Biffi e le parole profetiche sui mali della Chiesa di oggi
Anziché sforzarsi di venire incontro al mondo, la Chiesa «deve preoccuparsi di essere sé stessa» e annunciare Gesù «con la convinzione che in lui offriamo l’unica soluzione all’enigma dell’esistenza». Venticinque anni dopo la sua prima pubblicazione, ecco una nuova edizione del libro “Se Cristo è risorto ed è vivo cambia tutto”, con le parole del cardinale Giacomo Biffi che sono come una fotografia della Chiesa odierna.
Molto spesso, quando si rievocano grandi autori o personaggi del passato si tende a celebrarne l'attualità dei loro scritti o discorsi. Non sempre è vero, frequentemente si tratta di una formula retorica dovuta. Rileggendo il cardinal Giacomo Biffi (1928-2015) sei anni dopo la sua morte ci si può rendere facilmente conto, invece, di quanto le sue parole siano più d'attualità oggi di quanto non lo fossero nel momento in cui le scriveva o pronunciava. È un tratto che caratterizza le voci profetiche e l’ex arcivescovo di Bologna rientra pienamente in questa categoria ristretta.
Ce ne accorgiamo nel volume “Se Cristo è risorto ed è vivo cambia tutto” curato da suor Emanuela Ghini e uscito in questo 2021, per i tipi di Itaca, 25 anni dopo la prima edizione. Si tratta di un libro-intervista che però intervista non è: la religiosa, con il permesso di Biffi con cui era in contatto epistolare dal 1960, trasse dai discorsi del cardinale del periodo 1985-1995 le risposte a domande che le sembrava necessario rivolgergli. Ne venne fuori un utilissimo strumento per orientarsi tra la vasta produzione di articoli, relazioni e omelie realizzata dal grande porporato milanese in un periodo in cui lo splendore del pontificato di Karol Wojtyla forse anestetizzava le ferite che affliggevano già la Chiesa. Quelle ferite che oggi sono sotto gli occhi di tutti.
La riedizione odierna di questo volume è ancora più utile per i fedeli (e non solo) in un momento in cui, come ha scritto Benedetto XVI, «la barca si è riempita fino quasi a capovolgersi». Questo perché Biffi non si limita alla razionalità della diagnosi, ma offre anche la cura. Riportare soltanto alcuni passaggi è quasi riduttivo, perché davvero vale la pena leggersi tutte le risposte ripescate da suor Emanuela Ghini per sincerarsi della capacità biffiana di inquadrare in anticipo gli eventi e le loro conseguenze. Del resto, il porporato milanese era un gigante pastorale e teologico, ma un po' del merito va anche al suo essere immune a qualsiasi condizionamento ideologico e a quell'approccio ironico alla realtà che lo ha sempre contraddistinto. Un’ironia che emerge, ad esempio, nell'esaltazione del ruolo di Giovanni Paolo II nella sconfitta del comunismo: «Il papa polacco era accusato da qualche cristiano acculturato di non “seguire la storia”; in fondo era vero: la storia ha finito col seguire lui».
“Se Cristo è risorto ed è vivo cambia tutto” ci trasmette tutta l'irriverenza del cardinale verso quelli che chiamava «cristiani ecclesialmente impegnati e acculturati», nonostante la curatrice sia stata a lungo vicina all'ex professorino Giuseppe Dossetti e alla sua comunità. In fin dei conti, questo libro dimostra la sua disponibilità al dialogo e, al tempo stesso, la sua indisponibilità al compromesso quando c'è da proclamare il Vangelo, perché «Cristo dobbiamo annunciarlo con chiarezza, con forza, con integrità, con la convinzione che in lui offriamo l’unica soluzione all’enigma dell’esistenza».
Scrive Biffi: «La Sacra Scrittura è troppo spesso oggetto di una lettura “antologica”: non si ascolta e si accoglie tutto il messaggio, ma solo quei dati e quegli aspetti che si ritiene possano soccorrere le proprie preconcette e prescelte ideologie; quando addirittura non si riduce il libro di Dio a un repertorio di frasi da lanciare contro gli oppositori nelle diatribe ecclesiastiche e nelle tensioni tra i fratelli». Per il cardinale, «la pace, la carità, la fraternità, l’opposizione al male sono traguardi che tutti dobbiamo fattivamente inseguire, ma l'ideologia del pacifismo, della non violenza, del pauperismo ecclesiale» ha «troppo spesso matrici inconsapevolmente naturalistiche e in fondo mondane».
L'irriverenza che traspare nel testo non sfugge al suo attuale successore sulla cattedra di San Petronio, il cardinale Matteo Maria Zuppi, che nella prefazione fa notare come «i cristiani che Biffi irride sono quelli che cercano di piacere alla mentalità comune, fosse pure alla moda e di consenso facile» perché «non può accettare che si scolorisca la fede con la giustificazione del dialogo, nascondendo le convinzioni in cambio di un’accettazione, spesso interessata». L'apertura al dialogo messa in pratica dal grande porporato milanese è l'unica percorribile dal momento che, come evidenziato nella prefazione, quando «si aggiusta la propria fede invece di viverla e comunicarla, si compiacciono gli interlocutori invece di costruire un dialogo vero che richiede sempre, ovviamente, di essere se stessi non quello che gli altri desiderano». Il cardinal Zuppi celebra l'attualità del pensiero del suo predecessore e vi prende spunto per una riflessione oggigiorno non scontata, quando scrive che «l’umanità si è orgogliosamente laicizzata, tanto da ritenere Dio un optional irrilevante e fuori moda e siamo confrontati con un neo paganesimo; non si tratta di condannare, ma di prendere atto, anche per non farsi delle illusioni che ingannano e poi alla fine inevitabilmente deludono». Un evidente monito per laici e religiosi che dalla Chiesa pretendono continue (e impossibili) fughe in avanti. A costoro ricorda che «non serve la scorciatoia di una “religione dei valori” o di una religiosità senza religione», perché «non si comunica nulla», mentre «la sfida è incontrare e comunicare la verità, cioè Cristo».
Viene in mente proprio la figura di Biffi quando Zuppi invita a non cadere nella tentazione di un «cristianesimo antipatico, duro, contrapposto», ma sostiene che «è necessario sottrarsi ad un cristianesimo formato pasticceria, che garantisce agli uditori un benessere a poco prezzo, nel vano tentativo di adattarlo ai gusti, peraltro cangianti e poveri degli uditori» perché «chi ha fame ha bisogno di pane buono». Infatti, il porporato milanese colto, ironico e aperto al confronto chiedeva ai cattolici di smetterla di lasciar «sbiadire in sé stessi la consapevolezza della verità posseduta sostituendo all’ansia apostolica il dialogo a ogni costo», perché così facendo «inconsciamente preparano la propria estinzione».
L'eredità di Biffi è un atto d'amore alla sua Chiesa espresso nella forma di un avvertimento lanciato quasi trent'anni fa ma che, oggi più che mai, non possiamo permetterci di ignorare. Come riporta suor Ghini nel suo volume, il cardinale disse:
«La Chiesa più che preoccuparsi di ciò che deve fare per venire incontro al mondo deve preoccuparsi di essere sé stessa. Ecco: non si tratta di essere più credibili. Dobbiamo diventare più credenti. Se saremo più credenti saremo anche più credibili, nel senso più vero. Altrimenti rischiamo di fare della Chiesa un’istituzione che deve stare attenta a tutti gli “input” che vengono da tutte le parti. Così la Chiesa non diventa strumento di salvezza: si aggrega solo al disorientamento generale».