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CANADA

Arresti e norme ingiustificate non fermano i protestanti

Le chiese protestanti canadesi si uniscono contro le restrizioni alla libertà di culto e religiosa mentre si allarga il sostegno al pastore arrestato. Emerge la mano di un potere che si muove senza dover fornire spiegazioni scientifiche del suo operato. I contagi nelle chiese sono infatti quasi nulli ma le autorità si rifiutano di fornire dati. Intanto la polizia cerca di entrare nei luoghi di culto che però fanno resistenza insieme. 

Libertà religiosa 21_04_2021

Non c’è dubbio che la Chiesa viva e nasca solo là “dove sono due o tre riuniti nel mio nome”, perché io, dice Gesù, “sono in mezzo a loro”. Questo è in sostanza ciò che basta ai protestanti, mentre i cattolici sanno bene che questa si sostiene sul sacrificio eucaristico.

Eppure sono le chiese protestanti ad essersi unite a centinaia per opporsi a norme irragionevoli e spesso sproporzionate, con ragioni molto vicine a quanto ha sempre insegnato la Chiesa Cattolica. Nell loro appello contro il governo da noi commentato parlavano infatti della libertà religiosa come di un “princìpio non negoziabile”, dell’impossibilità di vivere una fede individualista, sottolineando il bisogno umano della carnalità di Cristo, della presenza pubblica della fede, della missione di salvezza delle anime per cui queste vanno lasciate aperte.

Riguardo poi all’arresto del pastore della GraceLife Church di Edmond, Jeames Coates, colpevole di aver continuato a celebrare il culto con i suoi fedeli, diversi leader protestanti avevano sottolineato anche la necessità di unirsi per non cedere al ricatto, tanto che una raccolta fondi era stata avviata per la famiglia di Coates che si era rifiutato di firmare un accordo per chiudere la sua chiesa in cambio della libertà. Questi cristiani si sono anche detti pronti a pagare con il carcere l’obbedienza a Dio.

A inizio settimana, però, il potere ha contrattaccato con un colpo sleale. Il tribunale canadese che sta giudicando il caso del pastore ha rifiutato la richiesta della difesa di mostrare le prove scientifiche della necessità reale di chiudere gli edifici religiosi, dato che appunto i contagi al loro interno erano risultati praticamente nulli (sempre qui). Il giudice ha stabilito che il governo dell'Alberta (la provincia del Canada dove sono avvenuti i fatti) non è tenuto ad elaborare prove scientifiche a sostegno degli ordini restrittivi di Deena Hinshaw, il direttore medico della sanità provinciale. Così l’udienza del 3 maggio vedrà Coates impossibilitato a dimostrare non solo la sua fede ma la ragionevolezza delle sue posizioni.

Il Justice Center, che rappresenta il pastore liberato 22 marzo dopo oltre un mese in cella, ha chiarito che "dopo 13 mesi di violazione delle libertà della Carta costituzionale, il governo dell'Alberta si rifiuta di presentare in tribunale prove a sostegno delle chiusure” con la complicità del tribunale che “ha permesso di rinviare il giudizio sulle responsabilità legate alle violazioni della Carta". La difesa ha fatto notare che suona strano che il governo non abbia ragioni scientifiche per “chiudere centinaia di piccole imprese, portando molte di loro alla bancarotta e per annullare oltre 20.000 interventi chirurgici giudicati necessari dalla medicina e per costringere gli abitanti dell’Alberta ad un terzo lockdown”. Aver fatto tutto questo senza dati sarebbe gravissimo, eppure alla richiesta “di produrre queste prove mediche e scientifiche...il governo dell'Alberta si dichiara incapace di farlo”.

Nonostante ciò solo alcuni giorni fa le autorità hanno recintato con fili di metallo la chiesa di Coates appena prima delle funzioni domenicali, mentre la campagna di raccolta fondi per aiutarlo a pagare le spese processuali e le multe è continuata. Finora sono stati raccolti oltre 45 mila dollari. John Klassen, che ha lanciato l’iniziativa su GoFundMe ha spiegato che "Coates è stata una voce rara, che dà respiro e coraggio in questi tempi senza precedenti. E' rimasto fedele alla parola di Dio, coraggiosamente e senza compromessi come un uomo di Dio quando tutti intorno a lui vacillano". Il pastore Coates ha negato di aver cercato di fare il "rivoluzionario politico", dicendo che ha agito solo per "obbedienza a Cristo che mi ha messo in contrasto con la legge". Chi ha lanciato la raccolta fondi ha anche ammonito che “questo accade in Alberta, in Canada, amici. Questo è ciò che ci aspetta”.

Sono state centinaia le persone che hanno protestato di fronte alla chiesa quando è stata chiusa mentre diversi pastori hanno parlato del coraggio di Coates invitandolo a non demordere. Fra coloro che sono tenuti sotto controllo dalla polizia c’è anche Artur Pawłowski della Calgary’s Street Church: un video da lui condiviso, che ha fatto il giro del web con oltre 3 milioni di visualizzazioni, mostra le forze dell’ordine che entrano in chiesa durante la celebrazione della Pasqua, mentre il pastore urla agli agenti (dal video paiono addirittura in sei) di uscire “da questa proprietà”.

Pawłowski è stato multato ed è finito in tribunale insieme ad altri pastori. Nonostante ciò ha continuato così: "Una multa non significa niente per me. Ciò che è tutto per me è la mia libertà. Quando un governo non fa quello che deve - per proteggere i nostri diritti e lottare per la nostra libertà - non abbiamo altra scelta che resistere al male".