Carrel, il medico e Nobel che si convertì a Lourdes
Prima di salire (per un favore a un collega) sul treno di malati diretti a Lourdes, Alexis Carrel credeva solo nella scienza umana. La guarigione inspiegabile e improvvisa, sotto i suoi occhi, di Maria Bailly, una tubercolotica all’ultimo stadio, lo lasciò senza parole. Fino a farlo arrendere alla Santa Vergine.
Lourdes e la sua grotta, Lourdes e Bernadette, Lourdes e i treni bianchi della speranza. Ma la piccola cittadina francese non è solo legata a queste immagini che - senza dubbio - in tutti noi evocano un sentimento di devozione vera e profonda. Lourdes è un luogo dalle mille sfaccettature. Tutte importanti. Le storie si intrecciano nella terra benedetta dalla Vergine Maria: sono storie di miracoli, preghiere dove l’unica cosa che conta è il cuore. La Vergine ascolta soprattutto questo, in ogni fedele. Conosce l’animo di ognuno che si mette in cammino verso Lourdes. E, forse, conosceva anche l’animo di un dottore che credeva solo nella scienza. Si chiamava Alexis Carrel (1873-1944). Entriamo, allora, nella vita dell’insigne medico che, dopo aver incontrato questo luogo, cambiò definitivamente vita.
La storia di questo medico ha qualcosa di davvero affascinante. Induce al mistero. Alexis Carrel era nato a Lione nel 1873. Rimasto orfano di padre, a cinque anni, lasciò la città d’origine per andare a vivere in campagna con la madre. Tornò poi a Lione per gli studi liceali e per frequentare la Facoltà di Medicina. L’approfondire sempre di più la scienza lo spinse ad abbandonare le convinzioni religiose ricevute dalla famiglia. Durante gli anni degli studi accademici, negli ambienti della scienza, si discuteva molto di Lourdes e dei suoi miracoli avvenuti di recente. All’epoca l’opinione pubblica era divisa in due fazioni: chi non aveva dubbi sulla veridicità delle apparizioni, e chi - invece - metteva in discussione i racconti della piccola Bernadette. Mosso dal desiderio di comprendere meglio il “mistero Lourdes”, nel 1903, Carrel volle partire alla volta della cittadina francese, dopo che un collega gli aveva chiesto il favore di sostituirlo.
Partì su un treno di pellegrini, molti di questi malati: fu proprio durante questo viaggio che Carrel rimase profondamente colpito dalle condizioni di una donna, affetta da peritonite tubercolare. Leggiamo come annota l’episodio lo stesso Carrel nel libro in cui racconterà la sua conversione, Viaggio a Lourdes (1949). Il libro, pubblicato postumo, è scritto in terza persona e il medico diventerà nel racconto Lerrac, il suo nome scritto al contrario. “C’è anche una giovinetta, Maria Ferrand, presso la quale mi hanno chiamato forse dieci volte, e che è sull’orlo della morte. Questa disgraziata ha una peritonite tubercolare all’ultimo stadio. Tutti i suoi parenti sono morti di tubercolosi; la ragazza ha avuto piaghe tubercolose, caverne polmonari e, dopo qualche mese, una peritonite diagnosticata da un medico e da Bromilloux, il notissimo chirurgo di Bordeaux. Ora è in uno stato pietoso; ho dovuto già farle delle iniezioni di caffeina. Temo che mi muoia tra le mani. Se guarisse questa ammalata, sarebbe veramente un miracolo. Io crederei a tutto e mi farei frate!”.
Durante il soggiorno a Lourdes, il dottor Carrel non perse di vista la giovane donna che nella realtà si chiamava Maria Bailly. Nel racconto, prese il nome appunto di Maria Ferrand. Carrel, su di lei - ormai - aveva espresso la sua “sentenza” da medico: le rimanevano pochi giorni di vita. Ma, proprio durante la permanenza a Lourdes, accadde qualcosa di inspiegabile, qualcosa che andava oltre la scienza. Continuiamo, allora, a leggere il racconto: “Il mio sguardo tornò a Maria Ferrand: mi parve che il suo viso non avesse più lo stesso aspetto, che i riflessi lividi fossero scomparsi, che fosse meno pallida. Intanto tendevo tutte le mie facoltà di attenzione su di lei, non guardando più altro che lei… Il viso di Maria Ferrand continuava a modificarsi, i suoi occhi estasiati erano rivolti verso la Grotta. D’un tratto mi sentii impallidire: vedevo, verso la cintura, la coperta abbassarsi a poco a poco. Dopo qualche minuto, la tumefazione del ventre sembrava completamente scomparsa. Il fatto inatteso era talmente contrario a tutte le mie previsioni, che credevo di sognare”.
Ma il medico ancora non credeva al miracolo e, allora, rimase in silenzio per molti istanti. “Non aveva più una opinione. Che cosa avrebbe potuto rispondere, quando gli avessero detto che quella guarigione era un miracolo? Egli era del tutto incapace di dare una spiegazione”. È affascinante come poi continui il racconto. Una delle pagine più poetiche è sicuramente quella della conversione definitiva. Carrel vuole rimanere solo, dopo aver visto un tale miracolo.
Cerca di dare spiegazioni logiche a ciò che ha visto, ma non ci riesce. Ed è allora che, salendo i gradini verso la basilica, il dottore si ferma sulla soglia. “Nello sfavillio di luci e ori si alzava il canto dell’organo e di mille voci spiegate. Sedette accanto a un contadino, e restò, con la testa fra le mani, a lungo, immobile, cullato dai cantici della notte, finché dal fondo della sua anima salì questa preghiera: Vergine dolce che soccorri gli infelici, proteggimi. Io credo in Te. (…) Il Tuo nome è più dolce del sole del mattino. Prendi Tu il peccatore inquieto dal cuore in tempesta che si consuma nella ricerca delle chimere. Sotto i consigli profondi e duri del mio orgoglio intellettuale giace, ancora soffocato, il più affascinante di tutti i sogni, quello di credere in Te, di amarti come i frati dall’anima candida”.
Il medico si era arreso alla Vergine, aveva messo da parte la sua scienza per credere nel mistero, finalmente. Ma che vita condurrà poi questo scienziato dopo i fatti di Lourdes? La conversione al cattolicesimo gli causò non pochi problemi nell’ambiente positivista dell’epoca. Trasferitosi in Canada, decise di occuparsi addirittura dell’allevamento di animali. Ma il contatto con ricercatori americani lo riportò alla ricerca scientifica: prima a Chicago e poi, a New York, dove si stava avviando la Fondazione Rockefeller, dove dirigerà il reparto di chirurgia sperimentale.
Nel 1912, i suoi lavori sulla sutura dei vasi sanguigni sezionati e la coltura a lunga scadenza di tessuti viventi trasportati fuori del loro ambiente gli valsero il Premio Nobel. Durante la Guerra del 1914-18, abbandonò le sue ricerche per organizzare gli ospedali e rinnovò totalmente i metodi antisettici. Dopo la Prima Guerra Mondiale tornò negli Stati Uniti dove compì importanti ricerche sul cancro. Nel 1936 venne nominato membro della Pontificia Accademia delle Scienze. Nel 1941 rientrò in Francia, dove poco dopo pubblicò un nuovo libro intitolato La prière (La preghiera). In queste pagine, colpisce una frase: “L’uomo ha bisogno di Dio come ha bisogno d’acqua e di ossigeno”. Dio aveva compiuto il miracolo della definitiva conversione di Carrel.