Becciu, Perlasca e i presunti “suggerimenti” della lobbista
Continua a far discutere la telefonata con il Papa registrata da Becciu e l’opportunità di togliere il segreto. Un messaggio di un’amica di Perlasca parla di “suggerimenti” dati dalla Chaouqui all’accusatore del cardinale. Una sorpresa che pare presentare punti in comune con un articolo di Panorama del luglio 2021.
In queste settimane si è parlato moltissimo delle chat dei familiari di Becciu e della telefonata con il Papa registrata dal cardinale. Di quest'ultima, in particolare, è uscita sui media prima la trascrizione integrale e poi persino l'audio. E questo nonostante nell'udienza dello scorso 24 novembre, il presidente Giuseppe Pignatone avesse ordinato ai giornalisti di lasciare momentaneamente l'aula del tribunale dello Stato di Città del Vaticano durante la riproduzione (autorizzata da Francesco stesso) della registrazione. L'audio faceva parte del materiale inviato dalla procura della Repubblica presso il tribunale di Sassari all’ufficio del promotore di giustizia vaticano ed era stato trovato in uno dei dispositivi elettronici sequestrati dalla Guardia di Finanza di Oristano ai parenti di Becciu nell'ambito di un procedimento penale in Italia sulle attività della cooperativa Spes. Non più coperta da segreto investigativo per la procura sarda, quella documentazione è stata depositata agli atti dal promotore di giustizia nel processo penale in corso in Vaticano sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato.
La pubblicazione del testo e dell'audio sull'Adnkronos, tuttavia, lascia supporre che ci sia stata una qualche fuga di notizie su un documento tanto importante quanto delicato. Ora che il contenuto di quella telefonata è di pubblico dominio, infatti, suona non privo di qualche ragione quel segreto pontificio sull'affaire Marogna di cui l'ex sostituto aveva chiesto di avvalersi. E questo non per l'attività in sé che avrebbe svolto per la Segreteria di Stato la sedicente esperta di intelligence e per le spese contestate in negozi e hotel di lusso con i soldi bonificati dalla Terza Loggia. Questioni, queste ultime, su cui è bene che ci sia chiarezza, trasparenza e anche giustizia. Piuttosto, il ricorso al segreto pontificio avrebbe avuto una qualche fondatezza in relazione agli eventi e alle motivazioni che hanno portato ad autorizzare l'invio di più di 500.000 euro dalle casse della Segreteria di Stato: dalla famigerata telefonata si è appreso che il Papa - sia pur "vagamente" - ammise di ricordarsi di essere stato informato da Becciu sulla possibilità di autorizzare un pagamento ad un'agenzia che si sarebbe dovuta muovere per inviare un riscatto ai terroristi (presumibilmente jihadisti del Mali) che tenevano prigioniera una suora (presumibilmente la colombiana suor Gloria Cecilia Narvaez).
Nella telefonata, forse differentemente da quanto sperato dai registranti, Francesco non disse di aver concesso quell'autorizzazione. I bonifici alla società slovena di cui era amministratrice Marogna partirono dopo sollecito dello stesso Becciu - non più sostituto ma prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi - all'allora funzionario amministrativo della prima sezione della Segreteria di Stato, Alberto Perlasca. Dalle chat dell'epoca tra i due si è potuto ricostruire che il cardinale sardo spronò il suo ex collaboratore a procedere col pagamento, ricordandogli di aver "riparlato" della questione con il Papa che gli avrebbe detto di voler mantenere quelle disposizioni. E questa, come si è potuto constatare con la pubblicazione della telefonata, è la versione sostenuta da Becciu anche di fronte a Francesco.
La disponibilità papale a muoversi anche economicamente per ottenere la liberazione di una suora rapita, seppur ricordata "vagamente", dimostra tutta la buona fede del Papa e il suo grande tratto umanitario da 'padre'. La diffusione di questo dettaglio in tutto il mondo, amplificata col clamore provocato dalla notizia di un cardinale che registra un Papa, può invece rivelarsi controproducente per la sicurezza dei religiosi che operano nelle zone più a rischio del pianeta. Per questo l'appello al segreto pontificio su questa vicenda aveva forse una sua ragionevolezza dal momento che, divenendo nota la possibilità di versare un riscatto a dei rapitori da parte della Santa Sede, potrebbe esserci il pericolo di gesti di emulazione per mano di terroristi intenzionati a finanziarsi sulla pelle di preti e suore. È proprio per scongiurare simili scenari che il pagamento di riscatti con la mediazione dei servizi segreti (in cui operano professionisti, però) per la liberazione di ostaggi in zone di guerra viene costantemente negato dai governi occidentali. La notizia che la Santa Sede avrebbe pagato un'agenzia per poter concedere un riscatto ai rapitori di una suora poteva rientrare in quelle "cose da custodire sotto segreto" perché "sovvertono il bene pubblico oppure (...) offendono i diritti inviolabili di privati e di comunità" di cui si parla nelI'Istruzione Secreta continere di Paolo VI?
È interessante notare che la prima ad accennare al pericolo di innescare un effetto domino sul fronte sequestri nel caso in cui fossero emersi troppi dettagli su questa vicenda specifica era stata Francesca Immacolata Chaouqui, ex membro della Cosea poi condannata nel processo Vatileaks 2, nonché grande nemica di Becciu. In un'intervista a Panorama del 14 luglio 2021, infatti, la lobbista aveva confidato di aver detto all'ex capo della security Telecom, Giuliano Tavaroli, di consigliare a Cecilia Marogna "riservatezza assoluta con la stampa sull'argomento degli ostaggi" perché temeva - con più di una ragione - che "se si fosse saputo che la Santa Sede pagava avrebbero iniziato a rapire numerosi preti e suore". Quell'intervista, inoltre, ritrova oggi una sua particolare importanza alla luce delle ultime sorprese nel processo che si sta celebrando in Vaticano sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato. Dopo la non brillante performance di monsignor Alberto Perlasca nell'interrogatorio in tribunale, è tornata a far sentire la sua voce l'amica del grande accusatore di Becciu, Genoveffa Ciferri. Quest'ultima - che ha ceduto a Perlasca i suoi beni immobiliari in cambio dell'assistenza spirituale in vita e post-mortem - ha mandato un messaggio WhatsApp al promotore di giustizia vaticano, sostenendo che "i suggerimenti di quel memoriale a cui oggi Perlasca non ha saputo rispondere in merito a chi li avesse forniti, sono stati suggeriti dalla signora Francesca Immacolata Chaouqui". Circostanza confermata in aula dal monsignore comasco che ha parlato anche di "messaggi pesanti" della lobbista a lui indirizzati. Facendo riferimento alle chat avute con lei, Ciferri ha scritto che Chaouqui "millantava una stretta collaborazione" con la giustizia vaticana, con la gendarmeria e persino con il Santo Padre. La donna ha accusato l'ex membro della Cosea di averle fatto credere che il suo apporto nel dare suggerimenti a Perlasca avrebbe incassato il gradimento del promotore di giustizia e del Papa. A sua volta, Ciferri ha ammesso di aver fatto credere al suo amico prelato che a fornire quei suggerimenti sarebbe stato un magistrato in pensione.
Una storia sempre più ingarbugliata e in cui per orientarsi, come detto, potrebbe essere utile rileggere la già citata intervista su Panorama che viene pubblicata il 14 luglio 2021 ovvero dieci giorni prima la telefonata disperata di Becciu al Papa, nel momento di maggiore disgrazia del cardinale che si preparava ad andare a processo e che aveva appena incassato la 'sconfessione' papale nella lettera di cui parla al telefono. L'autore, Giacomo Amadori, aveva scritto che Chaouqui avrebbe "iniziato un'intensa collaborazione" con i promotori di giustizia e che avrebbe 'scavato' negli affari dei Becciu al punto da "fare da consulente per gli inquirenti". Nell'articolo del cronista giudiziario, prima del botta e risposta con l'intervistata, si leggeva un'ampia ricostruzione dei fatti oggi tornati d'attualità con le dichiarazioni di Ciferri nella quale, di fatto, sembrerebbe attribuirsi proprio alla lobbista il 'merito' di aver fatto cambiare l'atteggiamento iniziale di Perlasca e averlo portato a svelare i presunti misfatti di Becciu. Secondo Amadori, infatti, Perlasca avrebbe deciso di scrivere il memoriale - che secondo la sua amica Ciferri sarebbe stato ispirato proprio da Chaouqui - solo dopo aver visto "Chaouqui entrare ed uscire dal palazzo in cui vive il Papa". La versione del giornalista, che precedeva l'intervista con la lobbista, sembra presentare diversi punti in comune con le testimonianze rese in questi giorni dalla coppia Perlasca-Ciferri. Nell'intervista, poi, l'ex membro Cosea aveva usato parole al miele per la donna che oggi la accusa: l'aveva definita "bellissima, estremamente intelligente, scaltra e con contatti molto importanti" aveva accennato ad "un ruolo nel ripensamento di Perlasca".
All'epoca non ci furono smentite a quanto sostenuto in quell'intervista che oggi, alla luce delle parole di Ciferri e Perlasca, potrebbe assumere una certa rilevanza per comprendere il corso degli eventi del processo che sta colorando ancora di più di giallo l'immagine del piccolo Stato racchiuso tra le mura. Un giallo forse appassionante per i media, ma non certo confortevole per i fedeli di tutto il mondo.