Costituzione abortista, Macron punta ad esportarla in UE
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Primo Paese a inserire nella carta costituzionale il diritto all'aborto, la Francia mira all'effetto domino. Che diventa effetto boomerang se la moltiplicazione di diritti conduce al "diritto" nichilista dell'uomo di negare la sua stessa vita.
La Francia, dove un tempo il sovrano si fregiava dell'appellativo di "Sua Maestà cristianissima", è il primo Paese ad inserire la tutela del "diritto" all'aborto in Costituzione. Potrebbe non finire qui: il presidente francese Emmanuel Macron, protocanonico d'onore di San Giovanni in Laterano, ha già fatto sapere di voler condurre una battaglia per arrivare ad un' introduzione analoga nella carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. In una sorta di revival, Parigi sembra candidarsi a diventare di nuovo fonte di un contagio ideologico sul resto d'Europa, quello che Edmund Burke temeva in relazione al giacobinismo alla fine del XVIII secolo.
Col suo proposito, Macron intende fare peggio del suo predecessore Jacques Chirac che s'impuntò per impedire il riferimento alle radici giudaico-cristiane nel preambolo della Costituzione europea. Sarebbe sbagliato, però, giudicare la questione da un punto di vista squisitamente politico: in effetti, così come ieri Chirac era il leader dei gollisti, oggi Marine Le Pen non solo ha votato a favore della revisione costituzionale ma l'ha persino presentata come l'unica "vittoria" del mandato presidenziale del suo rivale.
D'altra parte, la novità che ci troviamo a commentare oggi non è altro che il risultato dell'espulsione della metafisica dal dibattito pubblico e dalla vita politica in generale, non in una parte e basta. Benedetto XVI aveva lanciato l'allarme spiegando che «la moltiplicazione dei diritti conduce da ultimo alla distruzione dell'idea di diritto e conduce necessariamente al "diritto" nichilista dell'uomo di negare se stesso» (Benedetto XVI, Elementi per una discussione sul libro di Marcello Pera, "La Chiesa, i diritti umani e il distacco di Dio", 2014).
L'ingresso dell'interruzione volontaria di gravidanza nella Costituzione francese, accompagnata dalla puntualizzazione del ministro della giustizia Éric Dupond-Moretti sul mantenimento dell'obiezione di coscienza che è «già costituzionale» rende di grande attualità una riflessione sul tema generale contenuta nel libro De veritate. Cinque prospettive di ricerca (Armando Editore, Roma 2023) scritto da Rocco Pezzimenti, professore di Storia delle dottrine politiche e di Filosofia politica all'Università Lumsa. Nel suo intervento dal titolo Verità e diritto: perchè parlare di diritti inalienabili e di obiezione di coscienza?, Pezzimenti ha spiegato che come «le stesse leggi rinviano a un corpus di valori inscritti nella carta fondamentale di un popolo (...) la stessa costituzione, a sua volta, rinvia ad alcuni presupposti tratti dalla tradizione del popolo stesso». Tra questi presupposti, ricorda l'intellettuale cattolico, ci sono «quelli morali e religiosi, anche con le loro impostazioni "metafisiche", [che] come sappiamo dal tempo di Montesquieu per non dire di Cicerone, svolgono un ruolo di primo piano».
A questo punto, il contributo di Pezzimenti coglie nel segno della questione che nel frattempo è diventata dirimente con il voto del Parlamento francese: «le stesse costituzioni – scrive il professore – non possono andare contro tali principi proprio perché essi rappresentano i criteri fondanti di quei diritti inalienabili che ogni costituzione deve rispettare». In effetti, revisioni come quella approvata in Francia non rischiano di mettere in discussione la funzione stessa delle Costituzioni che nascono proprio per dare come fondamento della convivenza comune quei valori condivisi discendenti da concezioni etiche, culturali ed anche religiose?
Pezzimenti si chiede giustamente: «se le costituzioni potessero ignorare nel loro generarsi quei diritti che definiscono fondanti, come si potrebbe parlare di diritti inalienabili?». L'introduzione dell'aborto nella Carta francese e la prospettiva di un effetto domino nel resto d'Europa fa sollevare il dilemma «se i diritti scaturiscono da una legge fondamentale dello Stato o preesistono ad essa». Una domanda che, alla luce del recente voto a Versailles, chiama in ballo il diritto alla vita del concepito. Nel suo De veritate, Pezzimenti cita Antonio Rosmini per sostenere che «la persona "è diritto sussistente" e, per il solo fatto di esistere, possiede dei diritti che nessuna costituzione può ignorare e neppure negare».
Il "contagio" francese può superare le Alpi e arrivare anche in Italia? Occorre ricordare, a proposito del diritto alla vita, la sentenza 35/1997 della Corte costituzionale italiana che nel dichiarare inammissibile un quesito referendario finalizzato a richiedere la totale liberalizzazione dell'aborto, sosteneva come «si è rafforzata la convinzione, insita nella Costituzione italiana, in particolare nell'art.2, secondo la quale il diritto alla vita, inteso nella sua estensione più lata, sia da iscriversi tra i diritti inviolabili, e cioè tra quei diritti che occupano nell'ordinamento una posizione, per dir così, privilegiata, in quanto appartengono – per usare l'espressione della sentenza n. 1146 del 1988 – "all'essenza dei valori supremi su quali si fonda la Costituzione italiana».
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