Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
CONTINENTE NERO

Alluvione in Kenya, invece che realizzare opere pubbliche piantano alberi

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Il monsone porta tanta, benedetta pioggia in Africa orientale. Ma negli anni del Niño ci sono alluvioni come quella in corso. Risposta del Kenya? Evacuazioni forzate e piantare alberi (contro il cambiamento climatico).

Creato 14_05_2024
Alluvione in Kenya

Succede in Kenya e va raccontato. Ogni anno il monsone, il vento stagionale dell’Oceano Indiano, risale le coste orientali dell’Africa portando pioggia, tanta, benedetta pioggia. Succede però, ad esempio negli anni del Niño, un fenomeno atmosferico periodico, che le piogge siano troppo intense, persistenti e diventino nubifragi che inondano pascoli, campi e centri abitati. Altre volte invece piove poco, o niente affatto, e  arrivano i temuti anni di siccità.

Il Kenya, uno dei paesi interessati dal monsone, ha sofferto fino allo scorso anno a causa di un lungo, terribile periodo di siccità che ha devastato anche due paesi vicini, l’Etiopia e la Somalia, e ha messo a dura prova persone e animali rendendo necessari numerosi interventi umanitari internazionali. Quest’anno invece, a causa del Niño, da alcune settimane sono le grandi piogge a distruggere i raccolti e a mettere in pericolo chi abita in prossimità di corsi d’acqua. A fine aprile l’esondazione di fiumi, le frane e gli smottamenti, una diga che ha ceduto, la tracimazione di altre avevano già causato più 200 morti, migliaia di feriti e decine di migliaia di sfollati.

Il 3 maggio il presidente della Repubblica William Ruto ha parlato alla nazione: «le piogge continueranno, aumentando in intensità per il resto del mese e forse anche dopo – ha detto – il nostro Paese deve agire con decisione e rapidità per mitigare gli impatti devastanti dell’attuale crisi e proteggere la vita e le proprietà».

Come? Il primo provvedimento è stata la chiusura di tutte le scuole a tempo indeterminato. Subito dopo il governo ha ordinato a tutti coloro che abitano vicino a 178 tra invasi, bacini artificiali e dighe di allontanarsi immediatamente, entro 24 ore, dopo di che sarebbero stati evacuati a forza. Ha assicurato di aver allestito per gli sfollati oltre 100 campi in grado di accogliere 27.600 persone. L’opposizione guidata da Raila Odinga che nei giorni precedenti aveva più volte denunciato l’inerzia del governo ha obiettato che gli sfollati sono già più di 190mila e ha chiesto di dichiarare lo stato di calamità nazionale per poter usufruire di aiuti umanitari internazionali come durante il trascorso periodo di siccità. Il presidente Ruto ha replicato che tutto il governo si stava organizzando per far fronte all’emergenza.

Il provvedimento successivo ha riguardato la situazione della capitale Nairobi dove nei giorni precedenti l’esondazione del fiume che percorre la città aveva creato enormi problemi, soprattutto in una delle bidonville, Mathare, dove l’acqua ha costretto una parte degli abitanti a rifugiarsi sui tetti delle abitazioni. Sempre il 3 maggio il governo ha disposto che fosse demolito gran parte di uno slum, Mukuru Wa Reuben. Ha dato agli abitanti 24 ore di tempo per andarsene e per portare via le loro proprietà. Ma le ruspe sono arrivate ancora prima che scadessero i termini e hanno iniziato la demolizione, lasciando migliaia di persone senza casa, la maggior parte senza più niente, neanche un materasso, una pentola, un cambio di abiti.

Il governo sostiene di averlo fatto per salvare vite umane, perché «a volte, quando l’acqua si abbassa, le persone tornano alle loro case – ha spiegato Isaac Mwaura, portavoce del governo – per questo dobbiamo essere molto chiari e categorici. Inoltre è pericoloso costruire così vicino a un fiume e abitare entro 40 metri dalle rive di un corso d’acqua è illegale». Tuttavia molti abitanti della bidonville rasa al suolo si sono accampati vicino alle loro case distrutte perché non sanno dove altro andare. È quello che stanno facendo decine di migliaia di persone in tutto il paese, in effetti quasi tutte quelle colpite dalle inondazioni che, malgrado le assicurazioni del governo, non hanno ricevuto aiuto e inoltre vogliono restare vicino a quel che resta dei loro beni per evitare che vengano rubati.

Intanto il presidente Ruto ha pensato a un’altra iniziativa. Ha deciso di dichiarare il 10 maggio giorno festivo, dedicato al ricordo delle vittime delle inondazioni. Lo ha annunciato l’8 maggio aggiungendo che la giornata festiva avrebbe consentito ai kenyani di piantare degli alberi per mitigare gli effetti del cambiamento climatico responsabile, a suo dire, delle inondazioni. Lì per lì, l’8 maggio è diventato una Giornata nazionale per la crescita degli alberi, la seconda perché la prima si è svolta l’anno scorso quando, a detta del governo, in un solo giorno  sono stati piantati 100 milioni di alberi dando inizio all’ambizioso progetto di metterne a dimora 15 miliardi in dieci anni. Il piano questa volta, ha spiegato Ruto, era di piantare 200 milioni di alberi. Il presidente ha esortato ogni kenyano a piantarne almeno 50. Che alberi, quali varietà, dove acquistarli o reperirli se forniti dal governo, dove piantarli? Il portavoce del governo ha detto che il ministro dell’ambiente avrebbe successivamente fornito ulteriori indicazioni.

Nessuno ha creduto davvero che nel giro di qualche ora il governo sarebbe stato in grado di organizzare una simile impresa, tanto più data la situazione in cui versa il paese. Comunque il 10 maggio i mass media hanno celebrato con filmati e fotografie scene di piantumazione alle quali ha partecipato il presidente Ruto in persona.  

Tra qualche settimana le grandi piogge finiranno. Ci saranno molti mesi di tempo per predisporre finalmente piani di manutenzione degli invasi e delle dighe, realizzare infrastrutture per il controllo delle acque, costruire argini per evitare nuove esondazioni, avviare altre opere utili a scongiurare nuove emergenze umanitarie causate dall’eccesso di precipitazioni atmosferiche o dalla siccità, progettare piani urbanistici che impediscano di costruire in aree a rischio. Ma tutti in Kenya sanno che le prossime grandi piogge, se mai arriveranno, troveranno il territorio nazionale altrettanto impreparato.