Coppie gay e utero in affitto, deriva Lgbt sull'altare
In una chiesa del Minnesota il parroco introduce la messa con la testimonianza di una coppia gay che si presenta con un bambino da utero in affitto. Ormai il conformarsi delle parrocchie all'ideologia Lgbt dilaga e solo pochi vescovi osano contrastarlo. Serve chiedersi come si sia arrivati a questo.
L’arcobalenizzazione di parti del mondo cattolico sempre più Lgbt e sempre meno cattoliche, purtroppo, procede a tappe forzate. Ormai non passa più quasi giorno, infatti, senza che da qualche parrocchia, nel mondo, non giungano notizie da far rizzare i capelli. L’ultima arriva dagli Stati Uniti, precisamente dalla comunità di santa Giovanna d’Arco, nel Minnesota, dove domenica scorsa, 13 gennaio, il parroco, padre Jim DeBruycker, ha pensato bene di far precedere la celebrazione della santa Messa da una testimonianza, come fa da qualche tempo. Solo che stavolta la testimonianza era quella di Alan Nachtigal e Blake Wilson, una coppia omosessuale orgogliosa di essere tale. Ora, in tempi normali già questo sarebbe scandaloso e sufficiente a scatenare l’indignazione collettiva.
Ma siccome questi, ahinoi, proprio tempi normali non sono, a rendere l’iniziativa del sacerdote americano ancora più surreale c’è il fatto che detta coppia, “sposatasi” nel settembre di cinque anni fa, si è presentata ai fedeli - diversi dei quali increduli, altri, purtroppo, entusiasti -, con il piccolo Cohen, di un anno, un bambino concepito in vitro e ottenuto da Nachtigal e Wilson tramite l’utero in affitto. «Proprio come Gesù», ha esordito Wilson per rompere il ghiacchio, «anche Cohen ha due papà». In effetti, una battuta blasfema era esattamente quel che mancava per rendere il quadretto completo.
Ricapitolando, in un sol colpo padre DeBruycker ha promosso la legittimazione della pratica omosessuale, l’umiliazione del matrimonio, la sponsorizzazione della fecondazione extracorporea e di quell’abominio che viene eufemisticamente chiamato maternità surrogata. Un piccolo grande capolavoro di immoralità che non è passato inosservato, anche perché lo show dei due “papà” è finito su Youtube. Al punto che è stato visto perfino da mons. Bernard Anthony Hebda, arcivescovo metropolita di Saint Paul e Minneapolis, il quale, com’è comprensibile, sulle prime stentava a credere ai propri occhi.
«Sono profondamente preoccupato», ha dichiarato Hebda, «che la presentazione possa aver erroneamente suggerito ai presenti che la Chiesa cattolica approva il matrimonio fra persone dello stesso sesso, la fecondazione in vitro o la maternità surrogata». Purtroppo, considerando la visibilità che ha ottenuto la presentazione di Nachtigal e Wilson, che uno stravolgimento della posizione della Chiesa sui temi etici possa essere passato, come messaggio, più che un rischio è una certezza. Questo non deve certo portare a colpevolizzare l’arcivescovo di Saint Paul e Minneapolis che, con la sua presenza alla Marcia per la vita di Washington DC, dimostra di essere un pastore coraggioso e controcorrente e che ha sottolineato di voler andare fino in fondo a questa storia: «L'Arcidiocesi ha già contattato il parroco in questione, ed io incontrerò lui e i dirigenti della parrocchia per discutere al più presto di questa situazione».
In realtà, neppure prendersela con padre DeBruycker, che pure ha chiaramente responsabilità molto gravi su quanto accaduto, serve a più di tanto. Il vero problema, infatti, è quello che si diceva all’inizio e cioè un conformarsi diffuso di intere parrocchie, qua e là, all’ideologia Lgbt. Un conformarsi che non può quindi essere ascritto alle responsabilità delle singoli diocesi ma che riflette, evidentemente, un disordine più generale, stratificatosi nei decenni.
Come mai oggi i pastori stessi, salvo lodevoli eccezioni, non solo faticano a dire parole di verità sull’uomo ma giungono, in alcuni casi, a promuovere un vero e proprio ribaltamento antropologico? Per quale motivo si è perso il coraggio non di ribadire, ma pure di affermare l’ovvio? L’antidoto al caos odierno è senza dubbio nelle risposte a queste domande.