Artemide, un "intruso" al funerale di Benedetto
Nel corso del funerale di Benedetto XVI durante la preghiera eucaristica in cima ai santi si invoca Artemide. La dea pagana? No, il neo canonizzato Zatti. Perché? Vuoi vedere che è stato "riciclato" il Messale dell'ultima celebrazione solenne in Piazza San Pietro?
Andare a Messa e ritrovarsi a sciogliere rebus da Settimana enigmistica. Che Artemide fosse la dea della caccia si sapeva, protettrice della luna pure, che fosse invocata come dea della fertilità, beh, quello era il suo core business. Ma che ad un certo punto della sua gloriosa ed epica carriera, uscisse dalla panchina dove duemila anni di Cristianesimo l’avevano relegata e entrasse in campo fino a essere invocata assieme a San Giovanni Battista nella Messa cristiana, questo poi non lo aveva previsto nella sua fervida fantasia neanche Ovidio.
Invece Artemide ha fatto capolino nientemeno che nella Messa esequiale di Benedetto XVI Pontefice della Chiesa. Di più: nella Preghiera Eucaristica III recitata dai cardinali Re, Sandri e Arinze durante la consacrazione. E l’errore non sta tanto nel nome, dato che, trattandosi di Messa celebrata secondo la lingua latina, almeno si sarebbe dovuta chiamare con il suo corrispettivo romano, Diana.
È tutto nero su bianco al minuto 1.26.14 della celebrazione di giovedì 5 gennaio. Il cardinale Sandri, sottodecano del collegio cardinalizio prende la parola dopo il cardinal Re, che della Messa di Papa Ratzinger era il celebrante. E con solenne e certo eloquio da latinista invoca: «...in primis, cum beatissima Virgine, Dei genetrice Maria, cum beato Joseph, eius sponso, cum beatis apostolis tuis et gloriosis martyribus, cum sancto Joannes Baptista et Artemide».
Possibile? Sul libretto della Messa dato ai fedeli e ai sacerdoti celebranti in Piazza San Pietro non compariva nessun riferimento alla sorellina preferita di Apollo. Quindi, soltanto un orecchio attento all’onusta lingua dei padri poteva accorgersi di quel nome così greco e così pagano pronunciato solo dai celebranti e dunque scritto soltanto nel Messale d’altare preparato per loro dai cerimonieri pontifici.
La soluzione è in questo capoverso, sveliamo l’arcano grazie alla segnalazione di un attento lettore. L’Artemide a cui ci si riferiva nella preghiera, non era ovviamente la dea della fertilità, inseguitrice di cervi dal piede veloce e saetta infallibile, ma il santo Artemide Zatti, omonimo della figlia di Zeus e Latona, appena canonizzato il 9 ottobre scorso e già finito in cima nell’elenco dei santi da invocare nel momento più solenne della Messa, appena dopo la Vergine Maria, il suo sposo San Giuseppe, gli apostoli, i martiri, ma prima di tutti i santi della Chiesa. Che scalata per il missionario salesiano che dalle rive padane di Boretto si conquistò nella prima metà del ‘900 i galloni della santità nelle lande patagoniche di Viedma dove ancora oggi è venerato: citato in cima ai santi da invocare durante il funerale di un Papa. E che Papa!
Dunque, l’orecchio attento alla celebrazione avrebbe dovuto capire anzitutto che l’Artemide a cui si faceva riferimento nella Preghiera Eucaristica non era l’antica divinità pagana. Poi, però, riconosciuto il santo infermiere italo-argentino, avrebbe dovuto proseguire il rebus con il secondo step.
E chiedersi: ma perché, tra tanti santi è stato citato proprio il salesiano evangelizzatore delle lande patagoniche? E qui, in assenza di spiegazioni ufficiali si potrebbero avanzare soltanto delle congetture, con un indizio molto preciso. Come detto, Artemide Zatti è stato solennemente canonizzato da Papa Francesco il 9 ottobre scorso e si dà il caso che quella sia stata anche l’ultima celebrazione solenne in piazza san Pietro prima del funerale di Papa Ratzinger. Vuoi vedere che il nome di Zatti è rimasto nei fogli del messale d’altare preparati per la messa di Benedetto XVI dalla Messa precedente e sfuggito ad una revisione attenta dei cerimonieri?
L’indizio si fa prova quando si considera che il Joannes Baptista invocato appena prima di Zatti, non è il “precursore”, ma Giovanni Battista Scalabrini, vescovo emiliano, fondatore delle suore di San Carlo Borromeo e guarda caso, canonizzato sempre il 9 ottobre scorso, proprio insieme al santo argentino. Il sospetto che qualcosa nella preparazione del Messale non abbia funzionato per il verso giusto, è concreto. E con esso anche dubbio che per comodità – diciamo così – si sia utilizzato una parte di messale di un’altra messa, non ad hoc per Papa Benedetto, ma quella che veniva più comoda. L’ultima a disposizione, quella appunto per i due santi emiliani appena canonizzati.
Per carità: un santo è un santo, la Chiesa non distingue in canonizzati di Serie A e di Serie B, ma se qualcuno nutriva il sospetto che l’organizzazione del funerale di Benedetto XVI non fosse stata preparata dai vertici della Chiesa con adeguata attenzione, avrà qui pane per i suoi denti. Noi preferiamo vedere il bicchiere mezzo pieno: distrazione o no, lo scherzo da prete è riuscito benissimo. Con tanto di carta riciclata.