate, è però anche vero che essa esiste e vive solo se si basa sulle fondamenta costituite dalle cognizioni: al di là del vivere la cultura chi non legge, non capisce o non ricorda moltissime nozioni provenienti da diversi settori del sapere non può dirsi uomo colto. L’aver costruito un sistema di insegnamento nel quale vengono trasmesse poche nozioni è una grave colpa, e lo è anche aver permesso che questo sia avvenuto. Nei fatti, si è rubata ai giovani una buona parte del passato, che non conosceranno, e del futuro, che non sapranno di vivere. Deve essere anche chiaro che leggere cinquemila libri senza capire quello che c’è scritto, come purtroppo capita spesso tra gli “intellettuali”, non significa affatto essere colti; e tanto più grave è la situazione quanto meno l’interessato si rende conto di non aver capito; e questo, tra gli “intellettuali”, succede ancor più spesso.
Non avere cultura, poi, significa non riconoscere e non riconoscersi; e poiché chi non si riconosce non può confrontarsi, l’incolto è destinato a soccombere nella competizione globale: anche questo è uno dei motivi dell’attuale crisi italiana. Le conseguenze pratiche della mancanza, e dell’insufficienza, di cultura sono molte, articolate in tutti i settori della vita nazionale e molto concrete: ci tornerò sopra in altro spazio. Dell’assenza di legalità nel nostro Paese risentiamo tutti, ogni giorno, le conseguenze. Essa deriva dal mancato riconoscimento di un soggetto ordinatore della vita associata che sia ascoltato e rispettato, con leggi anch’esse ascoltate e rispettate, che non abbiano bisogno di un apparato sanzionatorio – il nostro, tra l’altro, è inefficiente e per molti versi iniquo – per essere rispettate e applicate.
Questa mancanza di legalità è visibile e palpabile a tutti i livelli della vita quotidiana: dai giocatori di calcio che assalgono l’arbitro perché non ne accettano la decisione, alle tragicamente attuali occupazioni degli appartamenti con prefetti e forza pubblica che non fanno il loro dovere e non eseguono gli sgomberi, alla corruzione diffusa ormai a livello di metastasi in ogni ganglio e in ogni livello della vita pubblica, ai dimostranti non autorizzati che a volto coperto bloccano le città, producono danni e distruzioni, assaltano le forza dell’ordine. E quelli che ho ricordato sono solo pochi esempi delle migliaia di fattispecie diverse nelle quali il rifiuto della legalità si manifesta.
Tutto questo ha un’origine: è stata la pressione dei gruppi eversivi del 1967-’68 a iniziare lo slittamento; è stata la copertura del Pci, del Psi e dei sindacati a consentirne la crescita; sono state la viltà e l’ignavia dei governanti a determinarne il radicamento nell’immaginario collettivo. In ragione della mia età e del fatto che quegli episodi li ho vissuti in prima persona, queste affermazioni hanno il valore di testimonianza diretta. Sull’argomento sono, per così dire, un testimone oculare. La combinazione di incultura e rigetto della legalità ha portato l’Italia fuori dal gruppo di Stati che seguitano a progredire, e la società italiana ad una crisi senza precedenti: le origini di questi fenomeni sono lontane nel tempo, e vengono da lontano.
A chi osservasse che andare a trovare le radici di una situazione attuale in fatti avvenuti mezzo secolo fa, rispondo che ogni situazione è effetto di avvenimenti e correnti di sensibilità sociale che hanno svolto nel tempo la loro efficacia. La rivoluzione francese trova causa in molti secoli di sfruttamento del popolo da parte della corte e della nobiltà; la rivoluzione americana in decenni di sordità dell’Inghilterra rispetto alle richieste delle colonie; e la stessa guerra sociale del I° secolo a.C. fu decisa dall’assemblea di Corfinio dopo molti anni durante i quali Roma aveva respinto le richieste di parificazione politica dei cittadini delle città alleate. La storia ci mostra che gli avvenimenti, prima di accadere, devono maturare nella coscienza degli uomini; o, come pur capita e sta capitando.