Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
controllato o controllore?

Conte l'incompatibile, un "guastatore" in Commissione Covid

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Gli interventi dell'ex premier in Commissione Covid sono sempre per stigmatizzare le opinioni degli auditi. Il suo ruolo si conferma incompatibile perché è lui che dovrebbe essere ascoltato. E citando Draghi si tradisce. 

Editoriali 17_10_2024

Lo avevamo scritto e puntualmente si sta verificando. La presenza di Giuseppe Conte tra i commissari della Bicamerale Covid si sta rivelando un ostacolo al corretto svolgimento dei lavori. Lo diciamo sine ira ac studio, ma visto come sono andate le prime due giornate di audizioni, è ormai chiaro che la strategia dell’ex premier è quella di affrontare con l’elmetto la Commissione che sta indagando sugli errori dei governi pandemici, compreso il suo, rispondendo colpo su colpo a qualunque sollecitazione arrivi contro il suo operato di allora.

È parso chiaro anche martedì nel corso dell’audizione di alcune rappresentanze sindacali di medici e in particolare durante l’audizione del dottor Dario Giacomini dell’associazione ContiamoCi. Giacomini ha portato, dati alla mano, diverse evidenze: l’assenza di cure tempestive da parte dei medici nella prima ondata, tra cui quelle sul plasma iperimmune – già citate nei giorni precedenti dai comitati dei famigliari vittime -, ma anche su alcune terapie sperimentali che vennero effettuate in ambito ospedaliero e che diedero dei risultati incoraggianti, ma che non vennero prese in considerazione da Aifa. Ma ha anche parlato delle evidenze che hanno reso inutile il vaccino come “farmaco” sterilizzante per impedire il contagio da Covid e ha concluso argomentando che sulla base di queste evidenze, tra cui articoli del New England Journal of Medicine e gli stessi “bugiardini” delle case farmaceutiche, l’imposizione del Green pass e della vaccinazione coatta si sono rivelati sbagliati.

Temi, questi ultimi (vaccini e green pass), che però esulavano dall’argomento che la commissione si è incaricata di indagare in questa prima fase dei lavori e cioè la gestione della prima ondata pandemica. Questo ha provocato un vivace battibecco tra il presidente Marco Lisei e il deputato Stefano Benigni a cui poi si è aggiunto lo stesso Conte. Lisei ha invitato i membri della commissione a rivolgere domande agli auditi solo relativamente agli argomenti strettamente inerenti alla prima fase pandemica e non sugli altri temi che verranno affrontati successivamente.

E lí è partita la dura reazione di Conte, che ha affrontato Lisei dicendogli di trovarsi in «totale disaccordo sui metodi di gestione dei lavori, lei ci impedisce di fare domande». Uno sgarbo che Lisei ha cercato diplomaticamente di incassare, invitando i deputati ad affrontare nell’ufficio di presidenza ogni tipo di problematica inerente alle modalità di intervento degli auditi e relative domande. Posizione, questa, auspicata anche dalla deputata FdI Alice Buonguerrieri.

Ma ormai Conte era un fiume in piena. L’ex “avvocato del popolo”, infatti, ha preso la parola non per fare domande agli auditi, ma per stigmatizzare l’intervento di Giacomini, soprattutto in riferimento al passaggio su Draghi. «Questo non è un diritto libero di tribuna – ha detto Conte – noi non possiamo lasciare che vengano veicolate al pubblico posizioni scientifiche opinabili e venga veicolata la gestione del governo Draghi perché poi dovremo allora chiamare Draghi per dare diritto di replica a queste opinioni del tutto gratuite».

Alla fine, Lisei ha ricomposto la discussione, ma le parole di Conte sono significative ed evidenziano che l’ex premier si è fatto inserire nella Bicamerale fondamentalmente come “guastatore” dei lavori.

I suoi continui rimbrotti ora sul metodo ora sulle affermazioni degli auditi rischiano di intimidire persone che non sono abituate né al dibattito parlamentare né a quello forense, ma questo non significa che non debbano essere ascoltati o non siano portatori di verità, spesso vissute sulla pelle e sperimentate in scienza e coscienza. Ma per Conte tutte le verità portate dai testimoni in aula sono solo «opinioni discutibili». Invece sono evidenze scientifiche, come appunto il fatto che il vaccino non fermasse il contagio. Anche nella precedente audizione aveva pesatamente stigmatizzato una dichiarazione di un famigliare di una vittima Covid in un passaggio della sua audizione in cui criticava la posizione della Chiesa durante la pandemia. Opinioni, si dirà, ma esattamente come quelle di Conte, che però si deve incaricare ogni volta di fare il controcanto per anestetizzare i lavori e inibire ogni tipo di critica. Sembra quasi che voglia sabotare i lavori, nella comoda posizione di commissario, che può fare domande ma non può essere audito.

E veniamo al punto dolente della questione: Conte dovrebbe essere audito come testimone della gestione della pandemia, non può stare dalla parte dei controllori quando invece la Commissione si è data il compito di analizzare tutte le storture avvenute anche durante il suo governo e quindi dovrebbe essere nella parte del controllato. Di questo Conte è consapevole ed è per questo che è al “riparo” in Commissione, almeno fino a quando i presidenti della Camera Lorenzo Fontana e del Senato, Ignazio La Russa non scioglieranno l’ingarbugliata matassa e non decideranno che Conte non può sedere tra i commissari perché il suo ruolo di ex premier lo mette in realtà nella parte degli auditi. E dopo queste ultime due uscite del leader Cinque Stelle un loro intervento è quanto mai necessario.

E in questo Conte si è “tradito” proprio quando ha evocato la necessità di sentire in futuro l’allora premier Draghi, cosa peraltro auspicabile. Ma allo stesso modo in cui si sentirà Draghi, allora, si dovrà sentire anche Conte, ma come sarà possibile audirlo se resta nel suo ruolo di commissario?

La questione è stata poi successivamente affrontata nell'ufficio di presidenza. Conte ha annunciato la sua volontà di essere audito, ma anche la sua totale indisponibilità a dimettersi, chiedendo al presidente Lisei di ragionare insieme per trovare una formula che salvi la forma e gli consenta di essere audito ma senza doversi dimettere. 

Così Lisei ha proposto di seguire una strada - del tutto da approfondire dal punto di vista regolamentare - che preveda delle dimissioni pro tempore per consentire a Conte di essere audito e poi di rientrare in Commissione dopo l'audizione. Ma anche questa strada di compromesso è stata esclusa categoricamente dall'ex premier tanto che quando l'onorevole Buongierrieri gli ha chiesto se per caso la sua disponibilità non fosse per caso un "vorrei ma non posso", Conte si è indignato per questa "insinuazione". 

Quindi la partita è in stallo, ma va risolta: Conte dice di voler essere audito, ma per essere audito deve dimettersi, solo che non intende dimettersi. Una quadratura del cerchio impossibile. 



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