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LA DECISIONE

Covid, la Danimarca dà l’esempio: stop vaccini ai minori

Le autorità sanitarie danesi hanno deciso di interrompere la vaccinazione anti-Covid per i minori di 18 anni. Semplice la base scientifica: «Bambini e giovani solo molto raramente si ammalano gravemente di Covid-19 con la variante Omicron». Recepito così il parere di studiosi seri sul rapporto benefici-rischi. Il direttore generale dell’Autorità generale danese, Søren Brostrøm, ha ammesso in Tv che vaccinare i minori contro il Covid è stato un errore.

Attualità 12_08_2022

Dalla Danimarca arriva una notizia che rappresenta, nell’ambito della sempre più controversa questione delle vaccinazioni anti-Covid, un elemento di notevole importanza. Le autorità sanitarie del governo del Paese nordico, infatti, hanno deciso di sospendere in maniera definitiva la vaccinazione per i minori di 18 anni. La motivazione è stata resa nota sul sito dell’autorità sanitaria danese: «Bambini e giovani solo molto raramente si ammalano gravemente di Covid-19 con la variante Omicron. Pertanto, dal 1° luglio 2022 nei bambini e ragazzi di età inferiore ai 18 anni non sarà più effettuata la prima dose, e dal 1° settembre 2022 non sarà più effettuata la dose di richiamo».

Si tratta di un’importante notizia per chi da sempre ha evidenziato che nei giovani la vaccinazione anti-Covid non è necessaria e addirittura può portare più rischi che benefici. Cosa diranno ora gli ipervaccinisti italiani, da Speranza a Ricciardi, da Burioni a Pregliasco? Che la Danimarca è un Paese “no vax”? La giustificazione scientifica della decisione è di una semplicità disarmante: «Bambini e giovani solo molto raramente si ammalano gravemente di Covid». È l’evidenza clinica e dei dati epidemiologici, che dicono di un tasso di letalità dello 0,00015% sotto ai 20 anni.

Ora il governo danese non ha fatto altro che applicare la logica, e ha recepito il parere degli studiosi seri che, sin dall’anno scorso, da quando le aziende produttrici di vaccini a mRNA avevano ottenuto l’approvazione dagli enti preposti alla somministrazione negli under 18, si erano chiesti che senso avesse vaccinare i bambini, per una malattia in cui l’età media dei deceduti è di 81 anni. Fin dagli inizi la pandemia di Covid-19 si è poco diffusa tra i bambini rispetto agli adulti; si stima che sotto i 20 anni di età la suscettibilità all’infezione sia circa la metà rispetto a chi ha più di 20 anni. In Europa i casi di malattia in età pediatrica sono tra l’1 e il 5% dei casi totali di Covid-19; in Italia il numero dei casi positivi al di sotto dei 18 anni è inferiore all’1% dei casi positivi. Nei bambini l’infezione si manifesta con un quadro clinico più favorevole rispetto all’adulto:il 4,4% è totalmente asintomatico, il 94,1% presenta quadri clinici lievi o moderati.

Tutte queste evidenze scientifiche dimostrano che gli attuali vaccini trovano significato nella protezione delle popolazioni a rischio, come gli anziani, dove la malattia può essere grave e letale. Al contrario, la vaccinazione dei bambini non comporta sostanziali benefici diretti ai riceventi, data la bassa incidenza e le manifestazioni cliniche moderate della malattia nelle fasce pediatriche, né benefici di rilievo per la collettività, poiché i bambini non hanno un ruolo rilevante nella trasmissione del SARS-CoV-2. I vaccini in uso, inoltre, non azzerano la trasmissione dell’infezione, hanno durata indefinita ed efficacia ridotta su alcune delle varianti sinora emerse. Non è stata stabilita, ad oggi, la necessità e la frequenza di dosi di richiamo per mantenere l’immunità conferita con i vaccini (ma già si prospettano con insistenza rivaccinazioni almeno annuali), ed è sconosciuto l’effetto di un’eventuale immunizzazione periodica.

A fronte di benefici minimi o nulli, molti studiosi ritengono che non sia opportuno esporre i bambini né al rischio di eventi avversi immediati né al rischio di eventi avversi a lungo termine ancora non individuati, ma possibili. I sostenitori della vaccinazione pediatrica anti-Covid, di contro a queste evidenze epidemiologiche e cliniche, ribadiscono per l’ennesima volta l’argomentazione della cosiddetta “immunità di gregge”. Ma ormai è chiaro che la vaccinazione da sola non può realizzare questo obiettivo. I bambini più piccoli (in età prescolare e della scuola primaria) sembrano trasmettere il SARS-CoV-2 molto meno rispetto agli adolescenti, che a loro volta sono meno contagiosi degli adulti. I bambini quindi non sono affatto degli untori. Pertanto non esiste nemmeno una giustificazione “altruistica” o “etica” nel vaccinare i bambini al fine di proteggere le popolazioni a rischio, come gli anziani, già oggetto di un’intensa campagna vaccinale.

Per tutte queste ragioni, il direttore generale dell’Autorità sanitaria danese, Søren Brostrøm, ha dichiarato pubblicamente in Tv che la vaccinazione anti-Covid per i minori è stata un errore, e di conseguenza se n’è scusato. Ci si deve ora augurare che la via intrapresa dalla Danimarca diventi un modello da seguire: il principio di precauzione ci impone di non cedere alla fretta di vaccinare i bambini finché non si avrà una conoscenza sufficiente delle implicazioni di questa vaccinazione. L’imperativo ippocratico “primum non nocere” in questo momento storico deve essere tenuto più che mai in considerazione dalle istituzioni sanitarie. Non dovrà mancare nell’agenda del prossimo ministro della Sanità.