Cina-Vaticano, due anni dopo c'è più persecuzione
A due anni dalla firma degli accordi provvisori fra Cina e Santa Sede, non possiamo ancora conoscere il loro contenuto, ma possiamo valutarne gli effetti sulla vita di sacerdoti e fedeli. L’agenzia Asia News ha raccolto una serie di testimonianze, che dimostrano come la persecuzione sia in aumento
LA CHIESA DI HONG KONG di Aurelio Porfiri
“Rispetto alla Chiesa nel sud, la nostra situazione è piuttosto tranquilla. Negli anni passati abbiamo avuto una nostra sede relativamente stabile; le messe domenicali, le messe solenni e tutte le attività di preghiera procedevano in modo piuttosto regolare. Tutto questo è terminato con la firma dell’Accordo provvisorio sino-vaticano del 22 settembre 2018. In vista del Natale 2018, il personale del governo locale è arrivato per dirci che il nostro luogo di incontro sarebbe bandito”. Lo afferma un fedele laico cinese, “Benedetto” (pseudonimo) all’agenzia missionaria Asia News. A due anni dalla firma degli accordi provvisori fra Cina e Santa Sede, non possiamo ancora conoscere il loro contenuto, ma possiamo valutarne gli effetti sulla vita di sacerdoti e fedeli. L’agenzia Asia News ha raccolto una serie di testimonianze (anonime, per motivi di sicurezza), di fedeli cattolici cinesi e sacerdoti. Il quadro che ne emerge è chiaramente quello di un peggioramento delle condizioni di vita e libertà di culto.
Quel che si rileva dalle testimonianze, soprattutto, è il duplice sforzo di far rientrare la Chiesa “sotterranea” (fedele al Vaticano) in quella “patriottica” (fedele al Partito) e poi ridurre quest’ultima, sia in termini numerici che di importanza. L’obiettivo è palesemente quello di trasformare la Chiesa in un organo di propaganda del Partito. John, di Shanghai, racconta: “ho avuto un piccolo shock quando ho cominciato a vedere per la prima volta la bandiera nazionale fuori dell’edificio della chiesa. Non c’è nulla di sbagliato nell’esporre la bandiera nazionale. Ma per affermare lo slogan ‘amare la patria, amare la Chiesa’ [“Ai guo, ai jiao” è lo slogan dell’Associazione patriottica, fatto proprio anche dal Consiglio dei vescovi cinesi riconosciuti dal governo], non sarebbe meglio esporre anche e nello stesso tempo la bandiera della fede, ad esempio quella del Vaticano o quella della parrocchia?” Maria, che abita in un’altra regione della Cina continentale, conferma: “I muri esterni della parrocchia sono tappezzati delle numerose norme riguardanti la cultura cinese e l’amministrazione della Chiesa; la bandiera sventola sul campanile, accanto alla croce, come se volesse sostituirsi alla luce della croce”.
La pandemia di Covid-19 ha ulteriormente peggiorato le condizioni delle chiese in Cina, costrette a chiudere e a riaprire solo dopo diversi mesi. E solo a determinate condizioni, molto politiche e per nulla sanitarie: le persone che desiderano entrare nei luoghi di culto devono prima registrarsi online, fornendo tutti i loro dati personali. Le chiese possono riaprire, ma solo se promettono di impartire ai fedeli anche educazione patriottica e di rispettare i “quattro requisiti”: cerimonia dell’alzabandiera, insegnamento e promozione delle leggi cinesi, predicazione dei valori fondamentali del socialismo, promozione della cultura tradizionale cinese. La campagna dei “quattro requisiti” è incominciata proprio nel 2018 (l’anno dell’accordo) e con la pandemia ha subito un’ulteriore accelerazione.
I controlli per l’applicazione delle regole sono ossessivi. Come testimonia Teresa ad Asia News: “In questi due anni, la diocesi ha affrontato sempre maggiori pressioni. Ad esempio, la domenica, fin dal mattino, il governo invia il proprio personale in chiesa per controllare. Alcuni si mettono davanti all’entrata, altri si siedono nelle file in fondo, altri gironzolano qua e là: il loro scopo è vedere il funzionamento della chiesa e le sue attività. Per di più, il personale che rimane davanti all’entrata, verifica che i ragazzi sotto i 18 anni o appena compiuti non entrino in chiesa. Quando vedono bambini, o scolari delle elementari, medie e superiori che vogliono entrarvi, li costringono a tornare a casa, imprendendo loro di stare in parrocchia. È severamente vietato organizzare corsi di catechismo per i minori; anche le aule sono chiuse: insomma, una grande desolazione!”
Ciò avviene nelle chiese ufficiali, in quelle sotterranee, invece, si affronta una persecuzione conclamata. In aprile, nella provincia sudorientale dello Jiangxi, l’amministrazione locale ha costretto alcuni dei sacerdoti diocesani, che si rifiutavano di aderire all’Associazione patriottica cattolica cinese (APCC), a seguire un corso di formazione patriottica di tre giorni. Un mese prima, nella provincia dello Hebei, le autorità hanno costretto agli arresti domiciliari in un hotel un sacerdote cattolico di 83 anni per costringerlo ad aderire all’APCC. Dopo tre giorni i sintomi di un infarto ne hanno però reso necessario il ricovero in ospedale. Il religioso è stato dunque rimandato nella propria città natale con il divieto di celebrare la Messa e altre funzioni religiose. La polizia controlla gli accessi delle chiese in cui celebrava la Messa, per impedire che vi ritorni o che i fedeli vi si riuniscano ancora.
La situazione della Chiesa sotterranea è confermata da don Francesco, su Asia News: “Dopo la firma dell’Accordo sino-vaticano, le politiche religiose della nostra diocesi non solo non si sono allentate, anzi si sono ristrette ancor di più. Le autorità radunano spesso i sacerdoti per i corsi di formazione, spingono i sacerdoti sotterranei a iscriversi all’Associazione Patriottica, li arrestano portandoli in luoghi segreti per cambiare la loro mentalità”. E don Paolo: “Dopo la firma dell’Accordo sino-vaticano, la situazione della Chiesa sotterranea è sempre più critica, i luoghi di preghiera parrocchiali sono stati chiusi, non è più neanche permessa la celebrazione pubblica della messa domenicale, i sacerdoti non possono fare altro che celebrare privatamente la messa nella casa di qualche fedele, senza comunicare troppi fedeli per la partecipazione. Nonostante ciò, anche le messe private sono spesso fermate dai funzionari locali, per non parlare dei corsi di catechesi”.
Un altro sacerdote che ha fornito la sua testimonianza all’agenzia missionaria, elenca le regole draconiane del nuovo Regolamento per gli affari religiosi aggiornato nel 2018. Non solo ai membri del Partito è severamente vietata l’appartenenza ad ogni religione, ma anche a tutti coloro che lavorano nel settore pubblico. “Agli impiegati degli organi statali e delle istituzioni pubbliche, che non sono membri del Partito, è richiesto di firmare un documento in cui promettono che non professeranno nessuna religione. Molti fedeli che lavorano negli organi statali e nelle istituzioni pubbliche, per paura di perdere il posto di lavoro, tradiscono la propria religione e abbandonano la propria fede”. Le regole riguardano tutti: “Non è permesso far professare la fede ai minori di 18 anni”. “Ai cittadini che credono in una religione non è permesso di essere arruolati nell’esercito”. “La Chiesa non può organizzare nessuna attività educativa”. “Una università ha proibito agli studenti cattolici di partecipare alla messa domenicale”. Il regime cinese ricorre anche a veri e propri trucchi per chiudere le chiese, anche quelle ufficialmente riconosciute: “Le chiese, pur registrate, vengono spesso chiuse con il pretesto che il ‘numero di fedeli è troppo esiguo’. Al momento della registrazione, i funzionari locali suggeriscono verbalmente la Chiesa a ‘non registrare troppi fedeli’, e così, alcune parrocchie ne hanno registrato solo pochi. Dopodiché il governo sostiene che ‘non si può usare la chiesa con così poche persone’, e la si chiude”.