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VERDETTI STORICI

Aborto a rischio: legge al vaglio della Corte Suprema

Per la prima volta da quando gli Usa hanno legalizzato l’aborto si teme che la sentenza Roe v. Wade emessa dalla Corte Suprema nel '73 sia ribaltata. La Corte ha infatti accettato di valutare la costituzionalità di una legge statale che vieta l’omicidio in grembo oltre la 15esima settimana. Gli esiti possibili sono diversi, ma la composizione del Tribunale fa ben sperare chi sostiene la causa dei 60 milioni di martiri innocenti.

Vita e bioetica 19_05_2021

Per la prima volta da quando gli Stati Uniti hanno legalizzato l’aborto a livello federale si teme che la sentenza del 1973 Roe v. Wade della Corte Suprema sia ribaltata. La Corte, solitamente propensa a respingere tali richieste, ha infatti accettato di vagliare la costituzionalità di una legge statale che vieta l’omicidio in grembo oltre la 15esima settimana di gestazione. Si tratta della legge Dobbs v. Jackson Women’s Health Organization approvata nel 2018 dal parlamento del Mississippi.

Sul territorio americano esistono norme statali ancora più restrittive di questa, che vietano l’aborto anche dopo la sesta settimana, il che praticamente azzererebbe gli aborti, mentre altri lo prevedono fino al nono mese con anche la possibilità di non soccorrere il bambino che sopravviva fuori dal grembo materno. Si va quindi dalle norme più severe, all’infanticidio vero e proprio. Questo perché secondo la Roe v. Wade l’aborto deve essere permesso a livello federale finché il feto non sia in grado di sopravvivere fuori dal grembo materno (22-24 settimane), sebbene agli Stati starebbe la facoltà di proibirlo anche prima, sempre secondo alcuni pronunciamenti della Corte stessa. 

Una contraddizione questa che ha visto tutte le norme più restrittive, a differenza di quelle più permissive, bloccate dalle corti locali con il rifiuto da parte della Corte Suprema di sciogliere il nodo esistente. Perciò queste leggi, comunque valide anche se rese inapplicabili dai giudici, vengono definite trigger laws, ossia leggi da innescare solo una volta che la Roe v. Wade sia revisionata.

Se però la Corte Suprema si pronunciasse a favore della norma del Mississippi le opzioni sarebbero diverse: ci potrebbe infatti essere una revisione della Roe v. Wade che renderebbe liberi gli Stati di vietare l’aborto al primo e secondo trimestre di gestazione, oppure di vietare a tutti gli Stati gli aborti oltre la 15esima settimana. Un passo ulteriore sarebbe invece quello di permettere ai parlamenti locali non solo di limitare l’aborto ma di proibirlo del tutto, con sanzioni e pene per chi vi partecipasse.

A chiedere alla Corte di pronunciarsi sul divieto di aborto tardivo è stato il procuratore generale del Mississippi Lynn Fitch, dopo che un tribunale distrettuale emise nel 2019 un ordine restrittivo temporaneo contro l'applicazione della legge, dichiarandola appunto incostituzionale. La Corte d'Appello ha dato ragione alla corte distrettuale, finché il caso è finito prima davanti alla Corte Suprema nazionale e poi a quella federale.

Fitch ha fatto notare che "il legislatore del Mississippi ha promulgato questa legge in linea con la volontà dei suoi elettori di promuovere la salute delle donne e di preservare la dignità e la santità della vita. Rimango impegnata a difendere le donne e a difendere il diritto legale del Mississippi di proteggere i nascituri".

Sulla stessa lunghezza d’onda Denise Harle, dell'Alliance Defending Freedom (Adf): “La legge (del Mississippi, ndr) protegge la vita di un bambino che può già muoversi e dare calci nel grembo di sua madre: un bambino con un battito cardiaco presente può assaporare ciò che sua madre mangia e può provare dolore”, ma, ha continuato, la norma “protegge anche le donne, dato che gli aborti tardivi sono sempre più pericolosi per la salute della madre”. Uno dei più grandi studi durato dieci anni e condotto su 32 Stati messicani rileva che il tasso di mortalità materna negli Stati con legislazioni abortive più restrittive è il 23 per cento minore di quello presente in quelli più liberali in materia.

In molti Paesi, come in America, le morti materne per aborto non vengono segnalate a sufficienza ma in paesi come la Finlandia dove i dati ufficiali tengono conto di questi decessi è appurato che il rischio di morte materna per aborto legale è quasi quattro volte maggiore del rischio di morte per parto come riportato da questo studio del 2020.

Giustamente però John Bursch, vicepresidente dell'Adf, ha aggiunto che se "grazie agli incredibili progressi della ricerca scientifica e della tecnologia medica, il concetto di 'vitalità' del feto è un obiettivo in continua evoluzione poiché bambini sempre più piccoli sono sopravvissuti alla nascita prematura", bisogna però ricordare che "la 'vitalità' non è un modo legittimo per determinare la dignità di un bambino in via di sviluppo o per stabilire l'esistenza legale di qualcuno”. Insomma non sarebbe sufficiente stabilire che l'aborto sia vietato solo entro la 15esima settimana.

In effetti, se la Roe v. Wade prevede che non si possa vietare l’aborto a livello federale prima che il bambino sia in grado di sopravvivere fuori dal grembo materno, è un fatto che la soglia di sopravvivenza continua a mutare. Ma, come spiegato da Bursch, il parametro per il riconoscimento giuridico dell’esistenza di una persona non può essere quello della sua capacità di sopravvivenza indipendentemente dalla madre.

I pro life sperano in una sentenza a favore della vita dopo quasi 50 anni di aborto legale che ha ucciso oltre 60 milioni di bambini in Usa. Soprattutto dopo la decisione del presidente Trump di nominare tre giudici che dovrebbero voler porre fine al male che genera ogni male ed egoismo sociale, l’omicidio di un figlio da parte di sua madre, sebbene Biden abbia annunciato di voler rendere legge federale la Roe v. Wade così da bloccare ogni tentativo locale di legiferare per limitarla. Bisognerà comunque attendere il prossimo anno per il verdetto che cadrà alla vigilia del cinquantesimo anniversario della Roe v. Wade.