Attacco alla libertà della Chiesa. E la Chiesa applaude i suoi nemici
La vicenda delle messe sospese e il protocollo per la ripresa firmato da Conte, Lamorgese e Bassetti dimostra tutta la gravità della perdita della Libertas Ecclesiae. Da secoli si ripropone lo scontro su questo punto, ma nel passato la Chiesa lottava per la propria libertà: dai Cluniacensi a Bonifacio VIII, da Santa Caterina ai Vandeani, da Pio IX alla Chiesa polacca. Oggi invece la Chiesa sembra contenta della propria mancanza di libertà e mai sazia di aumentarla. E perfino ringrazia chi gliela toglie.
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Alle questioni si può girare intorno, ma è tempo perso. Oppure si può andare direttamente all’osso, ed è tempo guadagnato. Tanto, la verità delle cose, prima o dopo si impone. Meglio quindi farsene una ragione subito. All’osso della questione dello Stato che dà le norme alla liturgia e della Chiesa che lascia fare c’è la Libertas Ecclesiae. Che il protocollo Bassetti-Conte-Lamorgese non risolve, ma lascia purtroppo intatta in tutta la sua esplosività.
Su ciò che accade sull’altare lo Stato non può mettere becco, se lo fa e la Chiesa accetta, la Libertas Ecclesiae è perduta. Se non è libera sull’altare, la Chiesa non è libera in nessun altro campo. In questi nostri tempi c’è quindi nuovamente la necessità di una lotta per la Libertas Ecclesiae, come in tante occasioni della storia, con una grande differenza però: allora erano i vertici della Chiesa a guidare la battaglia, ora non è più così.
Per la Libertas Ecclesiae furono fondati nuovi ordini religiosi come a Cluny. Per la Libertas Ecclesiae Ildebrando di Soana-Gregorio VII scomunicò l’Imperatore e lo accolse penitente a Canossa. Per la Libertas Ecclesiae Bonifacio VIII anticipò lo schiaffo di Anagni con la bolla Unam Sanctam. Per la Libertas Ecclesiae Santa Caterina da Siena chiese insistentemente il ritorno dei Pontefici da Avignone a Roma. Per la Libertas Ecclesiae i Vandeani presero le armi e tanti sacerdoti furono trucidati per non aver accettato la Costituzione civile del Clero. Per la Libertas Ecclesiae Pio IX scomunicò lo Stato italiano dopo Porta Pia, si considerò prigioniero ed emise il non expedit. Per la Libertas Ecclesiae la Chiesa polacca fronteggiò con sacrificio il potere comunista, il cardinale Wyszynski languì in carcere e Giovanni Paolo II lavorò per un’Europa cristiana. Per la Libertas Ecclesiae il cardinale Zen difende ancora oggi la sofferente vera Chiesa cattolica cinese.
La dichiarazione di Augusta (cuius regio eius religio) negava la Libertas Ecclesiae, ma era cosa protestante e non cattolica, come del resto la pace di Westfalia. Il Giuseppinismo austriaco fu dalla Chiesa sopportato ma non accettato e nei confronti del nuovo Stato italiano che disperdeva gli ordini religiosi, confiscava i beni, sopprimeva le opere pie e condizionava con l’exequatur la nomina dei Vescovi la Chiesa stava all’opposizione.
La libertà della Chiesa si fonda sulla sua istituzione divina. Cristo l’ha costituita, le ha inviato lo Spirito per sostenerla e guidarla, le ha insegnato cose proprie, l’ha resa amministratrice di grazia, l’ha ordinata gerarchicamente, le ha dato una missione, le ha detto come adorarlo nella liturgia, le ha insegnato come pregarlo, l’ha fatta partecipe di una “maternità soprannaturale”, le ha detto di rispettare le autorità terrene che si reggono sul diritto naturale che ha Dio come autore ma di obbedire a Dio prima che agli uomini.
La libertà della Chiesa comporta una pretesa di indipendenza assoluta come frutto di una sottomissione altrettanto assoluta a Dio. I diritti della Chiesa si fondano sui diritti di Dio e non sui diritti alla libertà religiosa dei cittadini. La Chiesa è sovrana nella custodia delle verità rivelate e della legge morale naturale, è sovrana nella determinazione della liturgia in quanto Dio deve essere adorato come Egli desidera e non come gli uomini desiderano, è sovrana nell’educazione dei fanciulli e dei giovani perché l’educazione è come il proseguimento della creazione, è sovrana nella costituzione santa del matrimonio e della famiglia ed è, infine, sovrana nella carità che è partecipazione alla vita stessa di Dio.
Gli Stati moderni, sostanzialmente atei, hanno progressivamente tolto alla Chiesa la sovranità sull’educazione (con il monopolio della scuola pubblica), sul matrimonio (col matrimonio civile e il divorzio) sulla carità (con l’assistenzialismo burocratico). Lo Stato di oggi è riuscito a fare anche di più: ha sottratto alla Chiesa la sovranità sulla dottrina e sulla morale, impedendole di dare insegnamenti contrari ai “nuovi diritti” che nel frattempo lo Stato aveva riconosciuto e ora, approfittando dell’epidemia, le sottrae la sovranità sulla liturgia, disciplinando con le sue gride anche gli altari.
All’erosione della Libertas Ecclesiae si contrappone oggi almeno una resistenza se non una controffensiva? No, perché l’erosione di libertà che nella modernità avveniva in conflitto con la Chiesa, che resisteva e lottava, oggi avviene col consenso della Chiesa, essendo essa stessa a chiedere di perdere la propria libertà, considerandola addirittura una esigenza del Vangelo: sparire come Chiesa nel servizio al mondo, svuotarsi di sé nella missione, incontrare Dio nell’uomo. Non si protesta perché i cattolici devono insegnare a fanciulli e giovani quello che lo Stato vuole che si insegni loro; né si protesta perché la legislazione civile ha ucciso il matrimonio, ma si accetta come buono il pluralismo delle scelte; nessuno si duole perché la carità della Chiesa dipende a filo doppio dallo Stato. Così oggi nessuno si lamenta se lo Stato ordina che il sacerdote celebrante posa toccare il Corpo del Signore solo con dei guanti.
Il fatto nuovo di enorme portata è che la Chiesa di Gregorio VII lottava per la propria libertà, la Chiesa di oggi sembra invece contenta della propria mancanza di libertà e mai sazia di aumentarla. E perfino ringrazia chi gliela toglie.