Baci, abusi e indagini: quante ombre su Fernández
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Oltreoceano rilanciano voci di coperture da parte del neo prefetto Fernández di un prete arrestato per abusi, poi suicida; e lui stesso conferma che fu messo sotto indagine per errrori dottrinali, ma fu salvato da Bergoglio. La fragilità di una nomina attaccabile o ricattabile.
Tre, due, uno, via! La recentissima nomina di mons. Víctor Manuel Fernández a Prefetto del Dicastero della Dottrina della Fede è partita con molte ombre e prosegue con i temporali. Papa Francesco non poteva trovare persona più controversa e chiacchierata per ricoprire quella carica che fu di Ratzinger.
Della sua dottrina molto “liquida” si sapeva da tempo. Una nostra fonte ci aveva segnalato che era stato attenzionato dalla Congregazione per l’Educazione Cattolica o dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, all’epoca della sua possibile designazione a Rettore dell’Università cattolica di Buenos Aires, e che ne era uscito incolume solo per un intervento dell’allora cardinale Bergoglio. La notizia è stata confermata dallo stesso Fernández nella sua intervista a Famiglia Cristiana: «Dato che si tratta di un’università pontificia la mia designazione richiedeva la ratifica di Roma. Arrivò 17 mesi dopo, perché alcune persone avevano presentato delle accuse su miei presunti errori dottrinali. All’epoca Bergoglio, che era arcivescovo di Buenos Aires, mi ha sempre sostenuto. Durante quella vicenda, una volta mi disse: “Alza la testa e non lasciare che ti tolgano la tua dignità”. Questa frase mi ha segnato per il resto della mia vita».
Un interessante precedente per un vescovo chiamato a presiedere il Dicastero dell’ortodossia. Ma ad inquietare ulteriormente è la notizia uscita appena poche ore dopo il comunicato di nomina della Santa Sede; l’associazione statunitense per la difesa delle vittime di abusi Bishop Accountability ha rilasciato un comunicato, firmato da Anne Barrett Doyle, che mette in questione la trasparenza dell’arcivescovo di La Plata nel caso di abusi su minori, che aveva coinvolto il sacerdote Eduardo Lorenzo: «La recente gestione da parte di Fernández di un caso di abuso sessuale del clero nella sua arcidiocesi di La Plata desta grande preoccupazione. Nella sua risposta alle accuse, ha sostenuto fermamente il prete accusato e si è rifiutato di credere alle vittime. Mostrando disprezzo per la sicurezza dei bambini, Fernández ha mantenuto il sacerdote al suo posto parrocchiale anche se altre vittime si sono fatte avanti».
Accusa subito respinta dalla segreteria dell’Arcivescovo, che così ha replicato: «Alla domanda dei giornalisti, l'arcivescovo ha risposto chiaramente che “quando qualcuno presenta un’accusa di questo tipo, in linea di principio, VIENE CREDUTO SEMPRE, ma oltre a ciò, è necessaria un’indagine e un giusto processo perché lo stabilisce la legislazione stessa”». Fernández avrebbe altresì preso misure cautelari nei confronti del sacerdote abusatore, proibendogli ogni attività a contatto con i minori e confinandolo in una struttura della Caritas.
Quella di don Eduardo Lorenzo è una storia triste e tragica, che si è conclusa con il suicidio del sacerdote il 16 dicembre 2019, all’età di 59 anni, poco prima che la polizia venisse ad arrestarlo per presunti abusi su almeno cinque minori; fatti che risalivano al 2008, quando il sacerdote guidava un gruppo scout. Don Lorenzo risultava anche essere il confessore di un altro sacerdote, che ha creato molto scandalo in Argentina: padre Julio César Grassi, volto noto della televisione, condannato nel 2009 a 15 anni di reclusione per aver abusato di 17 minori. P. Grassi aveva trovato nel cardinale Bergoglio un suo zelante difensore, nonostante questi non fosse il vescovo della sua diocesi d’appartenenza. L’arcivescovo di Buenos Aires, nel 2010, aveva infatti commissionato un’indagine forense di oltre 2000 pagine per provarne l’innocenza e mostrare la menzogna architettata dalle vittime. I giudici decisero invece per la colpevolezza dell’indagato (qui per i dettagli della vicenda).
Bishop Accountability ha comunque insistito (vedi qui) che mons. Fernández avrebbe assunto comportamenti pubblici a sostegno del sacerdote, permettendo la pubblicazione della sua difesa sul sito ufficiale della diocesi e concelebrando con lui la Messa nella sua parrocchia. Anche l’avvocato delle presunte vittime, Juan Pablo Gallego, ha ribadito che Fernández non avrebbe mai considerato le vittime come tali.
Difficile formarsi un giudizio sulla vicenda, ma altrettanto difficile non porsi almeno due domande.
La prima: le nomine, da parte del papa, dei suoi amici e conoscenti presentano rischi decisamente maggiori rispetto al consueto e collaudato iter, che prevede un attento esame del candidato. Il “rischio zero” evidentemente non esiste, ma forse si sarebbe potuto evitare che, solo dopo qualche ora dalla nomina, qualcuno potesse sollevare un caso così problematico, che evidentemente in Argentina è noto a molti. Bergoglio ha purtroppo dato più volte prova di aver difeso ministri sacri che si sono poi rivelati colpevoli: oltre al già menzionato Grassi, ricordiamo il caso degli abusi in Cile che coinvolse p. Fernando Karadima e il vescovo mons. Juan de La Cruz Barros, o quello ancora più scandaloso di mons. Guastavo Zanchetta. Per non parlare di Rupnik.
Seconda domanda. La lettera di nomina e la risposta di mons. Fernández, alla luce di quanto sollevato da Bishop Accountability, non potevano risultare più problematica di così. Il “Tucho” aveva rivelato di aver rifiutato la prima offerta del papa, perché, tra i compiti del Dicastero per la Dottrina della Fede, vi sarebbe «la questione degli abusi sui minori», per la quale ‒ dichiarava Fernández ‒ «non mi sento preparato o addestrato». Per convincerlo, il papa ha dovuto sistema la faccenda: «mi ha spiegato che il tema degli abusi è ora in una sezione abbastanza autonoma, con professionisti che ne sanno molto e lavorano con grande serietà».
La stessa rassicurazione compare nella lettera di nomina: «Premesso che per le questioni disciplinari – relative soprattutto all'abuso sui minori – è stata recentemente creata una Sezione specifica con professionisti molto competenti, le chiedo come Prefetto di dedicare più direttamente il suo personale impegno allo scopo principale del Dicastero che è “custodire la fede"». Un’insistenza che solleva, a questo punto, più di un sospetto. Mons. Fernández temeva di doversi occupare di problematiche sulle quali sapeva che sarebbe stato ricattabile o che non era stato in grado di gestire da vescovo?
Il nuovo Prefetto del CDF ha già dovuto difendersi anche dagli attacchi di quanti lo ritengono nient’altro che un “esperto di baci”. Il riferimento è al suo controverso libro del 1995, Sáname con tu boca. El arte de besar, che ‒ si difende Fernández sulla sua pagina Facebook ‒ era un semplice libretto frutto di una catechesi per adolescenti, quando era ancora un giovane parroco. Queste «umiliazioni» alla sua persona, che non tengono conto delle sue pubblicazione «di alto livello», non sarebbero altro che un modo per attaccare direttamente papa Francesco.
Una difesa che mostra una personalità fragile, che si sente in dovere di difendersi subito da qualsiasi “lesa maestà” alla sua persona, incline a parlare in continuazione di sé. Preoccupa la facilità con cui affida la sua comunicazione ai social e preoccupa ancora di più la facilità con cui si fa scudo del papa, per difendere la sua credibilità (e la sua autostima).
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