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Chissà perché Facebook censura sant’Agostino

Due sacerdoti pubblicano su Facebook una citazione del santo d’Ippona che rispecchia un insegnamento di Gesù. Post rimosso. Stessa sorte per un amico. Il motivo? È un “discorso d’odio”. Dopo giorni di proteste, il colosso di Zuckerberg fa marcia indietro. Ma rimane il modo d'agire liberticida, tipico del pensiero unico.

Attualità 20_07_2019

Sotto la scure della censura, solitamente a senso unico, di Facebook ci mancava solo sant’Agostino. Forse una riflessione mal riuscita nella sterminata opera del Doctor Gratiae? Tutt’altro. Si tratta di un pensiero espresso in una sua omelia che rispecchia pienamente un insegnamento di Gesù nel Vangelo e che non a caso la Chiesa include nell’Ufficio delle letture per la Liturgia delle Ore, alla XIV domenica del Tempo ordinario, che quest’anno cadeva il 7 luglio. Ebbene, la vicenda che vogliamo raccontarvi ha inizio nel corso della settimana successiva, quando un sacerdote americano, padre Matt Wescott, posta su Facebook un estratto del sermone di sant’Agostino.

Ecco la citazione del santo di Ippona: «Non presumiamo affatto di essere perfetti e che la nostra vita sia senza peccato. Sia data alla condotta quella lode che non dimentichi la necessità del perdono. Gli uomini privi di speranza, quanto meno badano ai propri peccati, tanto più si occupano di quelli altrui. Infatti cercano non che cosa correggere, ma che cosa biasimare. E siccome non possono scusare se stessi, sono pronti ad accusare gli altri».

Post rimosso dagli amministratori di Facebook senza fornire alcuna spiegazione. Informato dall’amico e incuriosito da quella rimozione assurda, un altro sacerdote, padre Chip Hines, decide di pubblicare la stessa citazione del santo. Risultato? Rimosso anche il suo post. Forse è colpa di un algoritmo mal fatto? No, come vedremo.

Interviene a quel punto un amico comune dei due sacerdoti, un attivista pro vita di nome Domenico Bettinelli, residente nel Massachusetts, che pubblica e ripubblica il pensiero di sant’Agostino ma ogni volta se lo vede, anche lui, rimosso. Il motivo? Eccolo: «Il tuo post va contro i nostri Standard di Comunità sul discorso d’odio». In inglese hate speech, una delle espressioni introdotte dalla neolingua mondialista per perseguire fini opposti a quelli dichiarati.

Bettinelli rimane giustamente stordito, notando che la frase di sant’Agostino è appunto il contrario di un “discorso d’odio”, dal momento che invita le persone a riconoscere innanzitutto i propri peccati, nel solco delle parole di Gesù: «Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio?».

Per capire le ragioni della rimozione, Bettinelli usa allora l’opzione della “revisione umana”, fatta cioè da un dipendente del social network in carne e ossa. La ‘sentenza’, anche qui, è micidiale: appello rigettato. Insomma, per Facebook le parole di sant’Agostino rimangono un “discorso d’odio”. Ma non è finita, perché nel frattempo Bettinelli, da buon smanettone, continua a denunciare il fatto sui social - oltre che sul suo blog - e pubblica, sia su Facebook che su Twitter, lo screenshot del post censurato, dando il la a centinaia di condivisioni: ad alcuni suoi amici il post condiviso viene rimosso, ad altri no. Intanto lui prosegue nella sua richiesta di chiarimenti al personale di Facebook: «Continuo a non capire perché questo sia un discorso d’odio. È una citazione di un santo cattolico che esprime l’opposto dell’odio. Sta essenzialmente ribadendo le parole di Gesù Cristo nei Vangeli […]. Facebook sta dicendo che il Vangelo è un discorso d’odio?».

Passa ancora qualche giorno, fino ad arrivare al 17 luglio, quando Bettinelli riceve finalmente questo messaggio dal colosso di Marck Zuckerberg: «Ciao, il tuo contenuto o profilo è stato ripristinato e adesso dovresti essere in grado di vederlo. Ci scusiamo per il disagio. Il team di Facebook».

Anche in questo caso, allora, tutto è bene quel che finisce bene? Non proprio. Perché se non fosse stato per la tenacia di Bettinelli questa notizia probabilmente non sarebbe nemmeno emersa. E le parole - edificanti - di sant’Agostino sarebbero rimaste bandite. Tra l’altro, nel messaggio formale di scuse non c’è alcun chiarimento sui criteri usati per definire ciò che per Facebook è un «discorso d’odio» e ciò che non lo è.

I fatti dicono che il gigante di Menlo Park mal tollera sia le opinioni politiche non ricadenti nell’area progressista (vedi qui per l’ultimo esempio in tal senso) sia, soprattutto, la dottrina cattolica con la sua difesa della morale naturale. Posizioni che accomunano Facebook a Twitter, Google e pressoché tutta la Silicon Valley. Noto è il sostegno di Facebook alle “nozze gay” e ad altre pretese delle organizzazioni Lgbt, nonché l’appoggio incondizionato all’aborto, che ha fatto sì che Zuckerberg, per sua stessa ammissione, vietasse le inserzioni pro vita nella campagna per il referendum irlandese del maggio 2018, consentendo solo quelle favorevoli alla soppressione dei nascituri. Un’operazione simile è stata fatta di recente anche contro il film Unplanned, basato sulla storia vera di Abby Johnson, convertitasi alla causa pro life dopo essere stata direttrice di una clinica della Planned Parenthood. Un motivo ci sarà se lo si chiama “pensiero unico”.