Cirinnà, non è una questione di location
Condannati i sindaci che hanno celebrato le unioni civili in luoghi differenti rispetto a quelli dove si celebrano i matrimoni. E' strategicamente sbagliato giocare di rimessa sui principi non negoziabili. Non bisogna perdersi nelle sfumature del male. Vale per molti cattolici.
Laddove non arriva la legge arrivano i giudici. Alcuni sindaci hanno deciso di far celebrare le unioni civili in luoghi differenti rispetto a quelli dove si celebrano i matrimoni. In due casi la decisione è stata recentemente annullata dai tribunali amministrativi regionali. A Padova, dietro ricorso dell’Arcigay, i giudici hanno sentenziato che l’amministrazione comunale “non ha fornito adeguati elementi a giustificazione delle proprie scelte in ordine a giorni e luoghi dedicati alle dichiarazioni di costituzione delle unioni civili, atti a fugare i sospetti di un intento discriminatorio”.
Stesso copione si è ripetuto qualche giorno fa a Stezzano in provincia di Bergamo. Sempre i solerti militanti dell’Arcigay e della Rete Lenford – un gruppo di avvocati che da anni patrocinano le cause a difesa delle rivendicazioni dei gay – hanno trascinato in giudizio l’amministrazione comunale perché aveva destinato una sala differente da quella per i matrimoni per la celebrazione delle unioni civili. In questo caso addirittura il comune dovrà sborsare 4mila euro a favore della coppia omosessuale.
Da una parte scegliere ambienti differenti per la celebrazione dei matrimoni e delle unioni civili rispecchia la lettera della legge Cirinnà la quale qualifica l’unione civile come “specifica formazione sociale” e non come “matrimonio” (art. 1 comma 1). Il rimando, peraltro assolutamente erroneo, è all’art. 2 della Costituzione, non certo all’art. 29 che disciplina il matrimonio. Quindi in punta di diritto se la stessa Cirinnà non ha voluto equiparare matrimonio e unione civile è logico e congruo che questa mancanza di equiparazione sopravviva anche all’atto della celebrazione. Ma passando dalla lettera alla legge alla sua ratio, quindi dagli aspetti formali a quelli sostanziali, è di tutta evidenza che le unioni civili sono matrimoni civili, difettando solo del dovere di fedeltà (ma un recente disegno di legge vorrebbe cancellare tale dovere anche per i coniugi così da togliere anche questa differenza) e della possibilità di adottare qualsivoglia minore. In tal prospettiva il luogo della celebrazione per le unioni civili dovrebbe essere il medesimo di quello deputato alla celebrazione delle nozze.
La questione, al netto dell’ottima volontà di quei primi cittadini contrari alle unioni civili e che cercano dunque di ostacolarle in tutti i modi, è di lana caprina. La duplice bocciatura da parte del Tar delle delibere dei sindaci ci fa comprendere ancora una volta che è strategicamente errato giocare di rimessa sui principi non negoziabili. Assegnare un ufficietto alle coppie gay che si vogliono unire civilmente, delegare la celebrazione a terzi, lottare fino alla morte perché il dovere di fedeltà non venga richiesto anche alle coppie omo è operazione di cabotaggio a corto raggio che prima o poi si rivelerà fallimentare. E’ perdersi nelle sfumature del male, dimenticandosi del male, cioè dell’omosessualità che è diventata con la Cirinnà un bene giuridico.
E’ il solito inganno in cui cadono molti - anche tra i cattolici - seppur in ottima fede e animati da speranze altrettante ottime. E’ l’inganno che ha portato molti a battagliare contro le pillole abortive difendendo l’aborto chirurgico, a lottare per il testamento biologico credendo così di fare terra bruciata a danno di chi vuole l’eutanasia, ad impegnarsi per le provette piene di gameti omologhi credendo così di scampare all’eterologa. Ora si vogliono locali differenti per gli etero e gli omo in comune tentando così disperatamente di far comprendere che unioni civili e matrimoni non sono la stessa cosa. Ma se non si va alla radice del problema cercando di debellarlo la sconfitta sarà a tutto campo e si patirà anche sulle questioni accessorie come queste che riguardano gli spazi per la celebrazione delle unioni civili.
Bene dunque trovare tutti quegli strumenti di deterrenza alle unioni civili, a patto di evitare forme di collaborazione alle stesse, ma senza scordarsi il nocciolo della questione che invece a distanza di poco più di sette mesi è già stato ingoiato e digerito un po’ da tutti: nessun riconoscimento giuridico ad una relazione tra due persone dello stesso sesso. In breve, torniamo ai fondamentali.