Assegno unico, rischio beffa per le famiglie numerose
Oggi il Senato dà il via libera alla riforma dell'assegno unico, ma ora il Governo dovrà trovare le risorse per mantenere l'annuncio fatto da Draghi di 250 euro a figlio al mese. L'allarme delle famiglie numerose: «Isee ingiusto, penalizza chi ha più figli. E dai nostri studi emergono vantaggi per gli autonomi, ma non per alcune fasce di dipendenti. C'è il rischio che proprio le famiglie più bisognose siano le più penalizzate».
- LEPRI: DRAGHI SPIEGHI SUI 250 €
Oggi il Senato darà il via libera al Ddl 1892 che riorganizza le risorse a favore della famiglia per istituire l’Assegno unico. La palla passa ora al Governo che dovrà andare a caricare di contenuti il provvedimento perché parta da luglio. Da misura “Cenerentola” e snobbata da giornali e partiti, che pure l’hanno votata all’unanimità, dopo le parole di Mario Draghi che per la prima volta si è sbilanciato andando a indicare la cifra di 250 euro a figlio/mese, in poche ore l’assegno unico è diventata una misura capitale, tanto che tutti i partiti sono corsi a rivendicare un pezzo di merito.
Anche Graziano Delrio, il quale, in quanto padre della legge delega con il collega Pd Stefano Lepri, ha addirittura parlato di una svolta storica pari all’istituzione del Servizio Sanitario Nazionale.
Sicuramente la norma segna un punto di svolta positivo, almeno a livello di mentalità, sulle politiche famigliari di questo Paese e questo è un merito che va ascritto a tutti i partiti che l’hanno sostenuta, ma soprattutto al Pd che in questi anni di governo ha portato avanti la legge.
Ma perché sia la rivoluzione tanto auspicata, dovrebbe necessitare di una dotazione economica ulteriore, che ora manca. Il miglioramento per quasi tutte le famiglie avverrà (1 milione e 300 famiglie invece resteranno escluse da benefici), ma stante le attuali disposizioni economiche si rimarrà nell’alveo delle politiche assistenziali e non si entrerà pienamente nelle politiche per la famiglia.
In poche parole: qualche soldo in più arriverà alle famiglie italiane, ma non sarà nulla tale da invertire la rotta che vede nelle famiglie con 3 e più figli, soprattutto quelle numerose con minori, le più povere d’Italia. E soprattutto: se l'obiettivo è favorire politiche che invertano l'impietosa curva demografica, le risorse sono troppo poche.
Anche perché, a conti fatti, una larga fetta di famiglie rischia di rimanere esclusa dai reali benefici che la norma dovrebbe portare con sé. E la beffa è che si tratta proprio di quelle famiglie che sarebbero più bisognose di una vera e propria politica famigliare.
L’appello dell’Associazione Nazionale Famiglie Numerose, che ha chiesto di essere inclusa all’interno dell’organismo di monitoraggio, non è stato ancora raccolto. Eppure, nel report presentato nei giorni scorsi sono stati indicati i difetti di fabbricazione della legge delega. A cominciare dal fatto che viene utilizzato il valore Isee, le cui scale di equivalenza utilizzate, penalizzerebbero chi ha da 4 figli in su.
Il centro studi dell’ANFN ha elaborato alcune proiezioni su alcune tipologie reddituali di famiglia e ha concluso che ci sono delle differenze non trascurabili: «Un decremento degli importi netti percepiti per i redditi da lavoro dipendente, mentre il nuovo sistema risulterebbe migliorativo per i percettori di redditi da lavoro autonomo, che fino ad oggi sono stati esclusi dagli assegni famigliari».
«Bisognerebbe superare l’Isee, oppure introdurre un correttivo, il cosiddetto Fattore famiglia che riconosca l’effettivo peso dei carichi famigliari», dicono dall’ANFN.
C’è poi il fatto che dall’analisi elaborata, emerge come una parte notevole delle famiglie numerose risulti penalizzata dal nuovo regime, in particolare quelle con più figli, lavoro dipendente monoreddito e reddito medio-basso: «Il rischio concreto è che proprio le famiglie che più di tutte dovrebbero beneficiare del nuovo strumento, saranno quelle più penalizzate». L’associazione ha sollevato anche altre criticità che necessiterebbero di correttivi durante la fase di costruzione dei decreti applicativi in vista dell’esordio di luglio.
Anzitutto la riduzione dell’assegno dai 18 ai 21, fascia d’età in cui il neo maggiorenne è ancora totalmente dipendente dalla famiglia e infine la cessazione del benefizio a 21 anni: «Non viene riconosciuto il fatto che un figlio che frequenta l’università rimane a carico spesso fino a 26 anni». Per questo l’ANFN chiede l’adeguamento fino a 26 anni e allo stesso livello previsto per i figli minori.