CO2. Paesi ricchi, egoisti e in mala fede
Secondo i paesi poveri spetta a quelli ricchi fermare il riscaldamento del pianeta e aiutare i poveri a sopportare i danni dell’aumento delle temperature già verificatosi
I ministri dei paesi in via di sviluppo che hanno partecipato a Milano all’incontro preliminare al vertice Cop26 sul clima in programma a Glasgow il prossimo mese hanno detto che è assolutamente inaccettabile permettere alle temperature di salire di più di 1,5 gradi centigradi rispetto ai livelli preindustriali perché sarebbe estremamente pericoloso. Hanno detto di stare già sperimentando i danni alle economie dei loro paesi causati dall’attuale aumento di un grado. “Stiamo parlando di vite umane, di mezzi di sussistenza – ha detto il ministro di Grenada, Simon Steill, rivolgendosi ai rappresentanti dei paesi ricchi – gli specchietti per le allodole qui non valgono. Ogni azione che si intraprende, ogni decisione deve essere in funzione dell’1.5 gradi, non abbiamo scelta”. Un ministro ha accusato il mondo ricco “di egoismo o di mala fede”. Alcuni delegati di paesi poveri hanno apertamente accusato i paesi ricchi di non essere sufficientemente impegnati a contenere l’aumento della temperatura a 1,5 gradi perché sono ricche abbastanza da potersi adattare ai cambiamenti: “non gli importa dell’1,5 gradi perché se il livello del mare sale hanno i mezzi per costruire delle dighe e possono restarsene lì all’interno delle loro alte mura di benessere – ha detto Tosi Mpanu Mpanu, della Repubblica democratica del Congo – alcuni paesi hanno la volontà di fare ma non ne hanno i mezzi, altri hanno i mezzi ma non la volontà. E dunque, come facciamo a trovare la giusta via?”. Su questo, peraltro, tutti i 50 ministri presenti si sono trovati d’accordo: a condurre le danze devono essere i paesi del G20. L’inviato speciale degli Stati Uniti John Kelly ha detto che tutte le maggiori economie “devono sforzarsi” di far il massimo possibile”.