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IL COVID COME SCUSA

Appello: “Lasciateci prendere la Comunione in bocca”

In questi mesi abbiamo cercato di percorrere le vie ordinarie per il ripristino della modalità universale di distribuzione della Santa Comunione ma senza successo. Abbiamo quindi usato le vie straordinarie senza ottenere risposte. Gli abusi da parte di alcuni vescovi stanno umiliando il popolo e spingendo i fedeli fuori dalla Chiesa. Per questo invitiamo a sottoscrivere la lettera indirizzata al prefetto per la Congregazione del Culto Divino.

Ecclesia 24_02_2021

In questi mesi abbiamo cercato di percorrere tutte le vie ordinarie per il ripristino della modalità universale di distribuzione della Santa Comunione. Ho scritto una prima volta, il 2 luglio 2020, alla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, ponendo tre quesiti chiari e semplici: se sia lecito rifiutare al fedele la Santa Comunione, per il solo fatto che questi desideri riceverla sulla lingua; se si ritenga possibile impedire ad un fedele di inginocchiarsi nei momenti previsti dal Messale romano o per la preghiera personale; e infine, domandavo della liceità di avvalersi delle cosiddette “pinze eucaristiche” per la distribuzione della Santa Comunione.

Il giorno 30 ottobre ho ricevuto per email questa “risposta” alquanto stringata e sfuggente, firmata da un Officiale della Congregazione, tale sig. Adelindo Giuliani: «In riferimento alla questione da Lei presentata con lettera dello scorso 2 luglio, potrà trovare risposta nella Lettera del Cardinale Prefetto ai Presidenti delle Conferenze Episcopali Torniamo con gioia all’Eucaristia (Prot. N. 432/20) [...]. Qualora vi fossero ulteriori domande in merito, La invitiamo a rivolgersi direttamente al Suo Vescovo diocesano».

Trattasi di un rifiuto di volersi addentrare nelle questioni poste, rifacendosi in modo generale alla Lettera del 15 agosto; una replica del tutto insufficiente, perché nella lettera menzionata, il Cardinal Robert Sarah non dava esplicita risposta a nessuno dei quesiti, sebbene esortasse i vescovi a riconoscere «ai fedeli il diritto di ricevere il Corpo di Cristo e adorare il Signore nei modi previsti, senza limitazioni che vadano addirittura al di là di quanto previsto dalle norme igieniche emanate dalle autorità pubbliche o dai Vescovi». In secondo luogo la risposta dell’officiale dimenticava che il rinvio al vescovo diocesano era del tutto inappropriato, essendo questa materia di competenza della Chiesa universale. L’indicazione, però, delineava già la strada che si sarebbe imposta successivamente: in situazioni di “urgenza”, il Vescovo può fare e disfare come gli pare.

Il 16 ottobre decido di rimandare nuovamente una raccomandata alla Congregazione e un’altra direttamente al suo Prefetto, Sua Eminenza il Cardinale Robert Sarah. Nel testo della lettera, più articolato, alla luce della breve email ricevuta, domando se un vescovo possa disporre che venga negata la Comunione ad un fedele, per il solo fatto che questi la voglia ricevere sulla lingua; chiedo inoltre se sia lecito al sacerdote rifiutarla, per la medesima ragione. A questa missiva non ho ricevuto alcuna risposta, né da parte della Congregazione, né da parte del Cardinale.

Per questa ragione, ho deciso di far recapitare un’ultima comunicazione all’ormai ex-Prefetto, che contiene una richiesta di ripristino della norma liturgica circa la modalità di distribuzione della Comunione, norma confermata da ripetuti pronunciamenti della medesima Congregazione (riportati nella lettera), inspiegabilmente rovesciati negli ultimi mesi dalla fronda interna capeggiata dal monsignor Roche. Dico “inspiegabilmente”, perché non è sufficiente che esista una generica circostanza emergenziale per sospendere o modificare delle norme: occorre che l’emergenza abbia a che fare precisamente con quella norma che si va a toccare. Ora, è una pura supposizione, incapace di addurre dati e prove scientifiche, ritenere che la Comunione sulla mano sia più sicura, dal punto di vista della trasmissione del virus. Alla lettera abbiamo infatti anche allegato un importante parere medico, che trova sostegno da parte di molti medici del mondo. In tutti questi mesi di pandemia, le varie Conferenze Episcopali non sono state in grado di fornire alcuna prova scientifica a supporto delle proprie scelte draconiane. Anzi, la Conferenza Episcopale degli Stati Uniti aveva invece riconosciuto che le tesi a favore e contro la Comunione sulla lingua si equivalgono e non si è in grado di stabilire, con criteri oggettivi e riconosciuti, che la Comunione sulla mano sia da ritenere più sicura. Ragione per cui la medesima Conferenza non ha voluto imporre un obbligo in tal senso, che sarebbe andato, senza ragione, contro il chiaro dettato di Redemptionis Sacramentum nn. 91-92.

La lettera è stata inoltre accompagnata da una missiva firmata da un folto gruppo di famiglie della diocesi di Ancona-Osimo, che lamentano un controllo maniacale dal parte del Vescovo diocesano, al fine di proibire a tutti i sacerdoti di comunicare i fedeli sulla lingua, anche in modo discreto, al di fuori delle celebrazioni pubbliche. Sono molte le segnalazioni che arrivano da quella diocesi e da molte altre: sacerdoti che ritraggono l’Ostia consacrata, non appena si accorgono che il fedele non ha teso le mani; improvvisati 007, incaricati di fare le spie contro i propri fratelli, qualora un sacerdote, con un po’ di buon senso, decida di dare la Comunione sulla lingua ad un fedele che gliela chieda; sacerdoti richiamati dai vescovi, con minacce di sanzioni; fedeli che si trovano in 3 o 4 alla Messa feriale, con il sacerdote che preferisce tornare a riporre la pisside nel Tabernacolo, senza comunicare nessuno, piuttosto che dare la Comunione sulla lingua; persone rimproverate pubblicamente in chiesa e tacciate di fariseismo, per il fatto di non voler ricevere la Comunione in mano. La follia clericale è arrivata persino a colpire bambini di 8-11 anni, alcuni dei quali servono la Messa come chierichetti, che si sono semplicemente presentati con le mani giunte.

Uno spettacolo triste e pietoso nella “chiesa della misericordia e dell’inclusività”, che ha convinto sempre di più i fedeli che il Covid è un mero pretesto per poter giungere finalmente all’abolizione della tanto odiata Comunione in bocca, segno, secondo i “cattolici adulti”, di una chiesa ancora troppo paternalistica e clericale. E ne ha spinti molti a recarsi nelle cappelle della Fraternità San Pio X o in quelle delle varie correnti sedevacantiste, pur di non trovarsi sistematicamente respinti.

È questa condizione indegna e disastrosa che mi ha spinto a pubblicare la lettera - ora, dopo le dimissioni del cardinal Sarah, indirizzata più genericamente al cardinale Prefetto della Congregazione - per dar modo a tutti coloro che lo desiderano, di sottoscriverla (vedi qui) e manifestare pubblicamente la propria richiesta di tornare a ricevere la Santa Comunione e il proprio dissenso rispetto alla prassi attuale. Una scelta obbligata, dal momento che durante il pontificato che ha fatto della parresia il suo slogan si ritiene di non dover fornire risposte a quanti scrivono alle congregazioni competenti.

Non è negli articoli che confidiamo, ma nell’intervento del Signore. Tuttavia, non possiamo rassegnarci a questa prolungata situazione di abuso, che di fatto sta occultando uno dei segni di maggior espressione del rispetto, dell’adorazione e dell’amore dovuti al Signore presente nella Santa Eucaristia e sta, in tal modo, intorpidendo le anime.