Assad riprende il controllo di Damasco. Ora punta al Sud
Dopo sette anni di guerra l’intera regione di Damasco torna ad essere sotto il controllo dei governativi siriani. Il regime di Bashar Assad ha infatti annunciato il 21 maggio che l'intera area della capitale è “zona sicura”. Il difficile inizia adesso: riprendere le regioni meridionali, scontrandosi con gli interessi di Israele e Usa che controllano l'area.
Dopo sette anni di guerra l’intera regione di Damasco torna ad essere sotto il totale controllo delle truppe governative siriane. Il regime di Bashar Assad ha infatti annunciato il 21 maggio che l'intera area della capitale è “zona sicura” dopo il successo nella battaglia contro le ultime sacche di resistenza dei ribelli jihadisti, in parte legati allo Stato Islamico.
“La sconfitta dell'insurrezione nella zona di Damasco è descritta da più parti come un evento dalla portata politica e simbolica molto importante, in un contesto in cui il governo siriano, con il sostegno determinante di Russia e Iran, si è già assicurato la vittoria militare in quasi tutta la Siria occidentale” riferisce Lorenzo Trombetta dell’Ansa. In un comunicato letto in Tv da un rappresentante dello Stato maggiore delle forze armate siriane, il governo ha annunciato la "liberazione" di Hajar al Aswad e di Yarmuk, gli ultimi due territori della periferia sud di Damasco dove erano asserragliati miliziani affiliati all'Isis, fatti uscire dall’area con un salvacondotto in cambio della consegna delle armi. L'offensiva lealista su Yarmuk e Hajar al-Aswad era cominciata un mese fa: dopo che le forze lealiste si erano assicurate il pieno controllo della Ghouta Orientale. Nei giorni scorsi milizie jihadiste anti-regime, per lo più qaedisti dell’ex Fronte al-Nusra, avevano accettato di arrendersi anche in un'altra area chiave della Siria centrale, tra Homs e Hama, dove erano presenti anche militari russi e iraniani.
Assad sta consolidano le sue posizioni nel cuore della Siria e presto le forze governative potrebbero lanciarsi verso sud, dove la logistIca russa ha iniziato ad ammassare mezzi e munizioni oltre a intensificare la ricognizione aerea nella regione sud-occidentale della Siria a ridosso del confine giordano e delle Alture del Golan controllate da Israele. Un fronte delicato, considerato che l’area è presidiata da miliziani addestrati dai consiglieri militari statunitensi e britannici in Giordania e appoggiati da Israele. Fonti sentite dall’Ansa a Daraa e a Quneytra, i due capoluoghi delle regioni coinvolte nell'imminente offensiva governativa, affermano che le milizie anti-governative hanno ricevuto da giorni avvertimenti e ultimatum da emissari russi e di Damasco per avviare un negoziato per la resa dei ribelli. Gli sviluppi dipenderanno anche dalla volontà di Usa e Israele di sostenere i ribelli e contrastare i governativi. Tenuto conto che lo Stato ebraico sembra intenzionato a continuare a colpire in territorio siriano e tiene quel settore anche sotto il tiro dell’artiglieria nelle postazioni situate sulle alture del Golan. Inoltre, il comandante dell'aeronautica israeliana, il generale Amikam Norkin, ha reso noto che Israele ha impiegato in Siria, in almeno due occasioni, i nuovi cacciabombardieri F-35 ricevuti dagli Usa e considerati potenzialmente invisibili ai radar.
A completare uno scenario minaccioso contribuisce anche il diktat di Washington all’Iran con la minaccia di applicare "sanzioni senza precedenti". Il nuovo segretario di Stato, Mike Pompeo, ha annunciato "le sanzioni più dure della storia" ponendo dodici condizioni per un nuovo accordo sul nucleare che includono anche il ritiro totale dalla Siria delle milizie e dei pasdaran iraniani. Condizione inaccettabili per Teheran, ben lontana dalla proposta formulata nei giorni scorsi da Vladimir Putin, che a Sochi aveva espresso a Bashar Assad la "necessità del ritiro di tutte le forze straniere" dalla Siria. L'inviato speciale di Mosca in Siria, Alexander Lavrentiev, aveva spiegato che il discorso era "riferito a tutte le unità militari straniere di stanza in Siria, tra cui americani, turchi, Hezbollah e, ovviamente, iraniani".
La risposta di Teheran a Pompeo non si è fatta attendere: "I combattenti iraniani presenti in Siria resteranno di stanza nel Paese arabo finchè il governo di Damasco avrà bisogno di aiuto e lo richiederà", ha dichiarato il portavoce del ministero degli Esteri, Bahram Qasemi. Anche per questo il fronte sud della guerra civile siriana potrebbe diventare presto teatro di uno scontro ravvicinato tra americani e israeliani da una parte e russi e iraniani dall’altra.