Afghanistan: 100 anni di indipendenza e tragedia
Il Trattato di Rawalpindi, firmato l’8 agosto 1919 (ratificato il 19), pone fine al lungo e spesso vano tentativo della Gran Bretagna di controllare il grande paese di mezzo, l’Afghanistan, il territorio che tutti vogliono e che nessuno riesce a conquistare veramente.
KABUL, STRAGE DELLO STATO ISLAMICO di Stefano Magni
Il Trattato di Rawalpindi - firmato l’8 agosto 1919 (ratificato il 19) - è l’ultimo atto del lungo amore/odio fra Inghilterra e Afghanistan. La firma pone fine al lungo e spesso vano tentativo della Gran Bretagna di controllare il grande paese di mezzo, l’Afghanistan, il territorio che tutti vogliono e che nessuno riesce a conquistare veramente.
Prima o poi tutti sono passati di lì: Indoariani, Medi, Persiani, Greci con Alessandro Magno, Maurya dal nord dell’India, Unni bianchi (nomadi che vivevano fra Cina, India e Pakistan), Sasanidi e infine a metà del VII sec. Arabi che lo hanno islamizzato. Quello che lo storico inglese Arnold Toynbee definì “il carosello del mondo antico” diventa oggetto di ambiziose attenzioni sia della Gran Bretagna sia della Russia nel XIX secolo, fulcro del Grande Gioco che le due potenze disputano per il controllo dell’area persiana e indiana. I Russi, dopo la sconfitta di Napoleone e l’espansione ad ovest fino alla Polonia, si erano diretti a sud-est per espandersi in Siberia e nei khanati dell’Asia centrale arrivando presto vicino ai confini dell’India, gioiello del grande impero britannico, e diventando così l’ossessione degli inglesi. Timore assurdo? Non troppo perché i generali russi dopo aver occupato i khanati di Kiva e Bukara non nascosero di pensare ad una guerra con la Gran Bretagna come ormai inevitabile. L’interesse dei russi? Il mare! Da sempre la Russia vuole arrivare a possedere coste meridionali, fonti di controllo politico e di commercio sulle due direttive del Mediterraneo (attraverso i Balcani o la Turchia) e dell’Oceano indiano attraverso Persia e India. Come arrivare in India? Attraverso l’Afghanistan perché sempre - dai musulmani del XII sec. alla dinastia Moghul nel XVI e al clan dei Durrani nel 1752 - si sono usati i passi afghani (ad esempio quello di Khyber) per giungere direttamente sulle rive del fiume Indo. Le alternative, superare le cime del Pamir e del Karakorum oppure attraversare l’inospitale deserto del Belucistan, non erano infatti realistiche.
Non ci fu scontro diretto ma per un secolo si ruotò intorno al “Grande Gioco”, una specie di Guerra Fredda ante litteram, fatta di continui scontri a latere, spericolate spedizioni di agenti dalla Persia al Tibet per mappare ogni passo, ogni valle, ogni conca o stringere alleanza con i potentati locali. In questo contesto per la Gran Bretagna l’Afghanistan assunse un ruolo decisivo e, dopo la firma di due “trattati ineguali” poco rispettati, nel 1838 la prima occupazione. Tra il dicembre 1838 e la fine del 1840 l’esercito britannico raggiunge l’Afghanistan e conquista Kandahar e Kabul, qui Shah Shuja – un monarca “fantoccio” sotto il controllo degli inglesi – viene incoronato al posto di Dost Mohammad che fugge. Nel 1841, esasperati dal controllo inglese e dalla eccessive attenzioni che gli ufficiali prestano alle ragazze afghane, in una riedizione asiatica della nostrana “Guerra del Vespro”, gli Afghani insorgono e cacciano le truppe da Kabul. Inizia per gli inglesi una delle pagine più dolorose della loro storia di colonizzatori. Il comandante militare Elphinstone non capì la gravità della situazione, accettò l’offerta di un ritiro controllato e iniziò una marcia con circa 16.000 persone fra militari e civili. Morirono quasi tutti a causa del gelo perché non attrezzati per fronteggiare i rigori dell'inverno afghano e per i continui agguati da parte delle diverse tribù. Il 44° Reggimento britannico fu massacrato a 50km da Jalalabad (famoso il quadro di William Barnes Wollen The Last Stand of the 44th Regiment at Gundamuck) e così pure un gruppo di cavalieri attirati dalla promessa di cibo nel villaggio di Futtehabad, a 25 km dalla frontiera. Tutti morti salvo l'ufficiale medico William Brydon, usato per portare la notizia e ammonire da ulteriori tentativi di occupazione. Questo increscioso episodio generò nell’immaginario collettivo l’idea dell’inconquistabilità del territorio afghano. Kabul tuttavia fu rioccupata nel 1842 ma gli inglesi furono di nuovo costretti a ritirarsi accontentandosi di un accordo bilaterale firmato da Dost Mohammed ritornato sul trono.
Nel 1863, alla sua morte, il figlio Sher Ali si avvicina politicamente ai russi causando una nuova spedizione inglese nel 1878 che, dopo anni di scaramucce, porta alla firma di un trattato di pace con il nuovo re, Yakub Khan, figlio di Ali. A Kabul si apre un’ambasciata britannica con il potere di gestire tutti gli affari esteri (e in parte anche quelli interni) dell’Afghanistan sotto l’egida del Governatorato dell’India. Nonostante l’indignazione di varie tribù e diverse sollevazioni popolari, il controllo inglese prosegue tanto che il 12 novembre 1893 Emir Abd-er-Rahman firma il trattato che stabiliva i confini afghano-russi lungo il corso superiore e medio del fiume Amu Darya e quelli con i possedimenti britannici in India con la "linea Durand" o “Zero Line” che tagliava l’area pashtun fra Afghanistan e Pakistan con le ovvie problematiche ancora oggi discusse. Accordi riconfermati nel 1905 dal nuovo sovrano Habibullah ma mai ratificati a livello internazionale.
Tutto cambia il 19 febbraio 1919 quando Habibullah Khan viene assassinato e gli succede il terzogenito Amanullah Khan, intelligente, astuto, insofferente di controlli esterni. Al primo incontro diplomatico con il Governatore inglese si presenta come “sovrano del libero e indipendente governo dell’Afghanistan” il che sottintende che non ha più intenzione di tollerare l’ingerenza straniera sulla sue decisioni politiche, militari, economiche. L’Inghilterra è appena uscita dalla I Guerra Mondiale che le è costata soldi e uomini, al tavolo delle trattative di Parigi si stanno concludendo gli accordi (poi ratificati nell’agosto del 1920 a Sèvres) per la nuova sistemazione del Medio Oriente e ovunque nel mondo arabo ci sono disordini e proteste per il tradimento delle promesse fatte durante la guerra; in India manifestazioni e tumulti sono all’ordine del giorno. In questa situazione il governo inglese non vuole e non può permettersi l’apertura di un nuovo fronte in Afghanistan e decide il ritiro delle truppe ma solo dopo aver ammorbidito l’emiro (che intanto aveva mandato sue truppe in India in appoggio agli indipendentisti locali) con alcuni bombardamenti aerei della neonata RAF.
Si arriva così alla firma del Trattato di Rawalpindi con cui l’Afghanistan viene riconosciuto completamente indipendente e che dà origine alla Festa d’indipendenza ancora oggi celebrata il 19 agosto. Seguiranno diversi sovrani in un’altalena di riforme tentate e frenate dagli ambienti religiosi più conservatori fino al 1964 quando Zahir Shah emana la costituzione parlamentare dando il via alla nascita di partiti che dopo poco decreteranno la fine della monarchia e provocheranno l’invasione da parte della URSS nel 1979.
Le vicende degli ultimi decenni sono fin troppo note: lotta all’occupazione, nascita dei mujaheddin, supportati da USA e Pakistan, che dopo 10 anni di dura lotta riescono a ricacciare l’Armata Rossa oltre i confini ma danno vita a governi instabili, senza riuscire a riunificare tutte le diverse etnie presenti. Intanto durante gli anni della guerra sui confini con il Pakistan, soprattutto nella zona di Peshawar, nascono scuole islamiche e campi che diventano, secondo l’espressione dello storico dell’islam D. Cook, «l’incubatrice sociale e religiosa dell’islam radicale globale perché misero in contatto, e amalgamarono, una vasta gamma di militanti su posizioni radicali formatisi nei movimenti di resistenza e gli oppositori ai regimi politici». Lì il richiamo al Corano e alla sharī‘a diventa lo scopo della battaglia che proprio per questo è vero jihād, luogo di formazione e rifugio del terrorismo internazionale.
L’attacco alle Torri Gemelle e la successiva guerra, guidata dagli USA, convinti a buon diritto che Osama bin Laden si nasconda lì, portano anni di contrasti, divisioni, infinite perdite umane ed economiche. Oggi, che il ritiro delle ultime truppe straniere sembra imminente, l’Afghanistan è in pace e libero? Pacificato ufficialmente sì, ma sotto la cenere molti tizzoni sono ancora ardenti soprattutto fra le diverse etnie. Libero forse, ma il nuovo “Grande Gioco” per il controllo dell’Asia Centrale è ricominciato ed oggi la Cina ha preso il posto dell’Inghilterra perché proprio attraverso l’Afghanistan passa la nuova via della seta, la “Lapis Lazuli”, che porta tante ricchezze fino al Bosforo.