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amnesie cardinalizie

Contro il rito antico Cupich cita Wojtyla. A sproposito

Il porporato progressista fa leva sulla stima espressa da Giovanni Paolo II per la riforma liturgica e si spinge ad accusare i fedeli "tridentini" di peccare contro lo Spirito Santo. Ma fu proprio il Papa polacco a riaprire le porte alla Messa tradizionale.

Borgo Pio 03_03_2023

Non poteva mancare il cardinal Blaise Cupich a schierarsi a favore della guerra anti-tradizionale innescata dal motu proprio Traditionis Custodes. L'arcivescovo di Chicago, uno degli "uomini di papa Francesco" e alfiere dell'ala progressista interviene con un articolo intitolato Nella fedeltà ai suggerimenti dello Spirito, apparso sulla rivista America dei Gesuiti e tradotto in italiano sull'Osservatore Romano.

Contro il rito antico Cupich si appella (malamente) a San Giovanni Paolo II, dimenticando che questi fu il primo a riaprire le porte a quella liturgia che ogni viene nuovamente segregata dal successore argentino. Il succo del discorso è: poiché Giovanni Paolo II ha detto ripetutamente che il rinnovamento liturgico post-conciliare è stato opera dello Spirito, quanti ora restano legati al rito antico, invece di considerare quello nuovo come unica forma della liturgia, resistono allo Spirito: «i persistenti rifiuti degli sforzi del Santo Padre per realizzare l’obiettivo della piena accettazione della liturgia riformata come unica espressione» della lex orandi «dovremmo chiamarli con il loro vero nome: fare resistenza ai suggerimenti dello Spirito santo e minare la fedeltà autentica alla Sede di Pietro», scrive il porporato. Mica da poco: il peccato contro lo Spirito Santo è quello che non sarà perdonato, avverte il Signore. Insomma, gli estimatori della liturgia tradizionale sarebbero nei guai, o forse no. Perché qualcosa non torna nel discorso di Cupich. È vero che papa Wojtyla aveva una grande considerazione per il Vaticano II e per quanto ne era scaturito, compresa la riforma liturgica. Ma l'appiglio giovanpaolino per Cupich si ferma qui.

Papa Wojtyla non considerava affatto la riforma liturgica come unica espressione della lex credendi, e men che meno si sentiva in dovere di estirparne le espressioni precedenti. Anzi, fu proprio lui il primo a emanare disposizioni favorevoli al rito antico e anche a esprimere grande rispetto per i fedeli che vi erano legati. Lo fece dapprima con la lettera Quattuor abhinc annos del 1984 e poi nel 1988 con il motu proprio Ecclesia Dei, che affermava a chiare lettere: «dovrà essere ovunque rispettato l'animo di tutti coloro che si sentono legati alla tradizione liturgica latina, mediante un'ampia e generosa applicazione delle direttive, già da tempo emanate dalla Sede Apostolica, per l'uso del Messale Romano secondo l'edizione tipica del 1962». Un'ampia e generosa applicazione e un rispetto che rappresentavano l'esatto contrario della tabula rasa auspicata da Cupich, da Roche... e non solo.