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LA MOSTRA

Alla scoperta di Antonello, il “pittore non umano”

Al Palazzo Reale di Milano, fino al 2 giugno, è aperta una splendida mostra su Antonello da Messina (1430-1479). Grazie a prestiti di diversi musei italiani e stranieri, sono esposte ben 19 delle 35 opere autografe del maestro siciliano: un’occasione imperdibile per conoscere e ammirare un pittore che, attraverso i suoi straordinari volti dipinti, sapeva aprire lo sguardo al mistero.

Cultura 03_03_2019

Figlio di “pittore non umano”: proprio queste parole umili e devote del figlio Jacobello, che ha firmato così la sua dolcissima Madonna con il Bambino (esposta a chiusura della mostra), permettono di comprendere in modo efficace la grandezza di Antonello da Messina (1430-1479). Antonello è artista “non umano” - cioè a dire quasi divino - perché rappresenta con realismo impressionante le persone e le vite che dipinge, come nel memorabile, beffardo e irridente Ritratto di ignoto marinaio (proveniente da Cefalù, Palermo) o nello sguardo arguto ed enigmatico sotto i ciuffi della frangia ribelle del Ritratto di giovane (prestito dell’americano Philadelphia Museum of Art).

L’artista sa spingersi infatti ben oltre la fedele realistica apparenza, scavando nella profondità dell’animo. Sono molti i caratteri pittorici del maestro siciliano che emergono in tutte le sue opere e che sono alla base del “mito” di Antonello. Piace a tutti in modo immediato e tocca il cuore per l’ammirazione e commozione che i suoi quadri suscitano, attraverso gli sguardi autentici dei suoi ritratti, i paesaggi delicati sullo sfondo e gli oggetti dipinti minuziosamente, che creano un legame psicologico profondo con l’osservatore attento. Colpiscono soprattutto la varietà e la profondità dei sentimenti dei personaggi che raffigura, dal dolore così umano incarnato nelle lacrime del Cristo divino dell’Ecce Homo, alla stupita ma pronta, intima accoglienza dell’imprevisto da parte della Vergine all’annuncio dell’Angelo nell’Annunciata.

La precisione di ogni particolare, osservata da Antonello nella resa tecnica della pittura fiamminga, che lui rielaborò con una peculiare stesura a olio, accompagnata all’invenzione prospettica propria dell’umanesimo italiano e alle luci sfolgoranti della terra siciliana d’origine, al centro del Mediterraneo, caratterizzano le poche meravigliose opere giunte fino a noi, scampate ad avvenimenti tragici come alluvioni, terremoti e incuria degli uomini.

Sicuramente una sua opera capitale ed esemplare è il dipinto a olio su tavola San Girolamo nello studio (prestito prezioso della National Gallery di Londra), che certamente molti di noi ricordano come modello di studiolo umanistico sempre presente nelle pagine dei manuali scolastici. Qui il monaco e dottore della Chiesa è collocato in un ambiente dalle sapienti architetture e prospettive, illuminato da una luce che sembra provenire da chi lo osserva: seduto davanti a un libro aperto, si è tolto le scarpe e le  ha lasciate umilmente ai piedi della scaletta che lo solleva verso le alte letture che lo avvicinano a Dio. Si intravede sullo sfondo un incantevole paesaggio: l’ambiente è ricco di oggetti dai significati simbolici, disposti con cura ma in modo non convenzionale (il leone abitualmente vicinissimo al Santo, qui si avvicina a lui lentamente da un buio corridoio) ed è segnato da effetti di luce meravigliosi, dall’azzurro delle finestre al volto ben delineato e luminoso del Santo, avvolto in un abito rosso dalle mille pieghe, intento alla lettura. Certo, come nel caso dei ritratti, le dimensioni ridotte dell’opera (45,7x36,2 cm) ci costringono a una osservazione paziente, attenta e ravvicinata, ma le soluzioni perfettamente funzionali dell’allestimento consentono un pieno godimento delle opere esposte, e aprono alla possibilità di un cammino spirituale anche per noi.

Del resto, in opere di piccolo formato i particolari sono essenziali: stupefacente la Crocefissione (Sibiu, Romania, Muzeul National Brukenthal), con quel colle contornato di teschi su cui si ergono ai lati due condannati appesi in un ultimo spasmo su alberi mozzati, dipinti di scorcio laterale perché al centro si staglia Cristo, ieratico nel suo pallore mortale. Al dolore di Gesù sulla croce partecipiamo con sofferenza anche noi, forse proprio con quella tensione drammatica dei due condannati a fianco del Salvatore. Nel percorso di visita ci si sofferma davanti a ogni opera, ma si è catturati in special modo dall’infinita tristezza dell’Ecce Homo (Piacenza, Collegio Alberoni), con quelle lacrime terribilmente intense, mescolate alle gocce di sangue, la corda al collo così realistica per le ombre sul petto e sulla clavicola, e i bei capelli ondulati che scendono sulle spalle. Un Cristo profondamente umano nella sua obbedienza al Padre. E noi comprendiamo e sentiamo con il cuore che questo sacrificio è per noi.

Risultato assolutamente grandioso, davanti al quale non si può che sostare in silenziosa ammirazione, è il capolavoro dell’Annunciata (Palermo, Galleria Regionale di Palazzo Abatellis), una straordinaria Annunciazione senza Angelo, tutta concentrata in quello sguardo e in quelle mani di Maria che sta proprio ascoltando l’Annuncio e già lo vive dentro di sé con tremore, profonda consapevolezza e pudica ma ferma accettazione. Come acutamente ha osservato Vittorio Sgarbi in un suo scintillante intervento alla conferenza stampa per la presentazione della mostra, l’Angelo è “dentro di Lei” e Lei lo sta ascoltando. Le dimensioni ridotte del dipinto (45 x 34,5 cm), al quale tuttavia l’accurato apparato espositivo dà massimo risalto, non impediscono di percepire l’attimo dello stupore assorto di Maria per la presenza del divino, accompagnato dal gesto delicato della mano protesa col palmo verso lo spettatore, nell’atto di proferire un dalle labbra appena socchiuse. L’altra mano invece mostra il turbamento della Vergine, che quasi si ritrae chiudendo al petto il velo di un azzurro luminoso, per “conservare nel suo cuore” il soprannaturale che ha fatto irruzione dentro di Lei. Ma l’impressione sconvolgente è resa con raccolta semplicità: questa icona sacra è uno dei più alti capolavori del Quattrocento italiano proprio per i suoi tratti sospesi e insieme intimi e vivi, che rimandano con certezza discreta alla presenza del Divino.

Opere così notevoli (ben 19 delle sue 35 opere autografe) sono riunite eccezionalmente al Palazzo Reale di Milano, fino al 2 giugno, grazie a prestigiosi prestiti di importanti musei nazionali e internazionali che hanno collaborato, insieme alla Regione Sicilia, per permettere al curatore della mostra Giovanni Carlo Federico Villa di ricostruire lo sguardo penetrante dell’artista sulla realtà. In mostra anche gli scritti e i disegni dell’appassionato d’arte ottocentesco Giovanni Battista Cavalcaselle, che tentano di ripercorrere la produzione artistica di Antonello da Messina: si tratta di taccuini e rappresentazioni autografe del critico, ricche di dettagli, che costituiscono un primo catalogo del grande pittore. Anche Cavalcaselle, come noi, non poteva che guardare e riguardare i dipinti del maestro siciliano, per scoprirvi la presenza del mistero divino nell’umano.