Banco Farmaceutico, quando donare è curare
Domani, sabato 9 febbraio, in 4.500 farmacie italiane, si terrà la Giornata di raccolta del farmaco, dedicata a raccogliere farmaci da ridistribuire ai più poveri attraverso oltre 1.700 enti assistenziali sparsi sul territorio. Come spiega alla Nuova BQ il direttore generale del Banco Farmaceutico, Filippo Ciantia, l’iniziativa di sabato «è veramente un gesto cristiano, un gesto di solidarietà nei confronti di tantissime persone che si sentono abbandonate».
Manca ormai poco alla «Giornata di raccolta del farmaco» (Grf), che si terrà domani, sabato 9 febbraio, con la collaborazione di circa 4.500 farmacie aderenti all’iniziativa del Banco Farmaceutico e che ne espongono la locandina. La Giornata, giunta alla sua XIX edizione, è dedicata a raccogliere farmaci per i bisognosi, medicine di comune utilizzo che le persone più povere non possono permettersi. Anche quest’anno, come da consuetudine, si terrà nel secondo sabato di febbraio, data scelta sia perché in questo periodo l’influenza stagionale è solitamente molto diffusa sia per la vicinanza con la Giornata mondiale del malato, istituita da Giovanni Paolo II e che si tiene annualmente l’11 febbraio, nella memoria liturgica della Madonna di Lourdes.
La Nuova BQ ha intervistato Filippo Ciantia, direttore generale del Banco Farmaceutico.
Direttore Ciantia, quella di domani sarà la XIX edizione della Giornata di raccolta del farmaco. Può ricordare i motivi alla base dell’iniziativa e che numeri ha raggiunto?
Questa Giornata è dedicata a raccogliere farmaci per i bisognosi, per le persone malate che non possono permettersi le cure e che vengono assistite da enti caritativi di tutta Italia. L’anno scorso, nel 2018, la Giornata di raccolta del farmaco è avvenuta in 4.175 farmacie e sono stati raccolti 376.692 farmaci, poi consegnati a oltre 1.700 enti sparsi sul territorio. Quest’anno sono già registrate 4.500 farmacie, quindi prevediamo una raccolta maggiore e una migliore risposta ai bisogni perché l’anno scorso, nonostante il buon risultato, siamo riusciti a soddisfare solo il 40% delle esigenze che gli enti assistenziali ci avevano indicato. Nel 2018 sono state 539.000 le persone povere che hanno chiesto il sostegno di questi enti, che vanno da quelli che aiutano i bambini alle varie Caritas, fino a quelli che sostengono le donne in gravidanza come i centri di aiuto alla vita, eccetera.
Quali farmaci vengono donati e ridistribuiti?
La persona che va in farmacia può comprare un farmaco da automedicazione, quelli detti Otc [dall’inglese “Over the counter”, ndr] cioè da banco, perché non hanno bisogno di ricetta medica e quindi sono acquistabili da qualsiasi cittadino. Ogni farmacia è collegata a un ente del proprio territorio per cui farmacisti e volontari conoscono le esigenze territoriali e indicano al cliente quali farmaci può donare, come per esempio antinfluenzali, antipiretici, antinfiammatori, sciroppi per la tosse: tutte medicine di semplice uso ma importanti per la cura di certe malattie.
Le vostre attività di raccolta proseguono comunque in vario modo durante tutto l’anno, giusto?
Sì, la Giornata di raccolta del farmaco è il nostro “marchio” più noto perché veramente è un’iniziativa civile, sociale, umana, cristiana, importantissima in tutta la nazione, ma continuiamo le nostre attività durante tutto l’anno perché alcuni degli enti assistenziali, come gli ambulatori e altre strutture che hanno anche medici specialisti, offrono servizi più ampi e ci hanno chiesto di aiutarli pure con medicine più importanti. Perciò abbiamo iniziato a lavorare con le aziende farmaceutiche - ora sono circa una trentina - che donano le eccedenze dei farmaci, cioè quei farmaci che non possono più entrare in commercio ma che sono ancora ottimi, e vanno dai farmaci cardiovascolari agli antibiotici. Dal 2013 portiamo avanti anche un’attività di recupero dei farmaci ancora validi che stanno nelle nostre case e rimangono negli armadietti per mille motivi e che possono essere donati se hanno ancora 8 mesi di validità e sono in confezione integra. Donare è importante per curare.
Nello specifico quali sono i dati sull’accesso dei poveri alle medicine?
Intanto va ricordato che secondo gli ultimi dati dell’Istat ci sono circa 5 milioni di persone in povertà. Anche se il nostro sistema sanitario è universalistico, molti servizi devono essere pagati dai cittadini, dalle famiglie, a partire dal ticket a cui si aggiungono altre spese. Sappiamo poi che le famiglie povere hanno potuto spendere solo 117 euro l’anno per curarsi, contro i 703 delle altre famiglie. Le 539.000 persone (più del 10% della popolazione povera) che hanno chiesto aiuto agli enti per avere medicine sono un segnale allarmante proprio perché abbiamo un sistema sanitario universalistico che dovrebbe essere a disposizione di tutti e rispetto al quale la funzione della società civile non è quella di una semplice stampella bensì di una colonna, è una funzione sussidiaria per il benessere dei cittadini.
Quest’iniziativa vuol far sentire vicinanza nella cura alle persone che sono spesso le più dimenticate e probabilmente c’è anche il pericolo che si vergognino di chiedere aiuto. Cosa si può fare in questo senso?
Sì, l’elemento della vergogna è veramente fortissimo. Noi abbiamo tanti racconti di persone malate che si rivolgono agli enti caritativi: sono persone spesso provenienti da piccoli comuni, persone che dopo che si sono ridotte in povertà – molto spesso per una separazione, la perdita del lavoro, la solitudine – non rimangono lì nel loro ambiente a cercare di avere una mano ma vanno nelle grandi città e si rivolgono agli enti assistenziali. E si scopre che il bisogno non è solo di un vestito, una doccia o un pasto caldo, molto spesso hanno anche bisogno di una medicina. Il gesto di sabato è quindi un gesto di solidarietà nei confronti di tantissime persone che si sentono abbandonate. Questo esercito di enti assistenziali e caritativi in prima linea è veramente una risorsa perché nessuno rimanga da solo e chi cade lungo la strada venga risollevato. Noi siamo contenti di poter essere al loro servizio, di fare qualcosina, anche una goccia nell’oceano.
Voi, in un volantino di un’edizione passata, citavate don Giussani sulla gratuità dell’Amore di Dio, di fatto il principio ispiratore di quest’opera che pone l’accento sulla centralità della persona, del prendersi cura.
Esatto. Noi ieri siamo stati dal Papa, abbiamo fatto una specie di pellegrinaggio da tutta Italia e ci siamo presentati all’udienza per chiedere una benedizione perché il nostro possa essere un gesto che davvero porti un messaggio di gratuità, di dono, di valore che noi vogliamo dare alle persone sopra qualsiasi altro calcolo: le persone, quando vengono aiutate, un po’ recuperano sé stesse. Il Banco Farmaceutico è un po’ un figlio minore, più giovane, del Banco Alimentare e si sa che quest’ultimo è nato grazie all’intuizione di don Giussani e al suo incontro con il cavaliere Danilo Fossati. Poi ci si è resi conto, verso il 2000, della necessità di prendersi cura anche della povertà sanitaria e così è nato il Banco Farmaceutico. L’idea di base sta sempre in gesti molto semplici che coinvolgono le persone, che donano qualcosa a chi non ce la può fare. Noi da parte nostra, insieme agli enti assistenziali, garantiamo che questo sforzo, piccolo o grande che sia, vada a buon fine.
Nel piccolo portare Cristo, insomma.
Chiaro, è veramente un gesto cristiano e umano, per il bene comune. Anche se tutta la situazione intorno a noi è confusa, noi cerchiamo di andare avanti facendo gesti di carità.