Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
IL LIBRO

Cos’è la Messa? Domande e risposte sul sacrificio eucaristico

Nel volume “Cos’è la Messa?”, padre Castillo racconta lo stupore dinanzi al sacrificio eucaristico. La Messa è una relazione d’amore, che si apre e si conclude col bacio dell’altare, perché ogni esistenza umana sia raggiunta da Cristo.

Cultura 05_07_2023

Il primo e ultimo gesto liturgico della Messa è il bacio dell’altare perché la celebrazione eucaristica è una relazione d’amore. È questo il cuore del volume Cos’è la Messa? (Cantagalli 2023, pp. 96) di padre Ricardo Reyes Castillo, il quale evidenzia la preziosità di ogni parola, gesto e posizione del corpo quale linguaggio mediante il quale Dio si fa incontrare dall’uomo durante la celebrazione eucaristica, rendendoci partecipi della sua vittoria e della sua eternità nel tempo. È quanto padre Ricardo ha avuto modo di riscoprire proprio grazie all’esperienza di sei mesi in una comunità di tossicodipendenti: nei volti di tali ragazzi ha incontrato «la forza della fede».

Se tutto è stato creato in previsione dell’incontro tra la creatura e il suo Creatore, la Santa Messa è «liturgia cosmica», per dirla con von Balthasar, una liturgia dinamica, fatta di movimento, di continue salite e discese. La celebrazione eucaristica è dunque «incontro di preghiera, un dialogare con Dio, uno stare nella sua presenza, una partecipazione al suo essere in movimento, un continuo dare la vita per ricevere la vita, riconoscere la morte per sperimentare la resurrezione». Si celebra di domenica perché Cristo vuole stravolgere il nostro modo di vivere il tempo in funzione del riposo. «Risorgendo il primo giorno della settimana, ci mostra come l’unico modo per vivere al meglio il tempo è nella certezza della vita immortale. Per questo motivo noi cristiani riposiamo il primo giorno della settimana, la domenica, e in forza di quel riposo, che è la vittoria sulla sofferenza e la morte, possiamo vivere l’oggi senza essere schiavi delle paure del domani».

Il segno di croce iniziale testimonia che l’uomo ha fatto esperienza di un Dio-Amore. L’atto penitenziale costituisce invece «la prima grande discesa, l’abbassarsi per lasciarsi amare e per amare»; è la consegna del «che cosa stai vivendo che ti rende triste» che permette a Cristo di chinarsi sulle nostre ferite come nel gesto della lavanda dei piedi. È quella contrizione interiore che lascia a Dio lo spazio per intervenire, nella misura in cui «riconosciamo le nostre morti per sperimentare la presenza di Dio che si abbassa per salvarci». C’è quindi la prima ascesa, il Gloria, che culmina nella preghiera Colletta, la quale si compone di quattro momenti: il Preghiamo, un invito alla preghiera; il silenzio per lasciar agire Dio in noi; la raccolta delle nostre preghiere e l’Amen, ossia l’interiorizzazione da parte dei fedeli delle parole di tale orazione.

Quindi nella “seconda discesa” ci si siede per accogliere la parola di Dio. Ciò comporta «smettere di ascoltare noi stessi e lasciare spazio perché Lui sia in noi». La "seconda ascesa" comincia con l’Alleluia per proseguire con Vangelo, Credo e Preghiere dei fedeli perché il suo Spirito viva in noi. Quindi nella "terza discesa", rappresentata dalla presentazione dei doni e dall’offertorio, «il nostro sacrificio è l’offerta delle nostre sofferenze e povertà al Signore per partecipare con Lui al Suo sacrificio. Dio desidera che noi lo vediamo, che vediamo il suo agire in noi». In questa prospettiva si colloca anche «l’offerta in denaro quale gesto che esprime apertura interiore: donarsi per incontrare il vero dono di Dio che è l’Eucarestia». Il significato profondo della processione offertoriale consiste nel fatto che «Cristo usa il nostro poco, il nostro niente e ci dà tutto, questo è il vero dono: la preparazione dei doni in cui Dio trasforma la nostra condizione».

La liturgia è «il santo gioco di Dio», per dirla con Romano Guardini. È Lui che dispone le regole con cui desidera essere adorato in modo che noi, obbedendo a tali disposizioni in seno alla Chiesa, possiamo provare «la vita che sarà con Dio, la promessa di eternità». La celebrazione eucaristica consente infatti di «entrare in un’altra dimensione e partecipare alla dimensione del Risorto: entriamo in quell’evento unico che rende presente la vittoria di Cristo su ogni limite, sullo spazio, sul tempo, sul peccato, sulla morte. È il medesimo evento che avvenne a Gerusalemme più di duemila anni fa, è unico, ma è il medesimo che si perpetua quotidianamente su ogni altare», così da sperimentare l’eternità di Dio.

Nella “terza ascesa” il cielo è aperto dinanzi all’Eterno, “sono in alto i nostri cuori” e «Dio esaudisce nell’Eucarestia il desiderio dell’uomo di eternità, di cielo, di rinascita». Perciò si piegano le ginocchia in segno di adorazione dinanzi alla Sua presenza durante la consacrazione del pane e del vino che ci consentono «di fare propria la sua esistenza nella nostra e diventare una sola carne con Lui». Nutrirsi di Cristo ci fa, come Maria, «trovare la grazia di stare presso Dio. Nell’Eucarestia siamo chiamati ad aprirci alla voce di Dio che parla nel nostro intimo, lasciando spazio ai consigli dello Spirito Santo». Insomma l’Eucarestia racchiude in sé la chiamata di tutta la nostra vita a rimanere in Cristo. Poi, si recita il Padre nostro «per chiedere di nutrirci di Te per essere uno con te e con la comunità»; ciò è fonte di unità e di pace nel cuore dell’uomo e tra i fratelli.

Arriva finalmente «il momento più prezioso: stare con lo Sposo». È questa la Santa Comunione da viversi nel silenzio interiore in «un movimento stazionale, contemplativo, nuziale. La Messa presenta infine una conclusione aperta, nella misura in cui «il movimento vissuto in ogni liturgia suscita un profondo cambiamento nella nostra vita e un impegno a perpetuarne gli effetti nella quotidianità della propria vocazione».

Il volume di padre Ricardo ha il pregio di raccontare della Santa Messa secondo la formula domanda-risposta, e dunque con parole significative e chiare, profonde e nel contempo accessibili, corredate da splendide illustrazioni di suor Eleonora Maria Calvo, esplicative anche dei contenuti teologici più complessi attraverso la forza evocatrice delle immagini.